I più maliziosi (e i detrattori) sussurrano che a questo disgraziatissimo 2020 mancava solo il disco di Baglioni, ma per le legioni di fan del cantautore romano il suo ritorno a sette anni di distanza da Con Voi, è «una carezza sull’anima». In questa storia che è la mia (SonyMusic) – in uscita venerdì 4 dicembre in più formati – è puro concentrato della sua musica: 14 brani, 1 ouverture, 4 interludi piano e voce, 1 finale. Melodie memorizzabili, arrangiamenti orchestrali e compatti curati da Paolo Gianolio e Celso Valli, durata monstre (80 minuti) e testi che girano intorno al classico leitmotiv: l’amore: «Gran parte della mia produzione passata – racconta in una virtuale ma affollatissima conferenza via zoom – ha come contenuto il parlare dell’avventura e della disavventura del vivere dentro una parte preponderante che è nell’argomento amore. Per quanto poeti, scrittori, cineasti abbiano tentato di scandagliare ha sempre qualcosa da raccontarci».

MA COME è abitudine di Baglioni, ogni suo disco è una sorta di concept – programmato a puntino, come ha dimostrato nei due anni di «dittatura artistica» (sua la definizione) al festival di Sanremo: «In questo album c’è la mia storia – sottolinea – personale e comune al tempo stesso. Per ’fotografarla’ ho utilizzato due ottiche diverse: un grandangolo e un teleobiettivo. Il primo, mi è servito a fissare in unico scatto questi cinquant’anni di carriera nei quali musica e vita si sono intrecciate. Il secondo l’ho utilizzato per riuscire a scovare, tra le pieghe di stagioni, giorni e ore, particolari, attimi, persone, luoghi e cose».
Fermata nei giorni del lockdown: «Non riuscivo a scrivere, a concentrarmi», la lavorazione delle canzoni ha ripreso e si è conclusa a fine estate. Un disco «fatto a mano» – come dice l’autore – senza aiuti elettronici e con un utilizzo costante delle chitarre acustiche e un sound anni settanta, quasi a volersi smarcaredel mainstream pop globale tutto assimilabile e perfettamente sovrapponibile: «Non è una vendetta (ride, ndr) il proposito era quello di ritrovare un’energia e una verità nella timbrica che fosse riconoscibile e riportasse a quel periodo». Tanti ritorni: Danilo Rea al pianoforte (l’ultima volta su Oltre, 1990), Giancarlo Ciminelli ai fiati e Gavin Harrison, che fa un gran lavoro sulle ritmiche.

CONCERTI dal vivo (Covid permettendo…) nel 2021 con Dodici note, dodici appuntamenti alle Terme di Caracalla dal 4 al 18 giugno, ai quali faranno seguito altri quattro live fra luglio e settembre al Teatro Greco di Siracusa e all’Arena di Verona. Ma intanto i lavoratori dello spettacolo sono in una condizione disperata: «Siamo tutti appiedati da questa situazione. I lavoratori dello spettacolo di cui faccio parte seppur graduato, sono in grande difficoltà. Non ho ricette, ma bisogna rimboccarsi le maniche, creare fondi di sostegno, come io e altri abbiamo già fatto con sottoscrizioni personali. E poi cercare nuove forme per fare concerti. Non sono d’accordo con chi dice che i live non si possono fare in streaming e in tv. Non è la stessa cosa della musica dal vivo, ma un’interazione si può trovare».