Una foto apparsa su Weibo, nel febbraio 2012, mostra tre ragazze con magliette a righe e piccoli cappelli piumati recitare una poesia al centro del vagone di una metro. Appena sopra una didascalia descrive la scena: «Foto di ’ragazze di cultura’ mentre leggono una poesia sulla metro di Shanghai». Quel «di cultura» viene reso con la formula cinese wenyi qingnian (comunemente abbreviato in wenqing), un’espressione utilizzata da non più di quattro cinque anni per indicare i giovani cinesi con un debole per l’arte, la letteratura esistenzialista e il cinema indipendente.

L’enciclopedia collaborativa online Baidu Baike analizza il termine parafrasando la scrittrice e musicista Guo Xiaohan: «Sono la tipica wenyi qingwen. Amo la poesia, i romanzi, la musica indie, il cinema europeo, la fotografia, scrivere per il mio blog, i gatti, fare giardinaggio, cucire, preparare dolci e creare borse ecologiche». Molti degli hobby di Guo sono passioni condivise trasversalmente dalla variegata categoria dei wenqing, spiriti liberi animati da un romanticismo nostalgico che punta a esorcizzare il consumismo che caratterizza la Cina «dell’arricchirsi è glorioso». Qualcuno li ha definiti hipster «con caratteristiche cinesi» per via delle specificità derivanti dal contesto sociale in cui sono nati, malgrado la reticenza dimostrata dai «giovani colti» ad essere rubricati come tali. Si tratta di una categoria ibrida, che assume sfaccettature differenti a seconda dell’area del paese presa in esame e non si identifica in un particolare «dress code».

I wenqing appartengono alla generazione dei figli unici nati negli anni ’80, i primi ad essere cresciuti nella Cina del benessere economico targato Deng Xiaoping e ad aver sperimentato la necessità di sgomitare per accaparrarsi una fetta del «miracolo cinese» per coltivare i propri interessi. Un benessere moderato e orgogliosamente distante dall’opulenza ostentata dai tuhao, i parvenu facilmente riconoscibili per il loro abbigliamento griffato e le macchine costose. Per molti wenqing il rifiuto delle convenzioni si traduce nella decisione di rinunciare a un impiego ben retribuito (ma poco soddisfacente) nelle città di prima fascia per condurre una vita ritirata in provincia, dove l’aria è meno inquinata, il cibo più sicuro e dove è più facile trovare consimili disposti a condividere i propri interessi culturali con l’obiettivo di riuscire pure a camparci.

Niente a che vedere con gli hipster generati dal ventre della middle class urbana americana; giovani bohemian dell’upper-middle class, residente perlopiù nei quartieri emergenti con una predilezione per la politica progressista ecologista, per i cibi biologici, lo slow food, l’artigianato e stili di vita alternativi.

Pur appartenendo a una sottocultura per certi versi simile, i wenqing si differenziano per il loro generico disinteresse nei confronti della politica e una netta predilezione per i nuovi trend culturali che li rende più assimilabili ad una versione aggiornata dei wenxue qingnian («gioventù letteraria»), un movimento sorto in Cina negli anni ’80 sulla scia di un nuovo interesse dimostrato dai giovani verso la poesia e il dibattito filosofico. È, infatti, proprio la letteratura, spesso con note sentimentali, a fungere da minimo comune denominatore tra wenyi qingnian e wenxue qingnian. Entrambe le categorie sono accomunate dal piacere della lettura/scrittura che negli ultimi anni ha dato vita a un’esplosione di siti online pensati per mettere in contatto voraci lettori ed aspiranti scrittori.

Oltre 140 milioni di cinesi fruiscono abitualmente narrativa online da pc e smartphone accedendo a piattaforme quali qidian.com e chuangshi.qq.com. E mentre prevale l’interesse per i racconti melensi, cresce l’interesse per generi innovativi. Un esempio: The Three-Body Problem, la fortunata raccolta dello scrittore di fantascienza Li Cixin divenuto un caso letterario anche all’estero. Sul versante cinematografico la scelta ricade su registi come Jia Zhangke (Touch of Sin) piuttosto che sul cinema mainstream di Zhang Yimou (Lanterne Rosse) e Feng Xiaoganag (The Banquet).

Ciò non vuol dire che gli hipster cinesi siano immuni dalla contaminazione di derive modaiole. Secondo quanto riporta il China Daily, l’industria culturale taiwanese esercita un certo fascino anche sull’acerba classe «intellettuale». Prima fra tutte la cantante Deserts Chang (nota nella mainland come Zhang Xuan), a metà tra l’indie e il pop, e non estranea a polemiche di natura politica, come quando nel 2013 una bandiera della Repubblica di Cina sventolò durante un suo concerto. È questa sottile ambiguità a gettare ombre sulla figura dei wenqing, fomentando le critiche dell’opinione pubblica e di quanti li considerano ridicole macchiette.

Come conferma Rob Schmitz in Street of eternal happiness, non di rado capita che la scelta esistenziale degli hipster assuma connotati grotteschi. Il giornalista americano racconta la storia di una coppia di trentenni fuggiti dalla caotica Pechino alla volta di Dali, nella verdeggiante provincia meridionale dello Yunnan. «Non siamo in cerca di opportunità di business», scrivevano sul loro blog all’inizio della loro avventura, «vogliamo semplicemente vivere in una piccola città, vicino a montagne e corsi d’acqua, per condurre una vita pacifica, respirare aria fresca, bere una tazza di tè preparata con neve sciolta e mangiare alimenti naturali».

Ma dopo circa un anno, «un’improvvisa opportunità di lavoro» ha indotto la famiglia a ritornare sui suoi passi per riprendere la vecchia routine, meno romantica ma più economicamente appagante. Il fatto è che dopo aver messo in piedi le loro attività bohémien (librerie, caffetterie letterarie e gallerie d’arte adibite alla degustazione di vini) per attrarre turisti in arrivo dai grandi centri urbani, molti wenqing si trovano non soltanto a rimpiangere i servizi delle megalopoli d’origine, ma anche a reclamare molto poco romanticamente i loro vecchi salari.