Henry Farrell rappresenta forse al meglio quella categoria di scrittori in grado di produrre centinaia di racconti e romanzi mettendosi al servizio di una letteratura popolare da migliaia e migliaia di copie e, al tempo stesso, di assolvere all’inesauribile richiesta di storie per l’industria cinematografica americana che a metà del secolo scorso era forse al massimo della sua capacità produttiva.

Esistono, infatti, due tipologie iconiche che resistono ancora potentemente nell’immaginario che dagli anni 50 arriva a noi: quella dell’investigatore ad alto tasso alcolico – alla Marlowe per intenderci – un po’ maledetto e un po’ ingenuo e sempre pronto ad innamorarsi. E poi c’è la figura dello scrittore (che quel personaggio lo ha inventato) che ha le sue medesime caratteristiche, in particolare il piacere per i superalcolici. Ora entrambi sembrano essere disegnati alla perfezione per essere ampiamente sottovalutati, tanto più oggi visto quanto questi personaggi e questi uomini siano in grado di sprigionare maschilismo da tutti i pori.

UN MONDO che potremmo dunque archiviare senza troppi rimpianti? Proprio no, perché se Marlowe è in grado di sorprenderci fino all’ultima pagina così gli autori come Henry Farrell sono dotati di una sensibilità capace di ribaltare in continuazione i cliché che loro stessi sembrano proporre. Un gioco che è al tempo stesso raffinato e liberatorio, una qualità che fa della scrittura di Farrell, dai racconti alle sceneggiature di film come Che fine ha fatto Baby Jane? un riferimento assoluto di cosa significhi raccontare le inquietudini dell’animo umano e le sue contraddizioni. E se tutto ciò è evidente nei film che lui stesso ha scritto lo è ancora di più in uno dei suoi romanzi più famosi, Una splendida figliola come me che mirabilmente viene riproposto dalla Tartaruga in una nuova e splendida traduzione del compianto Sergio Claudio Perroni (pp. 276, euro 19).

Uscito nel 1967, Una splendida figliola come me è la storia tragica di una ragazza americana cresciuta in uno degli innumerevoli sobborghi alla periferia del sogno americano. La ragazza, Camilla Bliss si trova agli arresti per omicidio ed è intervistata per uno studio dal sociologo Carter Everett. L’impianto narrativo è decisamente curioso perché il romanzo è sostanzialmente una sorta di compilatorio studio sociologico sulle vicende della giovane donna, ma al tempo stesso apre piccole fratture nelle convinzioni di Everett che sviluppa sempre più complicità con Camilla.

LA SCRITTURA, inoltre, vive della differenza di registro tra i due, volgare e sboccata lei, rigido fino all’imbarazzo e burocratico lui. Nell’insieme la storia potrebbe apparire già nota, una giovane e bella donna dall’infanzia tragica che risulta seduttiva grazie a un mix di infantilismo e perversione agli occhi di un giovane e inesperto sociologo, ma Farrell riesce a costruire un ritratto psicologico raffinato dei suoi personaggi al punto da concedere continui spazi interpretativi al lettore privandolo così in continuazione di certezze.

Una splendida figliola come me risulta così un originalissimo romanzo morale contemporaneo che non solo non ha perso nulla della brillantezza originaria, ma sembra in grado di poter assurgere a vero e proprio classico.
Ancora più evidente è la sua forza a confronto con il film Une belle fille comme moi che François Truffaut trasse dal libro. Le due opere vivono senza debiti reciproci e, anzi, il romanzo si rivela capace di contenere ancora oggi più possibili variazioni e storie. Mantiene in sostanza la capacità della sua protagonista, Camilla Bliss di stupire, ingannare e far innamorare i propri lettori portandoli là dove il senso etico comune impediva loro di arrivare.