Le nuove linee guida per la comunicazione del Movimento 5 Stelle sono chiare: parlare di massimi sistemi, disegnare ampi orizzonti, evitare contrapposizioni, apparire costruttivi invece che polemici. Beppe Grillo fino a ieri era impegnato a persuadere addetti alle pubbliche relazioni ed eletti del fatto che al nuovo corso politico del M5S doveva accompagnarsi anche un cambio di stile nel rapporto con la pubblica opinione. Tutto si frantuma di fronte alla storiaccia giudiziaria nella quale da circa due anni è finito Ciro Grillo, il figlio del garante del M5S indagato per violenza sessuale di gruppo ai danni di una giovane donna.

BEPPE NON CI STA. E utilizza il suo blog e i suoi canali social per diffondere un video che suona come un ultimatum disperato e al tempo stesso violento. Innanzitutto, sposta l’obiettivo sulla sua persona: «Ormai sono due anni, sono stufo – dice – Se dovete arrestare mio figlio, perché non ha fatto niente, allora arrestate anche me perché ci vado io in galera». I fatti, per i quali sembra si vada verso il rinvio a giudizio, sono avvenuti in una notte di metà luglio del 2019 nella villa del comico in Costa Smeralda. Ciro Grillo e altri tre suoi amici, sostengono gli inquirenti, avrebbero stuprato una conoscente diciannovenne. Sarebbe stata «costretta ad avere rapporti sessuali in camera da letto e nel box del bagno» dopo essere stata «afferrata per la testa a bere mezza bottiglia di vodka». Grillo ricostruisce l’accaduto in questo modo: «C’è un video, passaggio per passaggio, e si vede che c’è la consensualità: un gruppo che ride, ragazzi di 19 anni che si stanno divertendo, che sono in mutande e saltellano col pisello così perché sono quattro coglioni, non quattro stupratori». Poi usa un classico del repertorio maschile per sminuire la vittima di violenza: la donna ha impiegato qualche giorno a denunciare lo stupro. «Perché non li avete arrestati? – dice ancora – Perché vi siete resi conto che non è vero niente, non c’è stato niente perché chi viene stuprato fa una denuncia dopo otto giorni e vi è sembrato strano. È strano». I genitori della donna affidano le loro parole all’avvocato Giulia Bongiorno, che col M5S era al governo in quota Lega ai tempi del primo governo Conte. «Il tentativo di fare spettacolo sulla pelle altrui è una farsa ripugnante – affermano – Cercare di trascinare la vittima sul banco degli imputati, cercare di sminuire e ridicolizzare il dolore sono strategie misere».

DAL M5S TRAPELA imbarazzo. Qualcuno si rende conto che il videomessaggio di Grillo lascia poco spazio di manovra: cosa succederà di fronte al rinvio a giudizio? Ma ci sono anche dichiarazioni di solidarietà, provenienti da persone che su altre vicende non si sono fatte scrupoli garantisti. Ecco Paola Taverna, vicepresidente del senato: «Da mamma gli sono vicina». Dello stesso tono l’ex Alessandro Di Battista: «Sei un papà e ti capisco – dice a Grillo – Spero che tutto si possa chiarire e alla svelta». La presidente dei deputati di Italia Viva, Maria Elena Boschi, chiede alle donne del M5S di dissociarsi da Grillo. Risponde Alessandra Maiorino: «Abbiamo votato la legge sul codice rosso, il Pd all’epoca si è astenuto. Abbiamo inasprito le pene in materia di violenza sulle donne. Il limite temporale che una donna ha per denunciare è ancora troppo basso e quindi potremmo estenderlo». Un’altra donna del M5S, la vicepresidente della camera Maria Edera Spadoni, dice: «Non posso commentare la situazione del figlio di Grillo, il fatto singolo. Io credo che una donna abbia il diritto di denunciare quando se la sente, ci vuole tempo per elaborare». Più dura la sua collega Federica Daga: «Ho avuto una relazione con una persona violenta per un breve periodo. Ci ho messo sei mesi per elaborare, poi ho denunciato». Il reggente Vito Crimi cerca di metterci una toppa esprimendo solidarietà a Grillo e fiducia nel giudizio della magistratura. Dal Pd definiscono le parole di Grillo «totalmente inaccettabili, anzi indecenti» (Alessia Morani) «vergognose e misogine» (Enza Bruno Bossio), «ripugnanti» (Alessandra Moretti).

LA VICENDA non può che avere ripercussioni politiche. Anche perché ormai qualche mese, dai giorni della crisi del Conte bis, Grillo ha deciso di stare di nuovo nel mezzo della battaglia politica. Ha incontrato Draghi e convinto i suoi parlamentari a votarlo. Telefona quotidianamente, convoca i suoi, segue la transizione verso il nuovo soggetto politico. Il cui leader designato, Giuseppe Conte, cerca di districarsi nella giungla legale e nei paradossi politici di cui è fatto il M5S facendosi forte dell’investitura del garante. Ma un Grillo indebolito, reso fragile e poco lucido dal processo a carico del figlio, potrebbe danneggiare anche la missione dell’ex presidente del consiglio.