Grado jazz, un festival per ricominciare
Musica La trentesima edizione porta sul palco il tributo del sassofonista Francesco Cafiso per il centenario di Charlie Parker e le variazioni di Stefano Bollani sulle note di Jesus Christ Superstar
Musica La trentesima edizione porta sul palco il tributo del sassofonista Francesco Cafiso per il centenario di Charlie Parker e le variazioni di Stefano Bollani sulle note di Jesus Christ Superstar
Un rotondo tutto esaurito, una serata torrida, il pubblico che affluisce ordinatamente nel Parco delle Rose adeguandosi pazientemente alle norme anti Covid-19. Si chiude così la trentesima edizione di Grado Jazz by Udin & Jazz, storico festival friulano. Una edizione che nessuno si sarebbe immaginato solo pochi mesi fa. Eppure il jazz è ripartito, seppure in forma ridotta e quasi esclusivamente con musicisti italiani. Cinque giornate con doppio concerto serale con una risposta di pubblico più che buona. Sul palco Alex Britti, Musica Nuda, Quintorigo, Paolo Fresu, Michael League & Bill Laurance (Snarky Puppy), Rita Marcotulli e Chiara Civello e nella serata finale Francesco Cafiso e Stefano Bollani.
Il sassofonista siciliano ha proposto il suo tributo al centenario di Charlie Parker con un quintetto completato da Andrea Pozza, Aldo Zunino, Alessandro Presti e Luca Caruso. Efficace la sua scelta di non proporre brani di Parker quanto di celebrare il suo fondamentale contributo a forgiare il linguaggio jazzistico moderno. D’altronde Cafiso si è fino ad ora sempre mantenuto saldamente all’interno del modern mainstream e il concerto gradese ne ha confermato la direzione estetica. La struttura dei brani mantiene l’andamento tema-assoli-tema, ideale per fare emergere le doti solistiche. Si distingue in particolare il leader che sfoggia un fraseggio sciolto e originale, senso ritmico eccellente, fantasia.
A seguire l’atteso concerto in piano solo di Stefano Bollani che presenta le sue piano variations delle musiche del musical, e poi film, Jesus Christ Superstar. Famosissima nei primi Anni Settanta, l’opera a firma di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice inanella una serie di bellissime canzoni che spaziano tra rock, soul, rythm’n blues. Un Vangelo pacifista e fricchettone ( chissà se anche questo non piace a Giorgia Meloni). Bollani prende la sontuosità di arrangiamenti ed esecuzioni e li concentra sulla tastiera del suo pianoforte. Ne spreme fino all’ultima goccia l’intensità melodica e dosa sapientemente virtuosismo, abbandono lirico, umorismo. Non è mai sopra le righe questo Bollani e piace proprio. La scaletta del concerto segue quella del disco appena uscito, purtroppo nel pieno della pandemia. Un Bollani in piena forma, concentrato, esuberante e felice di suonare. E felice è anche il pubblico di farsi prendere per mano e danzare sulle sue variazioni in stile stride-piano e lasciarsi mettere il cuore a nudo su una versione da brividi di I Don’t Know How to Love Him. Poi il pianista prende il microfono e canta sussurrando le parole di Superstar, suggellando un concerto perfettamente calibrato e ispirato con il consueto bis a richiesta tra la sigla di Ufo Robot e Renato Carosone.
Il direttore artistico ha annunciato anche una versione invernale, nella città di Udine, giusto a fine anno per celebrare il trentennale del Festival nella città che lo ha visto nascere prima dello spostamento, non senza polemiche, nella località balneare. Virus permettendo.
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