Rinviata di un giorno per non meglio specificati «motivi tecnici», la seconda conferenza di Astana apre oggi. Le opposizioni si presentano in forma ridotta: cinque rappresentanti guidati da Mohammed Alloush, leader del salafita Jaysh al-Islam.

In Kazakistan si torna a parlare di cessate il fuoco (stavolta faccia a faccia), non di temi politici. «L’obiettivo è rafforzare la cessazione delle ostilità», specifica il vice ministro degli Esteri russo Bogdanov.

Ad Astana volerà anche il team di esperti Onu mandato dall’inviato de Mistura. Lui, invece, andrà a Mosca: lo ha confermato ieri alla Farnesina durante la conferenza stampa con il ministro degli Esteri Alfano.

A sentire le diplomazie mondiali sembrano tutti d’accordo: in Kazakistan si silenziano le bombe, a Ginevra si disegna la road map politica. «Abbiamo salutato senza particolare diffidenza e con favore quello che avviene ad Astana – ha detto Alfano – Lì è difficile raggiungere l’accordo politico totale per il futuro della Siria. Da lì ci si può aspettare (ed è già arrivato) un lavoro che ha un frutto, il cessate il fuoco. Non è completo e totale ma è finora il più consistente e efficace».

Di transizione si discuterà in Svizzera, gli fa eco de Mistura: «Ad Astana ho mandato un gruppo di esperti perché l’Onu ha una lunga esperienza nel campo dei cessate il fuoco. Poi si rilancia Ginevra: non si parlerà di procedure ma del futuro della Siria sulla base della risoluzione 2254. Tre i pilastri del dialogo: una forma rinnovata e riveduta di governance, una nuova costituzione e nuove elezioni».

Ma nessuna spartizione in zone di influenza, assicura, al massimo un decentramento amministrativo. Con Assad, almeno nella prima fase.

E qui va segnalato il cambio di rotta italiano, ormai obbligato: se ad ottobre l’allora capo della Farnesina Gentiloni insisteva nel definire «inaccettabile» il sostegno russo all’attuale presidente, Alfano deve cedere: «La politica estera è l’unione tra i più alti principi e un altro principio che è quello di realtà. La realtà di oggi ci consegna un quadro che vede Assad ancora lì».

E se specifica che per l’Europa la stabilizzazione è fondamentale per far tornare in Siria i rifugiati e contrastare il terrorismo internazionale (dimenticando forse di citare la vita dei siriani), il punto dolente restano le opposizioni. De Mistura sta redigendo la lista degli invitati a Ginevra: come in passato e come ad Astana, ci saranno anche i salafiti Ahrar al-Sham e Jaysh al-Islam, la cui ideologia non si discosta da quella di al-Qaeda.

«L’elemento centrale è chi partecipa, chi è l’opposizione – ha detto de Mistura – È importante che il governo non abbia l’alibi di dire di non sapere chi sia. I gruppi devono arrivare più vicini possibile ad una forma di rappresentanza unitaria. Le forze si sono evolute: la presenza di Ahrar al-Sham e altri gruppi è cambiata sulla base della realpolitik. Astana ne è esempio: era inimmaginabile che persone che venivano considerate non in grado di dialogare con i russi e il governo fossero invitate e partecipassero concretamente».

Ma i dubbi su cosa possa uscire da un dialogo tra anime tanto lontane resta. Resta mentre in Siria il fronte anti-Assad è definitivamente spaccato. Tra faide e rebranding, a gestire i giochi è l’ex al-Nusra, oggi Jabhat Fatah al-Sham (Jfs).

Nelle scorse settimane ha compiuto attacchi di estrema violenza contro le compagini prima sotto la sua ala. Tra le unità prese di mira ci sono quelle dell’Esercito Libero Siriano, dipinto per anni come forza moderata ma abile ad adattarsi all’orbita dell’ex al-Nusra. Un’intera unità, Jaish al-Mujahideen, è stata spazzata via.

Fino alla faida interna con la stessa Ahrar al-Sham, che con i qaedisti aveva dato vita alla coalizione Jaysh al-Fatah. A monte dalla rabbia qaedista sta il tentativo di allontanamento dei gruppi che oggi, per salvarsi, optano per la via negoziale.

Ogni opposizione, indebolita dopo la cacciata da Aleppo, vive oggi una fase di rebranding per accreditarsi nel teatro militare o politico preferito. Lo fa anche Jfs che ha dato vita ad una nuova coalizione di ispirazione salafita, Hayyat Tahrir al-Sham, di cui fanno parte il Fronte Ansar al-Din, Nour al-Din al-Zenki, Liwa al-Haqq e Jaysh al-Sunna.

L’obiettivo è rafforzarsi a nord ovest, radicarsi sul modello dell’entità “statuale” dell’Isis a Raqqa e Deir Ezzor, una sorta di emirato sunnita con cui la futura Siria dovrà fare i conti.