I I «Non c’è un pianeta B»: è questo l’assunto di partenza di No Planet B (Il Saggiatore, traduzione di Carlo Capararo), testo scritto da Mike Berners-Lee, ricercatore sui temi dello sviluppo sostenibile e sui sistemi alimentari, che in Italia era già stato pubblicato con La tua impronta, scopri l’impatto ambientale di ogni cosa (Terre di mezzo).

IL NUOVO LIBRO DELL’AUTORE britannico vuole essere una «guida pratica per salvare il nostro mondo»: ci troviamo infatti nell’antropocene, quell’epoca «in cui il potere dell’uomo è la fonte dominante di cambiamenti dell’ecosistema». È proprio dalle azioni degli esseri umani che serve cominciare, poiché è necessario fare tutto il possibile per ridurre il nostro impatto, il nostro bisogno di energia, il ricorso a stili di vita incompatibili con la sopravvivenza dell’unico luogo in cui possiamo vivere.

BERNERS-LEE VUOLE offrirci una panoramica che tocca tutti gli aspetti della vita umana, dal cibo all’energia, dai trasporti alla tecnologia, dalla demografia e la riflessione sul lavoro fino alle ipotesi su quali siano i valori che possano farci da riferimento in un mondo che ha bisogno di nuovi obiettivi e soluzioni.

QUELLO CHE PIU’ SORPRENDE nel lavoro di Berners-Lee è l’inaspettato ottimismo. I valori fondamentali che paiono guidare la nostra società sono limitati e portati avanti per inerzia, poiché «per troppo tempo si è avuta la sensazione che abbiamo rinunciato all’eccellenza individuale e ai valori comunitari per dedicarci al mero accumulo di beni materiali». In conseguenza di tutto questo, «non abbiamo abbastanza tempo a immaginarci dei buoni futuri, e così finiamo per proseguire lungo un percorso scontato, solo perché non abbiamo pensato quanto avremmo dovuto ad alternative migliori».

NON E’ INFATTI DETTO CHE cambiare direzione, in modo radicale e immediato, ci porti a vivere una vita peggiore, anzi. Ci godremmo di più le cose che abbiamo, smetteremmo di spendere per oggetti inutili e per viaggi insoddisfacenti, vivremmo in città e habitat più salutari, piacevoli e in cui la condivisione con gli altri è conseguenza spontanea.

A CONCLUSIONE DI OGNI capitolo, Berners-Lee dà utili consigli ai singoli individui, alle aziende, alle istituzioni. Tutti possono e devono fare la propria parte. Ognuno di noi può ad esempio modificare la propria dieta, eliminando quasi del tutto il consumo di carne rossa, comprando cibi di stagione e non ortaggi che hanno percorso migliaia di chilometri, rivolgendoci a produttori che si comportano in modo etico sia verso l’ambiente che i lavoratori. Possiamo diminuire il nostro consumo di energia e preferire le tecnologie a basse emissioni, per diminuire drasticamente l’uso di combustibili fossili. Possiamo evitare di volare frequentemente e, se lo facciamo, fare dei viaggi che ci permettano di conoscere a pieno il mondo e la sua diversità.

FONDAMENTALE E’ POI l’apporto delle aziende, che possono diventare un elemento cardine del cambiamento e che «hanno bisogno di avere una visione del mondo che stanno caldeggiando, e di un progetto coerente del modo in cui vogliono contribuire a crearlo. Hanno bisogno di una comprensione sistemica dell’intera gamma dei loro impatti». Una qualsiasi azienda che non tenga in considerazione l’emergenza climatica, che non cerchi attivamente di contribuire al miglioramento delle condizioni dell’intero pianeta, è destinata a sparire nel giro di pochi anni. Almeno, le scelte di noi consumatori possono aiutare a far emergerne alcune a discapito di altre, dato che «nel ventunesimo secolo non ha assolutamente alcuna utilità avere delle organizzazioni che hanno come scopo primario quello di fare profitti».

INFINE LE ISTITUZIONI CHE, dalla più piccola amministrazione locale fino alle organizzazioni internazionali, possono orientare più che mai le nostre società verso la realizzazione di obiettivi condivisi e di cambiamento. Suona quasi beffardo, se pensiamo al dibattito italiano su questi argomenti, l’appello che Berners-Lee rivolge ai suoi lettori: «Se avete una possibilità di scelta, per favore non votate per politici che non hanno compreso a fondo i punti elencati nel mio libro».
Eppure, è esattamente quello che rischiamo di fare.