Le elezioni di domenica scorsa, in Guatemala, hanno riservato qualche sorpresa: nel numero di partecipanti, oltre il 70,38%, su 7,5 milioni di aventi diritto; nella figura che ha totalizzato il maggior numero di voti, il comico evangelico Jimmy Morales (quasi il 24%); e nel testa a testa che finora dà vincente Sandra Torres su Manuel Baldizon: per un pugno di voti, 19,70% contro 19,59%. Con il 98,3%, e oltre 600 denunce pendenti, le sorprese potrebbero però non essere finite. Tantopiù che a Baldizon, rappresentante del partito di destra Libertà democratica rinnovata (Lider), i mezzi non mancano.

Il “Berlusconi del Peten” ha condotto una campagna multimilionaria, ha superato il monte consentito ed è stato sanzionato dal Tse, ma ha proseguito la campagna attraverso un altro partito. Il dipartimento del Peten, uno dei 22 che conta il Guatemala, è uno snodo cruciale per i traffici di frontiera con il Messico – armi, droga ed esseri umani. Il suo vice è un ex governatore della Banca centrale accusato di riciclaggio di denaro sporco. Per lui, «rubare ai poveri per dare ai ricchi» non è una battuta da fumetti.

In campagna elettorale, oltre al ripristino della pena di morte, ha promesso di ridurre il salario minimo da 2.400 a 1.500 quetzales (ovvero a circa 174 euro), in un paese che è fra i 10 più poveri del mondo. In compenso, il principale progetto di legge del suo partito è quello portato avanti dalla locale Confindustria (Cacif) e propone di tagliare le tasse alle multinazionali per cinquant’anni.

Non che il comico Morales sia meglio. In campagna elettorale ha detto di avere una sola idea in testa: passare alla storia come il miglior presidente. Una seconda è quella di essere contrario ai matrimoni gay. Per il resto, dietro le battute che lo hanno resto famoso col personaggio di Neto – un ingenuo cowboy che riesce per caso a diventare presidente – e gli sforzi per presentarsi come il volto nuovo contro la corruzione, appare chiaro da quali fili sia mosso: i circoli militari legati al sistema che ha prodotto colpi di stato manovrati da Washington e una guerra civile che, dal 1960 al ’96, ha provocato oltre 200.000 morti per mano dei militari. Lui nega a mezza bocca, ma i suoi finanziatori e consulenti sono gli stessi circoli militari e imprenditoriali che hanno portato alla presidenza l’ex generale Otto Pérez Molina, ora in carcere. Il braccio destro di Morales è Edgar Ovalle, membro della mefitica Associazione dei veterani militari del Guatemala (Avemilgua), capolista nazionale al Congresso per il partito del comico, il Fronte di Convergenza nazionale.

Ovalle era uno degli ufficiali che ha diretto la repressione contro gli indigeni maya ixil, tra il 1981 e l’82, quando si verificarono 77 massacri nei tre municipi dov’egli operava – Nebaj, Cotzal, Chajul. Ad appoggiare il comico c’è anche Luis Quilo Ayuso, un altro ex generale ed ex presidente del gruppo di estrema destra Avemilgua. «In queste condizioni, non vogliamo elezioni», hanno infatti gridato per mesi le organizzazioni popolari indigene e la sinistra, chiedendo un’assemblea costituente. Alle urne, l’alleanza di sinistra Winaq-Urng-Maiz ha totalizzato circa il 4%.

E anche se non è a Sandra Torres (rappresentante dell’Unità nazionale della Speranza – Une, social-cristiano – ) che la «primavera guatemalteca» potrà affidare le speranze di un cambiamento strutturale, è certo che i poteri forti ce la metteranno tutta per impedire anche qualche pallida riforma. Secondo l’Onu, oltre il 50% del finanziamento dei partiti proviene dall’economia sporca.

La parentesi di governo dell’ex marito di Torres, Alvaro Colom, dal 2008 al 2012, che ha tentato qualche riforma di tipo assistenziale, è stata chiusa: com’è accaduto in Honduras per Manuel Zelaya, deposto con un colpo di stato gradito agli Usa per aver osato rivolgere lo sguardo all’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America, ideata da Cuba e Venezuela.

Pérez Molina è andato in carcere per un grande scandalo di corruzione alle dogane portato in luce dalla commissione Onu Cicig, ma un vero cambiamento dipenderà dalla forza della piazza. Il 15 settembre, per la giornata dell’indipendenza del Centroamerica, i movimenti si sono dati appuntamento in Guatemala. Il secondo turno si svolgerà il 25 ottobre.