La serie fantascientifica Helldivers dello studio svedese Arrowhead Game Studios e Sony, di cui è uscito a inizio anno il secondo episodio su PlayStation 5 e PC, è la traduzione videoludica (e non ufficiale) del film Starship Troopers – Fanteria dello spazio di Paul Verhoeven e Edward Neumeier (1997), parodia anti-imperialista inizialmente presa sul serio creata dal duo responsabile di un’altra parodia a volte presa sul serio, RoboCop.

In Helldivers 2 squadre militari vengono sparate su pianeti alieni per uccidere insetti giganti (da cui si può estrarre petrolio) e robot (comunisti) allo scopo di difendere la «libertà» e la «democrazia» della Super Terra. Ma in Starship Troopers troviamo sfumature, complessità, assenti in Helldivers 2. Pensiamo alla scena della doccia del film: soldate e soldati di ogni etnia fanno la doccia insieme, il clima è giocoso, non c’è niente di trasgressivo o anche solo sessuale nella nudità comune. In un’intervista a Empire del 2012 Verhoeven disse che la scena esprime la sublimazione della libido in un regime fascista dove la carriera militare è l’unico modo di accedere a cittadinanza e diritti.

Oggi, la scena appare come un inquietante avvertimento sul recupero capitalista dei concetti di inclusività e di diversità e sembra anticipare Il racconto dell’elicottero di Isabel Fall (Zona 42, 2022), novella fantascientifica sulla militarizzazione dei corpi delle persone trans. In effetti, in un remake di Starship Troopers vedremmo anche persone trans nelle docce: un sistema statale capace di totale controllo su vite e corpi non necessita neanche delle divisioni con cui il sistema capitalista ha separato o continuato a separare la classe lavoratrice. Il capitalismo imperialista può sopravvivere al femminismo liberal e all’antirazzismo, gode dell’assimilazionismo LGBTQIA+, può trasformare minoranze e generi marginalizzati in nuovi mercati e le lotte in marketing e merci.

Persino anticapitalismo e antifascismo possono essere venduti: ne è un esempio la serie Andor, legata al franchise Star Wars della multinazionale dell’intrattenimento Disney. In Realismo capitalista Mark Fisher (Nero, 2018) nota come il capitalismo non abbia bisogno della propaganda propriamente detta. Il capitalismo non teme minacce. Soprattutto, il capitalismo non considera una minaccia la sua rappresentazione negativa (anzi appunto la mercifica) perché nell’occidente post-ideologico è ormai visto come inevitabile, come l’unico sistema di produzione possibile. Quello di Helldivers 2 potrebbe allora essere letto come un esempio di realismo imperialista? Sembra possibile, se guardiano Helldivers all’interno della produzione del suo studio di sviluppo. Il loro Magicka è una parodia del fantasy, nelle sue varie declinazioni, e già nella sua prima espansione raccontava una versione fantastica della guerra in Vietnam prendendo in giro i videogiochi di ambientazione militare.

The Showdown Effect parodizza i film d’azione degli anni 80 e 90. La loro reinterpretazione del classico Gauntlet ne abbraccia gli aspetti più caotici e caciaroni. Da questo punto di vista, Helldivers potrebbe essere visto come un amorevole omaggio all’imperialismo genocida quanto Magicka è alla fine un amorevole omaggio al fantasy. Gli sviluppatori hanno tratto ispirazione anche dalla loro esperienza personale nell’esercito (la Svezia ha una leva militare obbligatoria) e dalla loro passione per simulazioni belliche come la serie Arma di Bohemia Interactive.

Il tono di Helldivers 2 è parodistico, ma la simulazione delle sue armi è puntuale, a volte anche più realistica della media. Così, Magicka permette di giocare al fantasy più estremo e stereotipato prendendo contemporaneamente una distanza ironica (più che critica) dall’oggetto del gioco, dicendo che non lo stiamo prendendo davvero sul serio. E Helldivers permette di giocare con militare accuratezza all’imperialismo più estremo e stereotipato prendendo una simile distanza.

L’enfasi sulla cooperazione, il fatto che il gioco si evolva dinamicamente e continuamente rispondendo ai successi e agli insuccessi dell’utenza, incoraggiano effettivamente cameratismo e il «facciamo finta che» fascista continua anche nelle interazioni all’interno della comunità del gioco, fuori dalle partite, come raccontato da Diego Nicolás Argüello sulla testata specializzata Polygon («For some Helldivers 2 players, the fascist role-play has gone too far»).

E siccome per Sony è bene che il gioco continui il più a lungo possibile, Helldivers 2 è costruito con meccaniche videoludiche che incoraggiano engagement e monetizzazione, non un approccio critico o persino un rifiuto.

Se nel film WarGames di John Badham, Lawrence Lasker e Walter F. Parkes (1983) nella guerra «l’unica mossa vincente è non giocare,» nella guerra di Helldivers 2 l’importante è che il pubblico continui a spendere tempo e denaro, giocando contemporaneamente all’imperialismo e all’anti-imperialismo, mentre fuori continuano le vere guerre imperialiste.