Giornata confusa, ieri, sul fronte dell’accordo in fieri tra la Grecia e i creditori. Oggi la Grecia deve versare 305 milioni di rimborso all’Fmi, ma ieri sera Atene ha ventilato l’ipotesi di un raggruppamento delle scadenze a fine mese, anche se Christine Lagarde si è detta «fiduciosa» nel rispetto dei tempi.

Nel pomeriggio, Alexis Tispras dovrebbe riferire al parlamento greco sull’avanzamento della trattativa. C’è anche l’ipotesi di un nuovo incontro a Bruxelles con il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ma non è chiaro come possano inserirsi i vari tasseli dell’agenda della giornata di Tsipras. L’Euro Working Group (direttori del Tesoro) ieri ha giudicato più serie e conformi alle richieste dei creditori le ultime proposte di Atene. Un Eurogruppo, l’istanza abilitata per dare il via libera all’accordo, potrebbe venire convocato la prossima settimana, quando scade un nuovo rimborso all’Fmi il 12 giugno, che allo stato delle cose la Grecia avrebbe difficoltà a rispettare. La Grecia sarà il convitato di pietra del G7, che ha luogo a Elmau, in Baviera il 7 e 8 giugno, e che Angela Merkel avrebbe voluto concentrato sulla lotta contro il riscaldamento climatico e le misure a favore di uno sviluppo sostenibile.

L’ultima ipotesi è permettere alla Grecia di accedere ai circa 11 miliardi dei fondi messi da parte per l’eventuale ricapitalizzazione delle banche greche, per far sì che Atene tiri avanti quest’estate, per tre mesi dopo la scadenza del piano di aiuti il prossimo 30 giugno (resta da versare l’ultima tranche di 7,2 miliardi), e rimborsare Fmi (1,6 miliardi a giugno) e Bce (8 miliardi circa tra luglio e agosto). Ma per sbloccare queste somme, ci vuole un accordo sulle «riforme».

Le posizioni si avvicinano, ma restano grossi punti di conflitto. Il Fmi, che ha prestato 32 miliardi a scadenza più ravvicinata (10 anni) dei crediti Ue e Bce, pretende un effetto veloce: in particolare sulle pensioni. L’Fmi chiede «zero deficit», cioè nuovi tagli equivalenti allo 0,5% del pil quest’anno e all’1% nel 2016. Una «linea rossa» che Tsipras non può accettare, viste le sue promesse elettorali e che per il Fmi dovrebbe comportare anche la fine dell’Ekas, cioè la sovvenzione (tra i 30 e i 230 euro) per i pensionati con meno di 700 euro al mese. Tensione anche sul fronte della riforma dell’Iva: la Grecia propone di recuperare 950 milioni, ma prevede tre percentuali (6, 11 e 23%), mentre il Brussels Group vuole l’11% (medicine, hotel-ristoranti e alimentari) e 23% per il resto.

Per Tsipras è impensabile aumentare di 10 punti tutto di un colpo l’Iva sull’energia. Sul diritto del lavoro, i creditori, Fmi in testa, sono rimasti alle ingiunzioni del Memorandum. Su questo punto c’è un netto «no» di Tsipras, che non può accettare il programma di licenziamenti facili e riduzione dei diritti. Sulle privatizzazioni, le strade si stanno incontrando, Tsipras accetta ormai quelle già avviate sotto i governi precedenti (aeroporti, Pireo ecc.), ma tiene duro sull’estensione all’energia e al suo trasporto (i creditori pretendono la privatizzazione di Adime e Mikri Dey).

Sull’avanzo primario del bilancio le posizioni sono vicinissime, i creditori chiedono solo più un 1% quest’anno (2% nel 2016 e 3,5% nel 2017). Tsipras propone 0,6% quest’anno (che potrebbe salire a 0,8%) e 1,5% nel 2016. La Grecia vorrebbe che nel testo di accordo fosse scritto chiaramente che ci sarà in autunno una «ristrutturazione» del debito, che è ormai di 320 miliardi, pari al 177% del Pil.

Il Fmi accetta, ma la Germania frena: l’accordo deve passare al Bundestag (come nei parlamenti di Olanda e Finlandia) e molte forze politiche pensano che sono stati già dati troppi soldi ad Atene. In Grecia brucia ancora quella che viene considerata una fregatura dei creditori, che avevano promesso nel 2012 all’allora primo ministro Antonis Samaras una ristrutturazione del debito quando fosse stato raggiunto un avanzo primario di bilancio. Promessa poi non mantenuta nel gennaio 2014.