Un rotondo tutto esaurito, una serata torrida, il pubblico che affluisce ordinatamente nel Parco delle Rose adeguandosi pazientemente alle norme anti Covid-19. Si chiude così la trentesima edizione di Grado Jazz by Udin & Jazz, storico festival friulano. Una edizione che nessuno si sarebbe immaginato solo pochi mesi fa. Eppure il jazz è ripartito, seppure in forma ridotta e quasi esclusivamente con musicisti italiani. Cinque giornate con doppio concerto serale con una risposta di pubblico più che buona. Sul palco Alex Britti, Musica Nuda, Quintorigo, Paolo Fresu, Michael League & Bill Laurance (Snarky Puppy), Rita Marcotulli e Chiara Civello e nella serata finale Francesco Cafiso e Stefano Bollani.

Il sassofonista siciliano ha proposto il suo tributo al centenario di Charlie Parker con un quintetto completato da Andrea Pozza, Aldo Zunino, Alessandro Presti e Luca Caruso. Efficace la sua scelta di non proporre brani di Parker quanto di celebrare il suo fondamentale contributo a forgiare il linguaggio jazzistico moderno. D’altronde Cafiso si è fino ad ora sempre mantenuto saldamente all’interno del modern mainstream e il concerto gradese ne ha confermato la direzione estetica. La struttura dei brani mantiene l’andamento tema-assoli-tema, ideale per fare emergere le doti solistiche. Si distingue in particolare il leader che sfoggia un fraseggio sciolto e originale, senso ritmico eccellente, fantasia.

A seguire l’atteso concerto in piano solo di Stefano Bollani che presenta le sue piano variations delle musiche del musical, e poi film, Jesus Christ Superstar. Famosissima nei primi Anni Settanta, l’opera a firma di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice inanella una serie di bellissime canzoni che spaziano tra rock, soul, rythm’n blues. Un Vangelo pacifista e fricchettone ( chissà se anche questo non piace a Giorgia Meloni). Bollani prende la sontuosità di arrangiamenti ed esecuzioni e li concentra sulla tastiera del suo pianoforte. Ne spreme fino all’ultima goccia l’intensità melodica e dosa sapientemente virtuosismo, abbandono lirico, umorismo. Non è mai sopra le righe questo Bollani e piace proprio. La scaletta del concerto segue quella del disco appena uscito, purtroppo nel pieno della pandemia. Un Bollani in piena forma, concentrato, esuberante e felice di suonare. E felice è anche il pubblico di farsi prendere per mano e danzare sulle sue variazioni in stile stride-piano e lasciarsi mettere il cuore a nudo su una versione da brividi di I Don’t Know How to Love Him. Poi il pianista prende il microfono e canta sussurrando le parole di Superstar, suggellando un concerto perfettamente calibrato e ispirato con il consueto bis a richiesta tra la sigla di Ufo Robot e Renato Carosone.

Il direttore artistico ha annunciato anche una versione invernale, nella città di Udine, giusto a fine anno per celebrare il trentennale del Festival nella città che lo ha visto nascere prima dello spostamento, non senza polemiche, nella località balneare. Virus permettendo.