Heiko è un ragazzo in eterno conflitto con una famiglia complicata. Dopo un mediocre cursus honorum scolastico, punteggiato da varie bocciature, si ritrova ad abitare nella casa-zoo di un organizzatore di incontri clandestini di animali, guadagnandosi quel poco che gli serve per vivere lavoricchiando alla palestra-rivendita di droghe varie dello zio. Il suo «hobby», ma faremmo meglio a dire la sua ragione di vita, è l’hooliganismo. Non quello «spontaneo» e di massa degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, raccontato magistralmente dall’inglese John King nel suo seminale Football Factory, ma l’hooliganismo 2.0 dei giorni nostri, organizzato in maniera così accurata da sembrare un fight club. In giro per la Germania, drappelli di energumeni iper-muscolosi muniti di paradenti di ultima generazione per limitare i danni e con l’adrenalina a mille se le danno di santa ragione lontano dall’occhio indiscreto delle telecamere a circuito chiuso e delle forze dell’ordine, a chilometri dagli stadi dove si svolgono partite che a volte nemmeno vanno a vedere.
D’altronde Heiko e i suoi sodali con gli ultrà dell’Hannover 96, la loro squadra del cuore, nemmeno vanno troppo d’accordo, tanto che quando si incrociano si guardano in cagnesco. Agli hooligans descritti con uno stile abrasivo e assolutamente convicente dal giovane scrittore tedesco Philipp Winkler nel suo Hool, edito dalla 66thand2nd, interessa vincere altri match, come chiamano in gergo la «scazzottata», che ha le sue regole e una cifra distintiva quasi militaresca. E con i suoi nemici giurati, che nel caso dei Roten dell’Hannover sono quelli dell’Eintracht Braunschweig, contro i quali si sfiorerà la tragedia.
Non che Heiko non ami il calcio, almeno quello di una volta, perché del calcio moderno – che per motivi commerciali ti finisce per cambiare nome allo stadio ogni tot anni e così «un altro pezzo della tradizione se ne va a puttane» – anche lui ha una pessima opinione. I pochi ricordi lieti della sua infanzia sono legati alle partite viste insieme al padre, prima che quest’ultimo cadesse irrimediabilmente nel gorgo dell’alcolismo. Certo, quando andava in trasferta in posti come Cottbus, nell’ex Germania dell’Est, dove «nello stadio dell’Amicizia ti tirano pietre e insulti», in un certo qual modo stava già gettando le basi per un futuro da hool. Quasi una condanna a cui Heiko non riesce a sottrarsi.