Torna in Senato per la seconda volta, e forse per l’ultima fase dell’iter di approvazione, il ddl che introduce il reato di tortura nell’ordinamento italiano. All’ordine del giorno dei lavori della commissione Giustizia di martedì e mercoledì prossimi c’è la discussione generale del testo licenziato dalla Camera il 9 aprile scorso.

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E il presidente Pietro Grasso esorta i senatori a non rinviare ulteriormente la discussione: «È un testo senza dubbio perfettibile ma non più rinviabile: è da troppo tempo che i cittadini italiani aspettano di veder inserito questo termine nel nostro codice penale», ha detto ieri celebrando in Campidoglio il quarantesimo anniversario di Amnesty International Italia.

L’associazione ha poi organizzato nel pomeriggio una manifestazione per sollecitare il Senato ad approvare definitivamente il «reato di tortura subito!». Trecento delegati dell’assemblea di Amnesty che indossavano immagini e cartelli contro la tortura hanno disegnato l’immagine dell’Italia sulla scalinata dell’Ara Coeli.

Perciò sullo stesso tasto ha battuto anche il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, intervenuto in Campidoglio: «Dobbiamo sviluppare la nostra agenda nazionale a cominciare dalle carceri, portare a termine il ddl sulla tortura. Ne abbiamo bisogno, dopo il caso della Diaz un Paese civile deve farlo». Mentre il sindaco Ignazio Marino ha parlato di «deviazioni», un «termine – ha detto – che ha caratterizzato la storia italiana e credo che possa essere applicato anche alla questione tortura». Perciò, ha aggiunto, «bisogna tenere sempre alta l’asticella dell’attenzione».

Anche Amnesty international Italia – come Sel e il M5S – ha sollevato alcune critiche sulla fattispecie del reato di tortura così come è scritto nel testo del ddl che ora torna al Senato, pur tuttavia ritiene ormai indispensabile procedere speditamente verso l’approvazione, tanto più dopo la condanna inflitta all’Italia dalla Corte europea dei diritti umani per le violenze della polizia perpetrate contro i manifestanti nella scuola Diaz a Genova, nel 2001.

Una sentenza arrivata grazie al ricorso presentato da Arnaldo Cestaro che oggi ha 75 anni e da quella notte ha riportato danni permanenti ad un braccio e ad una gamba. Ieri il combattivo Cestaro si è presentato nella sede del manifesto per «ringraziare la redazione – ha detto – di aver sostenuto la mia, la nostra battaglia».

Ma a rendere ancora più cogente la questione è il baillamme che non accenna a diminuire scatenato dalla Lega e dalla destra contro il capo della polizia Alessandro Pansa dopo la sospensione dal servizio di Fabio Tortosa, il poliziotto che su Facebook aveva rivendicato l’irruzione alla Diaz («In quella scuola rientrerei mille e mille volte», aveva scritto suscitando una valanga di sproloqui anche provenienti da esponenti delle forze dell’ordine), e del comandante del Reparto Mobile di Cagliari, Antonio Adornato, che aveva manifestato apprezzamento per quelle frasi choc.

Anche ieri il leader leghista Matteo Salvini è tornato all’attacco, con dubbio beneficio per le forze dell’ordine: «Io sto coi poliziotti e i carabinieri, che hanno un ministro inadeguato e un capo della polizia inadeguato – ha detto dai microfoni di Radio Padania – Pansa vada a fare altro, vada a collaborare con la Fondazione Migrantes, i poliziotti hanno bisogno di qualcuno che stia dalla loro parte». Perfino lo stesso Tortosa continua a rinfocolare la polemica: «Adornato? La sua rimozione è un atto grottesco», ha detto durante un’intervista a Radio 24 unendosi al coro di proteste sollevate dai sindacati di polizia più conservatori.

Così, in Senato, mentre si ricomincia a lavorare sul ddl – relatore del provvedimento sarà il socialista Enrico Buemi – sono ormai tre le proposte depositato per istituire una commissione parlamentare d’inchiesta: monocamerale, per Sel e per il senatore Pd Luigi Manconi, bicamerale secondo la pdl dell’ex M5S Francesco Campanella. Il presidente Grasso però non sembra molto convinto dell’utilità di una commissione che potrebbe accertare reati ormai prescritti. «Eppure – spiega la presidente dei senatori di Sel, Loredana De Petris – Solo così si potrà spezzare la catena di omertà che ha sinora impedito di raggiungere la verità sia storica che processuale».