Sciopero di due ore, ieri, nel gruppo di costruzioni Condotte: i dipendenti sono in allarme perché lo scorso gennaio la società ha presentato al Tribunale di Roma istanza di concordato in bianco e per il momento non sembrano intravedersi prospettive di soluzione. Secondo Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil sono a rischio ben 3 mila posti di lavoro.

In vista del tavolo convocato al ministero dello Sviluppo economico dopodomani, giovedì 19, lavoratori e sindacati hanno espresso «fortissima preoccupazione per la difficile situazione finanziaria dell’impresa» che, dichiarano, «mette a rischio gli attuali livelli occupazionali e le commesse sia estere che domestiche».

In particolare, le tre organizzazioni del lavoro edile sottolineano tre problemi: «La mancanza di informazioni da parte dell’azienda, il blocco del Durc e i suoi effetti e la perdita di commesse in vari Paesi esteri, tra cui la Norvegia». «Criticità – proseguono i sindacati – che hanno comportato licenziamenti e dispersione di risorse umane strategiche per garantire la continuità aziendale».

Già nella riunione del tavolo permanente istituito presso il ministero dello Sviluppo lo scorso 28 marzo le organizzazioni sindacali avevano chiesto all’impresa maggiore chiarezza sul futuro e la necessità di formulare un piano industriale per la salvaguardia dei posti di lavoro e del patrimonio di professionalità interno. «Crediamo – concludono Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil – che occorra chiarezza e responsabilità nella gestione di questa importante vertenza, in un settore che rappresenta uno dei comparti fondamentali per la ripresa. Le grandi imprese di costruzione in Italia rappresentano un patrimonio di know how e di capacità realizzativa che deve essere tutelato».

Il settore edile, per quanto in ripresa, segna però diverse difficoltà. Come ha registrato l’ultimo rapporto Fillea Cgil/Fondazione Di Vittorio, il comparto ha rappresentato nel 2017 il 9,6% del Pil, con 1, 3 milioni di occupati: oltre il 10% degli addetti (150 mila lavoratori), però, non è inquadrato nel contratto delle costruzioni, ma in altri accordi collettivi che favoriscono il dumping.