Caro Giuseppe,
non ho dimenticato la nostra battaglia e tutti gli amici dell’Italia sono Anch’io. Non mi stancherò mai di leggere e di far leggere la lettera di Laamia (vedi la lettera aperta pubblicata su il manifesto del 1 novembre, ndr). Soprattutto non abbiamo messo nel cassetto i volti e le storie di tanti che ci hanno chiesto di far diventare questo paese la loro patria non solo di fatto ma anche di diritto. Il governo, come promesso dal presidente Renzi, vuole compiere questo passo.

È presto per dirsi delusi sulla legge di cittadinanza che andrà in discussione subito dopo le riforme elettorali e costituzionali.

Intanto è bene chiarire che la sintesi tra le proposte di legge in campo deve ancora essere fatta e che la posizione del governo espressa da Matteo Renzi è tutt’altro che distante dalla strada che abbiamo percorso insieme.

Certo che ho ben presente per che cosa ci siamo impegnati e che cosa abbiamo fatto insieme con L’Italia sono Anch’io: ci siamo impegnati anche noi per uno «ius soli temperato» che è diverso da uno «ius soli puro», un diritto che permetta di essere cittadino a chi è nato in Italia da genitori legalmente residenti da almeno un anno e per chi non vi è nato, ma arrivato minorenne, di diventarlo da maggiorenne con diverse possibilità, tra cui quella di aver terminato un ciclo di studi, che non abbiamo inteso come l’intero ciclo dell’obbligo.

Le premesse, che tu hai ricordato, sono state e sono condivise. Abbiamo sostenuto la campagna per riformare la legge perché sappiamo, ed è ormai dominio comune, che le ragazze e i ragazzi di origine straniera e che vivono in Italia sono italiani a tutti gli effetti, tranne che nei diritti.

Sono convinto anche io che l’ottenimento della cittadinanza al termine del ciclo dell’obbligo, a 16 anni, non rappresenti assolutamente il cambio di passo necessario. Sapevamo, quando abbiamo promosso e sostenuto la nostra campagna, molto difficile, che non lo facevamo solo per testimonianza e che saremmo stati pronti a sostenere il parlamento in una mediazione che salvaguardasse comunque i principi cardine della nostra proposta per dare risposte dignitose ai nativi e ai non nativi.

Siamo solo all’inizio della parte più importante del nostro cammino per cambiare il diritto di cittadinanza; oggi ci sono tanti in parlamento che hanno fatto con noi la battaglia e che la continueranno a fare. Io sarò al loro fianco come sempre.

Non ho cambiato idea. Speriamo di non deludere voi e tutti quei ragazzi che si sentono e sono italiani.

Graziano Delrio

 

La risposta di Giuseppe Caliceti

Caro Graziano,

grazie della risposta. Mi fa piacere che tu non abbia dimenticato la nostra battaglia comune e tutti gli amici e le associazioni coinvolte nella campagna L’Italia sono anch’io. Forse hai ragione tu: è presto per dirsi delusi della legge di cittadinanza. E senz’altro la speranza, anche la mia, è l’ultima a morire.

La delusione nasce sempre da aspettative sbagliate, si dice.

D’altra parte, non mi pare siano aspettative del tutto campate in aria: il testimonial politico numero uno di quella campagna, tu, è ora al governo, è ministro, – è il braccio destro del capo del governo, come si dice, – perciò credo che sia legittimo aspettarsi qualcosa di più.

Come fanno Lamiaa e la sua famiglia e tutti i bambini, i ragazzi e le famiglie come la sua, a non sentirsi delusi per l’annuncio di un governo che rende invisibili i bambini nati in Italia da genitori stranieri per ben 16 anni, invece che per 18 come ora?

Caro Graziano, ci scrivi di non essere delusi e contemporaneamente ti dici convinto che «l’ottenimento della cittadinanza al termine del ciclo dell’obbligo, a 16 anni, non rappresenti assolutamente il cambio di passo necessario».

Dunque? Chi lo deve fare questo cambio di passo che, come tu sottolinei, è ormai necessario? Scrivi: «Abbiamo sostenuto la campagna per riformare la legge perché sappiamo che le ragazze e i ragazzi di origine straniera e che vivono in Italia sono italiani a tutti gli effetti, tranne che nei diritti». Ripeto: dunque? Chi deve darglieli questi diritti?

Aggiungi: «Siamo solo all’inizio della parte più importante per cambiare il diritto di cittadinanza; oggi ci sono tanti in parlamento che hanno fatto con noi la battaglia e che la continueranno a fare. Io sarò al loro fianco come sempre. Non ho cambiato idea».

Tanti italiani hanno dato credito a questo governo e, a parole, almeno sulla questione cittadinanza, io credo ancora a ogni parola che tu dici e hai detto, Graziano.

Ma perché le parole non perdano il loro significato più vero, come sai meglio di me, occorre che seguano i fatti.

E i fatti devono essere conseguenti alle parole che si sono dette, non devono essere altri fatti. E quei fatti devono accadere entro un tempo ragionevole. Altrimenti le parole, anche le più belle, rischiano di diventare vuote e inutili.

Li aspettiamo, quei fatti. Fatti, non annunci.

Per il bene dei tanti figli di immigrati e, sono sicuro, anche di questo vostro governo.

Giuseppe Caliceti