Ormai è un rimpallarsi continuo di responsabilità. La Germania sollecita l’Italia perché avvii gli hotspot, e l’Italia continua a rimandare in attesa che l’Unione europea si decida a dare il via ai ricollocamenti e soprattutto ai rimpatri. Un ping pong che rappresenta bene il caos di un’Europa incapace di trovare una soluzione politica all’emergenza profughi. Ad aumentare la confusione ci si mette poi anche la commissione europea: «Gli hotspot non sono centri di accoglienza o luoghi fisici. Si tratta di gruppi di persone delle agenzie Ue» spedite in Italia per accelerare le procedure di identificazione e di richiesta di asilo, ha spiegato la portavoce Natasha Bertaud. In realtà cosa sono si sa benissimo. Gli hotspot sono dei centri di smistamento dei migranti, il primo punto dove sarà possibile dividerli tra richiedenti asilo e migranti economici, che per l’Ue sono da considerarsi illegali, quindi da rimpatriare. Per questo Bruxelles preme tanto per attivarli.

L’Italia ne già pronti alcuni. Il primo a essere aperto, probabilmente già nei prossimi giorni, dovrebbe essere quello di Lampedusa con una disponibilità di 500 posti. Subito dopo toccherà alle strutture situate Porto Empedocle (400 posti), Pozzallo e Trapani (300 posti ciascuno). Infine, entro la fine dell’anno apriranno i centri di Augusta e Taranto. Le operazioni di identificazione, registrazione, presa delle impronte dei migranti saranno svolte dall’Italia con l’aiuto di 40 funzionari di Frontex e altrettanti di Easo, l’Ufficio europeo per l’asilo, ai quali si aggiungeranno esperti di Europol. Il problema maggiore riguarda i migranti che intendono farsi identificare secondo dati del Viminale, circa uno su tre. Finora il Viminale è stato categorico: se non vogliono, non si possono forzare. Anhe peer questop al Vimnale on escludono la possbilit di tornare ad usare in manera massiccia i Cie, i centri di identidixcazione ed espulsione dve trattenere i migranti in attesa di identificazione. Ieri, inoltre, si è fatto anche il nome del cara di Mineo come altro possibile hotspot, ma si tratta di un’ipotesi non confermata e comunque in controtendenza con la politica scelta finora dal dipartimento immigrazione del Viminale di evitare le grandi concentrazioni di persone. Oltre che in Italia, anche la Grecia si è impegnata ad aprire gli hotspot, mentre come già detto l’Ungheria non ne vuole sapere.
Finora il ministro degli Interni Alfano ha subordinato l’apertura degli hotspot all’avvio dei ricollocamento nei prossimi due anni di 24 mila migrati siriani e eritrei sbarcati in Italia, ma anche dei rimpatri, che il Viminale chiede vengano eseguiti da Frontex con fondi dell’Unione europea. Davanti a Austria e Francia che riprendono i controlli alle frontiere, la paura è che l’Italia possa trovarsi chiusa e costretta di nuovo a farsi carico da sola dei migranti. Per questo ieri Alfano ha ribadito: «Hotspot, relocation dei 24 mila richiedenti asilo e rimpatri devono viaggiare insieme», riaprendo così una polemica con Bruxelles che non sembra avere fine.