Acque agitate in Guatemala: non per le deportazioni di Trump, che giorni fa ha inviato nel paese il generale John Kelly, ex capo del Comando Sur. Non per la povertà, la corruzione, gli omicidi di ambientalisti e i femminicidi, ma per l’arrivo della «nave abortiva» della ong olandese Women on Waves.

LA NAVE, organizzata da un gruppo di femministe di diverse nazionalità, di solito si dirige verso i paesi nei quali non è consentita l’interruzione di gravidanza e si ferma in acque internazionali. Poi, insieme alle attiviste locali, alcune fanno scalo al porto per recuperare le donne che hanno scelto di abortire e le portano sulla nave, dove viene loro somministrata gratuitamente la pillola abortiva, efficace entro le prime 10 settimane di gravidanza.

È LA PRIMA VOLTA che la nave effettua un viaggio in America latina. Come prima tappa si è scelto il Guatemala, dove non è consentita l’interruzione di gravidanza salvo in caso di pericolo di vita per la madre. Nel paese, il numero di aborti illegali è altissimo, e così pure il rischio di vita per le donne, costrette a praticarlo in condizioni insicure. Secondo Women on Waves, in Guatemala si praticano 65.000 aborti ogni anno, 180 al giorno.

CONTRO LE FEMMINISTE si è però scatenata l’accesa protesta di religiosi e conservatori. Tutti decisi a impedire che le attiviste sbarcassero dalla nave nel piccolo porto di San José, nel Pacifico guatemalteco, e poi facessero salire su un piccolo yacht le donne interessate ad abortire, per portarle in acque internazionali.

WOMEN OF WAVES è così diventato un affare di stato, con tanto di scontri in Parlamento. Il presidente della repubblica, l’ex comico Jimmy Morales, è intervenuto contro «la nave della morte» e ha allertato il comando navale. L’esercito ha emesso un duro comunicato in cui ha dichiarato di essere determinato a impedire «che questa ong svolga quel tipo di attività» e a denunciare il personale della nave per non aver annunciato l’attracco. È entrata in campo anche la Conferenza Episcopale guatemalteca. Le femministe hanno tenuto una conferenza stampa nel porto, ma sono state aggredite da un gruppo di evangelici.

LE ATTIVISTE guatemalteche, decise a sostenere l’iniziativa delle internazionali, hanno ricordato alle destre le mostruosità commesse durante i trent’anni di guerra civile, quando le donne incinte – prevalentemente indigene maya – venivano sbudellate dai militari. E hanno denunciato la doppia morale di quanti si dicono contrari all’aborto, ma favorevoli alla pena di morte. Le mediche di Women on Waves hanno spiegato di aver scelto il Guatemala anche per l’alto numero di casi di zika registrati. Il virus, provoca infatti gravi malformazioni del feto in gravidanza.

IL TEMPO di permanenza previsto dalla ong era di cinque giorni, che stanno trascorrendo tra denunce legali e minacce. Da ultimo è intervenuta la Dirección de Migración, che ha ordinato l’espulsione di quattro attiviste, tutte di nazionalità statunitense, dal Porto di San José. L’accusa è quella di aver infranto la legge sull’immigrazione per aver dichiarato all’ingresso di essere turiste e non esponenti di «una organizzazione sanitaria». Da qui il procedimento di espulsione, esecutivo entro 72 ore. I legali della ong hanno però fatto appello e il caso andrà in tribunale.

INTANTO, anche in Guatemala, i collettivi femministi stanno preparando lo sciopero globale delle donne, previsto in tutto il mondo per l’8 marzo. Il 14 aprile 2008, il Congresso guatemalteco ha approvato la legge contro il femminicidio, ma l’altissimo livello di donne (soprattutto dei settori popolari) uccise ogni anno nella più completa impunità, svela l’ipocrisia dei «difensori della vita».