«Il sistema Fca non è modificabile se l’azienda non ha la volontà di aprire un confronto sul modello di relazioni sindacali. Abbiamo provato con senso di responsabilità, riconosciuti dall’azienda per quello che la Fiom ha rappresentato in questi otto anni. Ora siamo enormemente preoccupati per quanto Fca perde sul mercato e i ritardi tecnologici sui modelli ecologici che stanno inondando di cassa integrazione gli stabilimenti italiani a partire da Mirafiori e Pomigliano. Davanti a tutto questo il nostro è l’unico governo in Europa a non fare nulla». Francesca Re David spiega così le ragioni della rottura al tavolo di trattativa per il rinnovo del contratto specifico con Fca, Cnhi e Ferrari decisa ieri dalla Fiom.

Francesca Re David

Francesca Re David, segretaria generale della Fiom rompete le trattative dopo cinque incontri. Così si conferma l’apartheid subita dalla Fiom in Fca. Sarà mai superabile?
Diversamente dal contratto precedente questa volta siamo entrati nel merito delle questioni. Dopo di che è chiaro che trattando separatamente, seppur su una piattaforma discussa e votata dai lavoratori, era difficile arrivare ad un accordo. Abbiamo tentato di modificare la struttura contrattuale ma ci siamo trovati davanti ad un muro. L’azienda ritiene che l’unico ruolo dei delegati sia essere garanti dell’accordo, ma questo annulla il ruolo negoziale dei delegati sindacali e ciò per noi è inaccettabile.

Voi avete tentato di convincere Fim e Uilm ad una piattaforma unica in partenza, ma loro vi hanno messo come pregiudiziale l’accettazione del contratto precedente. Che messaggio vuole mandare loro ora?
Solo l’azienda partecipa ai due tavoli. Di sicuro su alcuni temi se ci saranno miglioramenti il merito sarà anche nostro: abbiamo chiesto un aumento sulla paga base, ferma dal 2012, o l’adeguamento della quota per il fondo Cometa e del fondo sanitario. Non abbiamo discusso sul resto del salario, su cui abbiamo chiesto di ragionare anche su altri parametri. La nostra trattativa si è conclusa autonomamente rispetto all’altro tavolo su cui stanno discutendo i sindacato firmatari del Ccsl (il contratto collettivo di secondo livello, ndr). Fim e Uilm presumibilmente avendo già accettato l’impostazione del CCSL arriveranno ad un accordo.

Chiedete loro di far votare il contratto come previsto dal Testo unico sulla rappresentanza? Almeno agli Rsa?
Sappiamo già che – come negli altri rinnovi Fca – non faranno votare l’accordo dai lavoratori. Noi comunque daremo un nostro giudizio sull’eventuale accordo. Noi abbiamo una preoccupazione enorme sulla situazione di tutto il settore auto in Italia. Ma Fca sta è in ritardo sull’innovazione e rispetto alla legislazione europea molto stringente sulle emissioni di CO2. Le scelte sbagliate di questi anni nel non voler investire nelle tecnologie verdi – ibrido e elettrico – sta portando a ritardi fortissimi che stanno pagando i dipendenti italiani. In più anche nel 2018 ben un miliardo di utili è stato tramutato in bonus agli azionisti così come 2 miliardi della vendita di Magneti Marelli. Siamo davanti ad una montagna di cassa integrazione negli stabilimenti dove si lavora poche ore al mese e licenziamenti nell’indotto.

Voi avete trattato tutti gli accordi di gestione degli ammortizzatori sociali anche senza essere firmatari dei contratti.
Sì, lo abbiamo fatto per senso di responsabilità, ma ora la situazione rende sempre più necessario l’intervento del governo per modificare lo stato delle cose. Serve un tavolo su tutto il settore dell’auto che in Italia dà lavoro a 180mila persone e una chiamata di responsabilità verso Fca. In Germania e in Francia da anni va avanti un confronto con aziende e sindacati per gestire la riconversione verde dell’auto. Solo in Italia non si fa niente e Fca fa quello che vuole.
Sabato a Termini Imerese il ministro Di Maio ha per la prima volta e timidamente parlato delle responsabilità di Fca rispetto allo stabilimento siciliano. Vi aspettate una svolta?
Per ora abbiamo visto il governo intervenire solo nelle crisi per garantire qualche mese in più di ammortizzatori sociali, dopo le nostre proteste. Serve molto di più e purtroppo i segnali per ora non ci rendono ottimisti.