Donna, premio Nobel, solida scrittrice, sarda di cultura profonda e complessa. Doveva essere davvero un gran personaggio Grazia Deledda, tra onori e chiaroscuri d’epoca (fascista). Ma a vederla per la prima volta sulla scena (lei autrice di commedie, e anche di quel Cenere portato sullo schermo dalla Duse) risulta davvero Quasi Grazia (all’India di Roma fino a domani). Il testo scritto da Marcello Fois e interpretato da Michela Murgia, i due più noti scrittori sardi di oggi, fa un poco male al cuore, e alle attese. I tre momenti  della vita di Deledda scelti da Fois sono la partenza dalla Sardegna al momento del matrimonio, il Nobel a Stoccolma, la scoperta della malattia che la porterà presto a morte. Le parole sono vicine al teatro/situazione, dove non mancano i luoghi comuni di complemento, e anche l’interpretazione di Michela Murgia imbarca un neonaturalismo assai contemporaneo che non risponde tanto a quello «verista» d’epoca cui la scrittrice sarda fu associata dalla critica di allora. Torna a merito dello spettacolo la voglia che fa nascere nello spettatore di andarsi a leggere, o anche rileggere, quei testi duri e scontrosi, scanditi da una morale atavica che pure sentiva imminente la propria fine. La regia di Veronica Cruciani, tra le funzionali pareti semoventi di Barbara Bessi, tenta di sciogliere quel contrasto, ma l’immagine più convincente resta l’anziana madre Lia Careddu.