Reduce dal successo alla Scala per la co-regia di Orfeo e Euridice, l’israeliano Hofesh Shechter ha scelto l’Italia per il debutto mondiale di Show, interprete la Shechter II, la sua compagnia Junior, formata di strabilianti danzatori tra i 18 e i 25 anni. Prima assoluta una settimana fa all’Ariosto di Reggio Emilia (supporto alla produzione della Fondazione I Teatri), repliche al Sociale di Trento, dove lo abbiamo visto, e ieri al Grande di Brescia.

Show è composto da tre parti: The Entrance, Clowns, Exit. Clowns rielabora un pezzo nato nel 2016 per il Nederlands Dans Theater, The Entrance ed Exit sono nuovi e lo completano con feconda brillantezza. I ragazzi sono otto, appaiono di schiena, in un fumo dorato, sul fondo una fila di fari li illumina da terra. C’è chi ha una gorgiera al collo, le camicie chiare hanno i polsini alti, le gonne sono al ginocchio, uno di loro indossa un completo con giacca lunga, alla Robespierre.

La loro danza è fatta di pose improvvise, classiche e frontali, di piccoli passi en dehors che tengono il ritmo di base come in una elegantissima danza barocca, di quel moto viscerale, istintivo che li sposta, voraci, nello spazio. Baricentro basso per mangiarsi la scena tra funamboliche piroette. Shechter ha spronato gli otto a tirar fuori individualismo e forza d’unisono, violenza e dolcezza, regalità e graffio animalistico e loro hanno la grinta della gioventù: stupendi.

Ma c’è di più: in Show entra in gioco il clown, figura principe del teatro e del circo. Trasfigura i danzatori con il movimento seducente delle mani che ruotano nei polsi a dita spalancate e poi richiuse, con gli inchini a scena aperta, con una coreografia ammiccante sostenuta da una partitura in cui le melodie diventano travolgenti nel mischiarsi alla costante pulsazione. Shechter ha iniziato a studiare musica quando aveva sei anni: il suo primo amore fu il pianoforte, poi ci furono le percussioni, la creazione di una rock band, il tutto intrecciato potentemente con la danza, prima come interprete nella Batscheva di Ohad Naharin a Tel Aviv, poi e soprattutto con la fondazione della sua compagnia a Londra nel 2008. Di Show, come di quasi tutti i suoi pezzi, Shecther firma musica e coreografia: e qui, in modo speciale, si sente che Hofesh è un compositore. Show ruota per 65 minuti su alcuni movimenti base (temi) che variano all’infinito rispetto all’uso dello spazio, del tempo, della dinamica.

Shechter sfodera unisoni, disciolti mutando il movimento di uno o più interpreti che, come in un gioco di matrioske, rivelano di continuo nuove formazioni. Il bello è che non è un gioco astratto: i clowns si scambiano gesti chiave, il taglio della gola (alla Robespierre), il colpo di pistola. Eppure qui non si resta insanguinati a terra come nelle tragiche stragi dei nostri tempi, caduti, ci si rialza per ricominciare a danzare, più forti di prima. E così il ballo dei mirabolanti clowns strega il pubblico attraverso il gioco, coinvolgendoci in una eccitante metafora contro la resa.