La morte di Casaleggio ha suscitato grande commozione e dolore nel Movimento 5Stelle, ma ha anche provocato un radicale cambiamento di registro nei commenti dei politici e dei giornalisti. Ben al di là delle abituali dichiarazioni di cordoglio, lo stesso presidente della repubblica Sergio Mattarella ricorda Casaleggio come un protagonista della politica italiana «innovativo e appassionato». E sono molti i commentatori che cercano di ripensare in modo più serio il suo ruolo e il suo contributo alla formazione e al successo del M5S. E che sono costretti in parallelo, a riflettere in modo diverso sulla natura e le prospettive dello stesso movimento, a cui qualcuno già riconosce il merito di avere «cambiato la storia d’Italia».

Vengono oggi (giustamente) scoperte e valorizzate le idee innovative, l’immaginazione e la capacità di prevedere il futuro, dell’”imprenditore” Casaleggio, spesso definito in passato come il guru, il vero padrone e controllore occulto del movimento. Dimenticando la sua insistenza a definirsi in tutte le occasioni come co-fondatore del M5S, e a ricordare come le scelte fondamentali che ne hanno caratterizzato il profilo politico e favorito le sue possibilità successo siano sempre state condivise con Beppe Grillo.

Non si tratta di modestia, ma del riconoscimento che la vera innovazione introdotta dal M5S nella politica italiana è stato l’incontro e la possibilità di combinare con successo due strategie molto diverse per la gestione dell’iniziativa politica e della mobilitazione collettiva. Grillo, dopo un lungo percorso dalla satira all’impegno politico, rappresentava, e cercava di dare voce con le sue capacità comunicative alle mobilitazioni dal basso che erano emerse in molteplici situazioni, in assenza o a volte in contrapposizione con l’azione dei partiti politici.

Molto diverso era il profilo professionale e culturale di Gianroberto Casaleggio, che aveva sviluppato in parallelo alla sua carriera professionale una serie di idee generali sul futuro della politica e sulle possibilità offerte dalla rete per la trasformazione della democrazia e delle stesse forme di partecipazione. Due prospettive e strategie d’azione molto diverse, che hanno avuto difficoltà a combinarsi, soprattutto in diverse fasi della sviluppo del M5S. Ma hanno permesso la formazione di un vera proposta di politica alternativa, in una fase in cui è molto cresciuta la critica e la sfiducia dei cittadini nei confronti dell’establishment, della classi dirigenti politiche ed economiche, delle forme di rappresentanza tradizionali e dei principali media.

Un’alternativa che ha avuto successo, e ha cambiato la politica italiana. Nelle elezioni del 2013 il M5S è stato il partito più votato alla Camera nelle circoscrizioni italiane, facendo emergere una nuova ampia area elettorale, estranea alla tradizionale contrapposizione fra centrodestra e centrosinistra. Il movimento non era stato formato, almeno inizialmente, come soggetto politico in grado di competere a livelli istituzionali nazionali ed europei. In pochi anni il M5S, da luogo di mobilitazione soprattutto sul web, impegnato soprattutto a influenzare l’opinione pubblica, si è trovato ad affrontare compiti a tutti i livelli istituzionali. Si è perciò progressivamente avviato un processo di trasformazione del nuovo soggetto politico.

L’impegno del M5S nelle competizioni elettorali e l’azione nelle istituzioni sono diventati sempre più importanti. E’ stata d’altra parte abbandonata la iniziale diffidenza a intervenire nelle trasmissioni televisive, per rivolgersi a tutti gli elettori che non fanno uso, o fanno un uso limitato del web per le informazioni politiche. La scomparsa di Casaleggio e il ridimensionamento del ruolo di Beppe Grillo come unico portavoce del movimento hanno fatto crescere la visibilità di diversi leader ormai noti a livello nazionale e dei candidati che si impegnano nelle elezioni regionali e comunali.

Il M5S viene oggi considerato come la principale sfida al governo nazionale, la principale alternativa al “populismo di governo” di Matteo Renzi che, non a caso, in parte ne imita le capacità di dare espressione al malcontento e alla sfiducia dell’opinione pubblica rispetto alla politica tradizionale, in parte si presenta come la principale “diga” per impedire l’accesso al potere istituzionale di esponenti del nuovo movimento.

Anche se resta ferma l’idea di non trasformarsi in un partito, il M5S deve procedere sulla via di una relativa istituzionalizzazione. E trovare il modo di fare interagire positivamente le sue tre componenti: la base degli iscritti e dei militanti, gli eletti nelle istituzioni politiche e la leadership. Tenendo conto anche delle trasformazioni in corso del suo elettorato, che i sondaggi più recenti continuano a segnalare in espansione.