All’indomani delle sanzioni introdotte da Bruxelles contro Pechino e della successiva rappresaglia cinese, le reazioni non si sono fatte attendere.

La Cina considera una costruzione errata l’accusa di violazione dei diritti umani nei confronti della minoranza musulmana degli uiguri nello Xinjiang, mentre l’Ue è ferma sulla difesa del principio dello stato di diritto. La tensione tra Ue e Cina fa avvicinare Mosca e Pechino. Nella giornata di ieri a Guilin, nella provincia cinese del Guangxi, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha incontrato il suo omologo Wang Yi. Sul tavolo, il caldo dossier delle misure imposte dagli Usa e dai loro alleati con tattiche «distruttive da Guerra Fredda»: Wang e Lavrov puntano a collaborare contro le sanzioni «non basate sul diritto internazionale», lavorando ad allontanarsi dal dollaro per ridurre i rischi di sanzioni economiche e commerciali.

Pechino, impegnata a ribadire la fine «dell’era dell’interferenza arbitraria di paesi calunniatori negli affari interni» cinesi, ha ricordato che oltre 80 paesi hanno sostenuto al Consiglio dei diritti umani dell’Onu la politica nello Xinjiang. In Europa vengono richiamati gli ambasciatori cinesi, come quello in Germania e in Belgio, per ottenere spiegazioni sulla misura cinese. Parigi non ha gradito il rifiuto dell’ambasciatore Lu Shaye di recarsi alla convocazione del ministero degli Esteri francese per motivi legati all’agenda, tra cui i commenti negativi espressi recentemente su un progetto di visita a Taiwan da un gruppo di parlamentari francesi.

In risposta, la Cina ha convocato a Pechino il capo della delegazione dell’Ue, Nicolas Chapuis, e l’ambasciatore britannico, Caroline Wilson, per protestare contro le sanzioni unilaterali decise da Bruxelles, ma anche da Londra, Ottawa e Washington. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, volato a Bruxelles per una riunione con i 27 ministri degli Esteri, ha sventolato la bandiera dell’atlantismo, consapevole che le sanzioni sono un segnale forte a coloro che «violano i diritti umani», e si dice pronto a intraprendere ulteriori azioni con altri partner diplomatici che la pensano allo stesso modo. Il suo intervento ha ricevuto il plauso del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, anch’egli a Bruxelles per aprire nuovo capitolo nelle relazioni transatlantiche in vista delle diverse sfide globali, come l’ascesa della Cina.

In Europa hanno fatto eco le affermazioni del portavoce del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying, che ha ammonito l’Ue per il suo atteggiamento ambivalente, poiché vuole imporre sanzioni alla Cina, ma allo stesso tempo trarre benefici: un chiaro riferimento all’accordo sugli investimenti Ue-Cina, che deve essere ancora approvato dal Parlamento europeo. Con le attuali tensioni, è ancora più incerto il voto positivo dell’europarlamento e un incontro sul tema è già saltato nella giornata di ieri, mentre il gruppo dei Socialisti e Democratici invita a considerare l’eliminazione delle sanzioni: una condizione necessaria per dare il via libera al controverso accordo.