«Non conosco una via infallibile per il successo, ma una per l’insuccesso sicuro: voler accontentare tutti», scrive Beppe Grillo su Facebook mentre abbandona Montecitorio. È una frase un po’ insolita perché arriva in una giornata in cui il co-fondatore del Movimento 5 Stelle ce l’ha messa tutta per tenere unita la sua creatura nelle fasi più delicate dell’operazione Draghi. Ma il sospetto a questo punto è che non voglia «accontentare tutti», e che pur di portare a termine la missione abbia già deciso di sacrificare un numero di parlamentari che nelle previsioni oscilla tra i trenta e i sessanta, con maggiore incidenza al senato.
Grillo arringa i suoi nel corso di una specie di direzione allargata che precede (e segue) l’incontro con il presidente del consiglio incaricato. Vi partecipano un pugno di parlamentari oltre a Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e (a sorpresa) Davide Casaleggio. Prima di dilungarsi per circa 45 minuti fa una premessa che suona come un ultimatum: «Se non volete che questo governo nasca dovete dirmelo subito». Poi scorre la lista delle priorità e descrive la collocazione del M5S nel campo del centro sinistra. «Dobbiamo difendere i nostri temi e mettere l’ambiente al centro», dice il Grillo redivivo annunciando il nuovo corso green dei 5 Stelle nel governo Draghi. Conte parla per ultimo e rinnova la sua volontà ad impegnarsi, nel M5S e nella coalizione che lo ha sostenuto. Già il fatto che tocchi a lui tirare le conclusioni lo pone in conflitto con Di Maio. Ma questa sovrapposizione non è all’ordine del giorno. Per il momento i due remano dalla stessa parte: c’è da portare a casa un M5S più coeso possibile e il più possibile baricentro del parlamento e della maggioranza.

Crimi avverte la necessità di ripartire dalla maggioranza uscente e dal riconoscere quello che ha fatto, quasi a ristabilire il perimetro della coalizione. Parlando ai giornalisti dopo l’incontro con Draghi ribadisce i tre punti programmatici intoccabili (reddito di cittadinanza, giustizia e superbonus) e rimanda allo scenario più ampio, quello che è stato descritto da Grillo in riunione e diffuso nel suo blog personale poco prima, che consiste nel coniugare innovazione e ambiente. Per il co-fondatore, significa che il ministro dello sviluppo economico e quello dell’ambiente devono essere accorpati nel dicastero alla «transizione ecologica». Su questo punto Draghi avrebbe rassicurato la delegazione. Per il nuovo ministero il ballottaggio sarebbe tra Stefano Patuanelli e Stefano Buffagni. L’altro ministero sarebbe per Di Maio, confermato alla Farnesina.

Crimi non mette paletti, sa che c’è il rischio che si ritrovi di nuovo in maggioranza con gli ex alleati della Lega. Grillo preme perché i 5 Stelle diventino la forza trainante di un governo Draghi ad alto tasso di ambientalismo, ma chi c’è già passato sa che le due forze che hanno provato a governare insieme, Lega e M5S, e che hanno addirittura coltivato l’idea di gestire la transizione verso una Terza Repubblica della quale avrebbero dovuto essere i due soggetti principali, ancora si contendono una fetta di elettorato comune.

Lega o non Lega, resta in campo l’ipotesi che la svolta pro-Draghi dia origine a una scissione. Ieri Alessandro Di Battista ha di nuovo ribadito la sua contrarietà, dicendosi turbato più dalla coabitazione con Forza Italia che dalla possibile presenza in maggioranza di Salvini. Ma come dimostrano i toni meno aspri di Barbara Lezzi e Nicola Morra, il fatto che Casaleggio ieri sia stato della partita, anche se in silenzio, rende ogni ipotesi di scissione più debole. Il placet all’operazione del gestore di Rousseau significherebbe che una formazione ortodossa del M5S non potrebbe intestarsi le suggestioni della democrazia telematica, anche se ormai poco più che simboliche.

A questo proposito, resta l’incognita del ricorso alla piattaforma Rousseau per dare l’ok al nuovo governo. Secondo alcuni parlamentari di primo piano non sarebbe più un passaggio obbligato, dal momento che il «garante» Grillo ci mette faccia. «Votare su Rousseau? – sfuma la posizione il presidente dei senatori Ettore Licheri lasciando la camera – Non abbiamo ancora deciso. Ci saranno altre riunioni interne». Il prossimo appuntamento è fissato per martedì, al turno del M5S per il secondo giro di consultazioni.