Dovesse trattarsi di un congresso, seppure anomalo, già sarebbe una notizia non di poco conto. Perché di veri e propri consessi nazionali, nei quali misurare tattiche, decidere strategie, eleggere cariche e individuare responsabili, nel Movimento 5 Stelle non ce ne sono mai stati. Difficile che questa del Circo Massimo sia la volta buona. Tutto si gioca, come spesso capita nelle faccende del M5S, sul divario tra rappresentazione mediatica e rappresentanza politica. Con la planimetria dell’evento in mano e la mappa politica del grillismo sott’occhio, bisogna incrociare i due livelli e tastare il polso del fenomeno.

L’architrave dell’organizzazione targata Grillo & Casaleggio è una regola semplice e non scritta: il pallino è in mano allo “staff” milanese e la spettacolarizzazione alla potenza di fuoco del comico genovese. Per il resto, vige il divide et impera: tutti sono (quasi) liberi di fare quel che trovano più adeguato ai propri territori, basta che non mettano in discussione il vertice della piramide.

La kermesse grillina è innanzitutto la celebrazione di questo assetto, di un’organizzazione liquida e caotica, e allo stesso tempo rigidamente proprietaria. Come ogni celebrazione che si rispetti, la divisione degli spazi, dei tempi e la gestione del luogo fisico hanno la loro importanza: di questa divisione gerarchica il Circo Massimo di Beppe è la rappresentazione plastica. Tutto ruota attorno al grande palco, montato nelle ultime ore. Un pulpito che misura 320 metri quadri, 20 metri per 16. Oggi aprirà le danze Beppe Grillo, che farà sentire la sua presenza più volte nel corso dei tre giorni romani, fino ad un’annunciato duetto a colpi di blues con Edoardo Bennato.

Di fronte al palco c’è l’area con i 175 gazebo che ospiteranno i politici del M5S. Gli organizzatori lo chiamano il «Villaggio Italia». Le tende occupano molto dello spazio della platea. Sono gli stand disseminati che dovrebbero rappresentare l’attivismo sul territorio, quella che (con espressione invero poco originale) chiamano la «politica del fare». È il mondo dei MeetUp che si disloca, materialmente e simbolicamente, tra gli spettatori delle gradinate ai lati del Circo Massimo e la grancassa dello show, quella dalla quale partiranno i messaggi chiave e le parole d’ordine.

La paura, emersa da critiche e frustrazioni ormai diffuse nel mondo grillino, è che al Circo Massimo compaiano le divisioni e le debolezze che emergono quotidianamente dai territori: polemiche e divisioni, a cominciare dall’Emilia Romagna che rappresentò la culla elettorale del fenomeno, sono all’ordine del giorno. E il numero dei votanti alle consultazioni online diminuisce ad ogni scadenza: il candidato alla presidenza della Regione Calabria, giusto per dirne una, ha raccolto 183 preferenze.

Oltre al danno c’è la proverbiale beffa: tutto pare architettato perché queste debolezze strutturali non si palesino, come appunto avverrebbe in un congresso vero, ma costituiscano solo il brusio di fondo. Altro dettaglio, tra il tecnico e il politico: i gazebo dovrebbero disegnare la forma dell’Italia. All’interno della quale però, spiegano allarmati gli organizzatori, non sarà possibile entrare. Questo divieto d’accesso non era previsto ma, dicono dal Circo Massimo, «ci siamo resi conto che qui passeranno i cavi elettrici, rappresentano un pericolo e coprirli sarebbe costato tantissimo». I quattrini segnalano un’altra questione che dal logistico tracima nel politico: quelli che si sono battuti (spianando la strada a Renzi) per abolire ogni forma di finanziamento pubblico ai partiti e che di questa faccenda hanno fatto un vessillo identitario, si sono accorti che fare politica costa. E che quando l’attenzione cala il crowdfounding rischia di diventare un boomerang. Dal blog di Grillo avevano fissato l’obiettivo di 500 mila euro per le spese della kermesse. Si è raccolto circa un terzo della cifra, con imbarazzo diffuso e più di un dubbio sulla trasparenza dei conti.
Dall’area recintata, ad esempio, parlerà il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, cui è stato vietato il palco maggiore. Dal basso, assieme ad altri amministratori locali, assisterà alla performance di Luigi Di Maio, leader in pectore e uomo-immagine, assieme all’adrenalinico Alessandro Di Battista, della nutrita (e per il resto quasi sconosciuta) compagine parlamentare pentastellata. «La cosa curiosa – spiega uno degli addetti alla comunicazione – è che loro due nelle interminabili assemblee si vedono e si sentono pochissimo: al ruolo tutto comunicativo che rivestono verso l’esterno non corrisponde una reale funzione politica». A conferma che in quello che Grillo ieri ha definito «il più importante Movimento nella storia delle democrazie occidentali dal dopoguerra», la comunicazione viene prima di ogni altra cosa.

La retorica grillina di questi anni ha offerto eterne discussioni da assemblea di condominio, dentro cui si mescolano faccende importantissime e questioni risibili, che sfociano sistematicamente in improvvise semplificazioni e slogan populisti, affidate a Grillo o al cerchio magico dei suoi uomini immagine. Ecco perché dobbiamo prepararci ad assistere a una grande messa in scena, che si guarderà bene dal coinvolgere soggetti e movimenti sociali e che blinderà il format pentastellato e il suo mondo virtuale. «Servirà ancora una volta a coprire le magagne?» è la domanda che circola sui forum dei grillini più critici.