Un nuovo terremoto giudiziario ha scosso la città di Taranto. Questa volta però non riguarda vicende di inquinamento ambientale o di corruzione nell’ambito dell’apparato della Marina Militare, tra i casi più eclatanti degli ultimi anni. Ma direttamente Carlo Maria Capristo, capo della Procura dal maggio 2016, finito agli arresti domiciliari ieri mattina su ordine della Procura di Potenza, competente per i reati a carico dei magistrati in servizio nel capoluogo ionico.
Il procuratore è accusato di tentata induzione indebita a dare o promettere utilità. Insieme a Capristo sono finite ai domiciliari, con la stessa imputazione, altre quattro persone: l’ispettore di polizia Michele Scivittaro, della questura tarantina e distaccato alla Procura, e gli imprenditori Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo, operanti in provincia di Bari.

Il fascicolo aperto a Potenza ha messo in luce il tentativo messo in atto da Capristo, dopo il suo trasferimento a Taranto, di interferire con una inchiesta dei magistrati della Procura di Trani. Sotto inchiesta è finito anche l’ex procuratore della Repubblica di Trani, Antonino Di Maio, indagato per abuso d’ufficio e favoreggiamento.

Al centro dell’indagine, secondo quanto riportato in un comunicato del procuratore di Potenza, Francesco Curcio, i tre imprenditori avrebbero sfruttato la loro amicizia con Capristo «per indurre un giovane sostituto della Repubblica in servizio nel tribunale di Trani a perseguire in sede penale, senza che ne ricorressero i presupposti di fatto e di diritto, la persona che loro stessi avevano infondatamente denunciato per usura in loro danno, in modo da ottenere indebitamente i vantaggi economici ed i benefici conseguenti allo status di soggetti usurati».

La giovane pm in questione, che dalle intercettazioni il Capristo chiamava «la mia bambina», è il pm di Trani, Silvia Curione, che non solo si rifiutò di dare una sistemata al processo perché non vi erano presupposti né di fatto né di diritto, ma denunciò il fatto alle autorità dando il via alle indagini a cui ha collaborato e culminate poi nei quattro arresti di ieri. Secondo quanto denunciato dalla stessa pm, Capristo avrebbe anche minacciato al magistrato ritorsioni sul marito, il pm Lanfranco Marazia, suo sostituto alla Procura jonica.
Il procuratore di Taranto e l’ispettore Scivittaro sono inoltre ritenuti responsabili anche di truffa aggravata ai danni dello Stato e falso, in quanto «l’ispettore risultava in servizio mentre era a casa a svolgere incombenze per conto del procuratore» che controfirmava una documentazione dalla quale risultava la presenza al lavoro e gli straordinari.

L’ex procuratore della Repubblica di Trani, Antonino Di Maio, secondo le accuse a suo carico, dopo aver avuto una relazione di servizio dal sostituto Silvia Curione «in ordine alle pressioni ricevute da un ispettore di Polizia (Michele Scivittaro) a nome di Capristo» avrebbe procurato «l’impunità di Carlo Maria Capristo», tenendo alcuni «comportamenti omissivi», cioè non verificando se il Procuratore di Taranto fosse realmente coinvolto nella vicenda del processo a carico di una persona estranea all’accusa di usura, sostenendo si trattasse di millanterie.

«Respingo ogni accusa»: così, attraverso il suo legale, Angela Pignatari, Capristo ha commentato l’ordinanza agli arresti domiciliari a suo carico. Capristo «nega recisamente – ha aggiunto Pignatari – ogni addebito e rivendica la legalità, la dignità e il rispetto della funzione da sempre esercitati nel suo ruolo professionale e nella sua vita privata».