Ritorna in Italia – unica data italiana il 10 aprile nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma – il baritono più apprezzato della nuova scena jazz: Gregory Porter. Non è giovanissimo – 40 anni appena compiuti – ma con un tris di album pubblicati dal 2010 ad oggi è diventato – a ragione – una delle superstar mondiali del canto jazz. L’ultimo, «Liquid spirit», si è aggiudicato un Grammy Award come miglior album di jazz vocale. «Mi considero un jazz singer, ma amo il blues, il soul, il gospel – dice Porter – Tutti questi elementi si uniscono nel mio modo di fare musica e li ho sempre sentiti nel jazz». È sorprendente, rispetto ad altri titolati colleghi, come l’artista losangelino preferisca affidarsi a composizioni scritte di suo pugno, ricorrendo di rado a standard dispensati nei dischi con il lumicino. Composizioni affatto banali dalla potente ricerca melodica, dove associa liriche profonde su cui innesta sovente storie a sfondo sociale e riferimenti politici.