Dire che il lungo discorso di Conte nell’informativa di due giorni fa al Senato ha innervosito il Pd, per non parlare di LeU, è un eufemismo e un esercizio di understatement. A nessuno è sfuggita l’insistenza del premier sui temi di bandiera di Italia viva, i cancelli spalancati praticamente su tutto, infrastrutture, investimenti e famiglia, a fronte del palese disinteresse per le istanze degli altri partiti. Le interviste successive hanno confermato e rincarato: il premier prefigura un vero e proprio asse futuro con Renzi, a partire dalla garanzia che verranno accolte le sue proposte sul Piano Shock e sul Family Act.

L’ex premier toscano gradisce con riserva: «Bene ma adesso dobbiamo concretizzare tutti insieme e questo vale soprattutto per i cantieri. Io non voglio un sottosegretario in più: voglio i cantieri». In realtà, Renzi vuole tutte e due le cose e soprattutto vuole presidenze di commissione che gli permettano di incidere a fondo sulle strategie della ricostruzione. Ma è vero che in questo momento, prima e più che ai pur importanti posti , mira a conquistare una sorta di leadership sulle sclte economiche, come si è visto nelle trattative sul dl Rilancio dalle quali Iv è uscita quasi sempre a gonfie vele.

Sul fronte opposto Conte concede ai 5S una vittoria da sbandierare sul Mes ed è significativo che al quasi annuncio ufficiale della decisione di non accedere alla nuova linea di credito del Fondo salvastati reagisca inviperito Berlusconi, con dietro tutta Fi, e non quel Pd che poche settimane fa e sembrava deciso a tutto pur di accettare il prestito e neppure Iv. Del resto anche parlare di fronti opposti, a proposito di Iv e M5S, è più abitudine ereditata da un passato sepolto dal Covid che non un’istantanea fedele del presente. I due partiti un tempo opposti fanno da 40 giorni muro insieme sul dl scuola, contro le proposte di modifica avanzata da Pd e LeU. Ma soprattutto si accingono a combattere la stessa battaglia sul fronte più nevralgico di tutti,quel dl Semplificazione che indirizzerà le successive politiche di investimenti. I parlamentari 5S fingono,neppure tutti e neppure con troppa convinzione, di difendere qualcosa delle antiche bandiere.

La delegazione al governo invece è esplicita e compatta sulla linea «Fare come a Genova». Traduzione: soprassedere su tutte le norme del codice appalti o dell’antimafia o dello stesso dl Sblocca cantieri pur di avviare i cantieri costi quel che costi, subito e senza andare per il sottile. Una linea che non è identica ma un po’ più estrema di quella dei renziani. Mai come in questo momento, dunque, è fondato parlare di una maggioranza a geometrie variabili, con le forze che la compongono di volta in volta alleate su un fronte e antagoniste su un altro. E’ ovvio che in una situazione di questo genere il premier diventi sempre più l’ago della bilancia. Ciò non significa però che il governo vanti una linea chiara e decisa, imposta dal premier. Conte, al contrario, volteggia come un virtuoso del surf sulle onde di una maggioranza sempre divisa, schierandosi di volta in volta con chi in quel momento rappresenta la minaccia maggiore. Le lamentele del Pd, costretto nel ruolo ingrato di chi ha il solo compito di portare voti in aula, sono fondate ma dipendono dal fatto che su quel fronte il premier ritiene nella stragrande maggioranza dei casi di non avere niente da temere. Il Pd è condannato a difendere il governo costi quel che costi e Conte lo sa.

Solo che un esercizio di equilibrismo del genere può funzionare anche a lungo in tempi normali. Non nella fase eccezionale che si prepara, quando saranno inevitabili decisioni e scelte di campo sul fronte delle strategie economiche per la ripresa. Certo, il premier proseguirà nel tentativo di tenersi in equilibrio fra le diverse anime della maggioranza. Ma una stella polare dovrà sceglierla e tutto lascia pensare che sarà quella indicata da Renzi, a volte in tandem con il Pd, altre volte con i 5S. Renzi però nel governo si è ritagliato il ruolo di sponda e grancassa dei «datori di lavoro», in particolare della Confindustria di Bonomi. Lo slittamento che si sta operando giorno dopo giorno nella governo, ancor prima che politico, è sociale.