Obama chiede un voto al congresso prima di agire «domani, la settimana prossima, tra un mese», anche se afferma che non c’è bisogno di attendere l’Onu. Il presidente Usa afferma di avere «rispetto per chi chiede prudenza», anche se sente il «dovere di agire», contro chi ha lanciato armi chimiche.
Bisogna liberare il mondo da «obiettivi di genocidio», dice Obama. E ricorda che «siamo stanchi della guerra», che «non possiamo risolvere il conflitto siriano solo con mezzi militari» e per questo «non ci saranno truppe a terra» e ci sarà sostegno all’opposizione. Obama ha ricordato che è «il diritto alla fonte della potenza» per una delle «più vecchie democrazie del mondo». Il voto della Camera dei Comuni, due giorni fa, ha pesato, Londra resta il principale alleato di Washington per Obama. La «finestra di opportunità» per «punire» il regime di Assad, accusato da Washington e dalla Francia, il «più vecchio alleato degli Usa», secondo l’espressione del segretario di stato John Kerry, di essere responsabile di «crimini contro l’umanità» avendo utilizzato le armi chimiche contro la sua popolazione il 21 agosto scorso, non sarà quindi probabilmente sfruttata, in attesa del voto del Congresso.
Gli ispettori dell’Onu hanno lasciato la Siria ieri mattina, adesso sono in Olanda, ma i risultati delle analisi dei prelievi non potranno essere conosciute prima di almeno due settimane. L’Onu promette «un’analisi imparziale». Martedì Obama sarà in Europa, con una tappa in Svezia, prima di andare al G20 a San Pietroburgo, ospite di Putin, alleato di Assad.
La tensione è al massimo, Obama e Hollande sono in stretto contatto telefonico, ma l’Eliseo non informa più sui tempi delle comunicazioni, per non dare informazioni al nemico. Putin, alleato di Assad, alza il tono. Ha definito «sciocchezze» e «assurdità totale», le prove fornite da John Kerry venerdì, con i suoi 24 «sappiamo» relativi alle informazioni che inchioderebbero il regime di Assad come responsabile dell’attacco. Per Hollande ci sono «forti indizi che vanno nel senso delle responsabilità del regime di Assad» nell’attacco del 21 agosto. Putin si rivolge soltanto agli Usa e ignora Parigi: «Rispetto alla posizione dei nostri amici americani – ha ironizzato – che affermano che truppe governative siriane hanno utilizzato armi chimiche e dicono di avere delle prove, bene, che le mostrino agli ispettori dell’Onu e al Consiglio di sicurezza». In caso contrario, «se non lo fanno, vuol dire che non ne hanno». Per Putin, «le forze siriane sono all’offensiva e accerchiano l’opposizione in varie regioni. In queste condizioni fornire un tal pretesto a coloro che chiedono un intervento armato sarebbe un’assurdità totale».
Ieri è stata una giornata di guerra di parole, di accuse reciproche di ipocrisia. La Germania ha già fatto sapere nei giorni scorsi che non parteciperà alla guerra, ma ieri Angela Merkel ha accusato Russia e Cina, che hanno posto già tre veti su altrettante risoluzioni del Consiglio di sicurezza sulla Siria, di «indebolire» l’Onu. «È disdicevole che Russia e Cina rifiutino da qualche tempo una posizione comune sul conflitto in Siria ha affermato in un’intervista la cancelliera – questo indebolisce considerevolmente il ruolo dell’Onu».
L’Unione europea è a pezzi di fronte a questo nuovo conflitto. Il voto della camera dei comuni a Londra non ha solo messo in serie difficoltà il premier conservatore David Cameron, ma sta sollevando nei giornali populisti (Sun, Daily Mail) un grosso piagnisteo: «Avviso di morte» titola il Sun, «abbiamo perso la nostra relazione speciale» con gli Usa e questo «a favore della Francia», la rivale di sempre. Ieri, Enrico Letta ha ribadito che «non possiamo partecipare» a un eventuale intervento. «La settimana prossima a San Pietroburgo faremo di tutto perché si trovi una soluzione politica al dramma siriano che ha già prodotto un numero intollerabile di vittime e di profughi». Per Letta è «ormai ineludibile una rapida convocazione di Ginevra 2», cioè di cercare la via del negoziato, malgrado i venti di guerra e il «crimine contro l’umanità» rappresentato dall’utilizzazione delle armi chimiche. La Spagna invita alla prudenza, memore delle manifestazioni enormi del 2003, quando Madrid aveva partecipato a fianco di Bush all’intervento in Iraq. La Turchia invece chiede di più: non solo un’azione simbolica, ma il rovesciamento di Assad.
Le pressioni degli interventisti e dei militari su Obama e Hollande si fanno più forti. Il senatore McCain critica le bombe «cosmetiche» che Obama si appresterebbe a sganciare. In Francia, l’ex direttore della scuola di guerra, il generale Vincent Desportes, afferma che «è inutile aspettare il rapporto degli ispettori, bisogna colpire molto in fretta, prima del G20».