Piove 236 giorni su 365 a casa mia a Barrow-in-Furness in Inghilterra. A Venezia dove ora lavoro piove 78 giorni all’anno. Sono quindi abbastanza abituato alla pioggia, molto di più dell’italiano medio. È anche uno dei motivi più convincenti del motivo per cui vivo in Italia. A Barrow non piove verticalmente ma quasi orizzontalmente, una pioggia spinta dal vento che arriva dall’Oceano Atlantico. Gli ombrelli non servono perché non sopravvivono. Ma nonostante questo, ogni tanto la pioggia mi piace. Mi rende nostalgico. E – come bere un whisky o essere fucilati – la pioggia è una di quelle cose che è meglio vedere sullo schermo piuttosto che farne esperienza diretta nel mondo reale.

Quando vedo la pioggia in un film, mi sento come Woody Allen in «Provaci ancora, Sam»: «Amo la pioggia, lava i ricordi dal marciapiede della vita!» Però se vogliamo la pioggia, ma la pioggia veramente fitta, dobbiamo tornare al 1932, al film «Pioggia» diretto da Lewis Milestone con una Joan Crawford scatenata. Ambientato nella Samoa americana, il film racconta di alcuni viaggiatori bloccati in quarantena. Una famiglia religiosa deve fare i conti con Sadie Thompson (Crawford), una ragazza a cui piacciono la musica, l’alcool e gli uomini. Il tutto precipita fino a diventare una guerra fra Sadie e il capo famiglia e nello sfondo la pioggia diventa un diluvio.
Nei film noir la pioggia dà lucentezza all’asfalto delle strade violente, tanto che il cappotto impermeabile diventa il marchio di Humphrey Bogart nonostante non piova molto a Los Angeles. Infatti, di media piove solo 33 giorni all’anno – un giorno di pioggia a L.A. contro una settimana di pioggia a Barrow-in-Furness. Ma «Cantando sotto la pioggia» è ambientato a Hollywood, California! Lui la chiama la rugiada pesante di Los Angeles, ma Gene Kelly balla e canta sotto un diluvio che equivale alle precipitazioni di un anno a Los Angeles.

«Il Grande Sonno», «Blade Runner» e «Se7en» sono tutti ambientati a Los Angeles, ma in tutti piove come a Dublino (271 giorni di pioggia all’anno). Nel «Grande Sonno» la pioggia offre a Bogart la scusa per indossare il suo famoso cappotto – che indossa anche a Casablanca dove – per essere esatti piove il doppio che a L.A., e meno che a Venezia. «Blade Runner» almeno ha la scusante di essere un film di fantascienza in cui il clima è diverso e scende pioggia acida. Ma in «Se7en» di David Fincher piove per quasi una settimana. Piove talmente che quando l’ho visto per la prima volta ero certo che il film fosse ambientato a New York creando non poca confusione nella mia mente quando nell’ultima scena hanno guidato fino al deserto. Ma non importa. La pioggia è una figata quando non bagna.