Una band migrante che racconta in note la storia di un migrante. Musicista ovviamente. In occasione della Giornata Mondiale dei Rifugiati i Guappecartò pubblicano il singolo Balkanika dedicato a Vladimir Sambol, compositore di inizi ‘900 scappato da Fiume e, dopo lunghe traversie, rifugiatosi in Svezia. Il paragone potrebbe sembrare azzardato ma come Sambol inizia un viaggio senza meta, così i Guappecartò – che dal napoletano si può tradurre in “guappo di cartone”, chi si dà delle arie – partono con i loro strumenti. Un quintetto dalla tradizione busker, formatosi a Perugia ma originario di altre parti della Penisola e trasferitosi poi a Parigi. Non è un pretesto d’intenti quando l’obiettivo è superare le proprie barriere. Ogni storia di migrazione è diversa ma spesso ci sono comun denominatori e coincidenze: Mirijam Sambol, figlia di Vladimir, li vide in concerto e volle condividere con loro i brani lasciati dal padre. E da qui il disco uscito a novembre, Sambol-amore migrante, Claudio Del Vecchio, fisarmonicista della band, alias Dott. Zingarone: «Come Sambol abbiamo lasciato il Paese per continuare a sognare, con ragioni ed epoche diverse. L’amore per la musica è l’aspetto che più ci ha unito. Quando Vlado è dovuto scappare attraverso le montagne aveva con sé solo due valige con i suoi strumenti musicali. Ci ha colpiti il sentimento profondo che sua figlia prova verso di lui, quando abbiamo incontrato Mirjam le sue parole ci hanno davvero toccati. È stato un lavoro di grande responsabilità emotiva, e le lacrime di Mirjam alla presentazione dell’album ci hanno ben ripagato».

IL BRANO fa parte dell’album strumentale, un misto fra esuberanza gitana e malinconia tanguera, con gli archi a sostenere anche le melodie più nostalgiche di una colonna sonora. Musicisti e compositori, in cui non si percepisce l’assenza della voce, per una pezzo universale come dovrebbero essere i valori della fratellanza e della solidarietà. Quest’anno la Giornata dei Rifugiati cade in momento in cui la musica è praticamente ferma e le barriere con l’altro sembrano più alte: «Non so se essere migrante sia una parola che negli anni possa cambiare di significato. Cambiano i motivi, le circostanze. È un movimento da un luogo a un altro; eppure porta spesso con sé molto dolore. Noi abbiamo voluto parlare nel nostro disco dell’amore migrante. Un amore che non conosce barriere e che viaggia nel tempo in una storia lunga quasi un secolo».