Un tour de force per provare a riconquistare un ruolo sull’altra sponda del Mediterraneo. È quello che l’Italia sta facendo da mesi con la Libia, con cui il governo Draghi intensifica ormai al massimo le relazioni proponendosi sempre più come protagonista nello sviluppo e nella ricostruzione del Paese nordafricano.

SOLO VENERDÌ SCORSO il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è volato per la nona volta a Tripoli dove ha incontrato il premier Abdellhamid Deibah con cui ha discusso di come controllare le frontiere libiche per fermare il flusso di migranti, ma soprattutto del ruolo che le imprese italiane possono avere nel futuro prossimo della Libia.

Ieri la visita è stata ricambiata, con Dbeibah atterrato domenica sera a Roma con mezzo governo al seguito. Obiettivo; una serie di incontri bilaterali tra ministri che però hanno avuto come prima tappa ieri mattina il Business Forum intitolato «La nuova Libia si presenta alle imprese italiane» organizzato alla Farnesina da Di Maio con gli imprenditori intenzionati a investire nel Paese nordafricano.

A patto però, è stato chiarito, che esistano le condizioni per operare in sicurezza. Particolare non secondario, alla luce anche delle ultime notizie secondo le quali migliaia di mercenari provenienti in prevalenza dal Ciad e dalla Siria stanno affluendo nel Paese per unirsi – secondo fonti di Tripoli – all’Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar. Meeting, quello alla Farnesina, che ha preceduto l’incontro avuto in seguito dal premier libico con Mario Draghi a palazzo Chigi. Parlando con gli imprenditori italiani, Dbeibah non si è fatto certo pregare per illustrare cosa si aspetta dall’Italia, che ha definito «il miglior partner per la ricostruzione del nostro Paese per quanto riguarda l’economia, le infrastrutture e il petrolio».

PIÙ CONCRETAMENTE, ha spiegato, «ci servono gli ospedali, dobbiamo ricostruire le scuole, le infrastrutture nel settore petrolifero e siamo qui auspicando di ricevere la vostra assistenza». Dbeibah ha poi ricordato la collaborazione con l’Eni e annunciato che la Libia vuole «tornare a produrre 3-4 milioni di barili al giorno». Le basi perché la collaborazione economica tra i due Paesi possa svilupparsi ci sono. Ne è sicuro Di Maio che ha ricordato come nonostante la pandemia, nel 2020 l’Italia sia stato il primo cliente e primo fornitore della Libia, con un interscambio che ha superato i due miliardi e mezzo di euro.

Poi, certo, c’è anche il capitolo migranti, un dossier che per Draghi è importante quanto quello economico viste le fibrillazioni che provoca all’interno della maggioranza che lo sostiene. L’Italia vuole evitare che l’arrivo dell’estate porti con sé una ulteriore impennata degli sbarchi. Per questo chiede controlli più rigidi alle frontiere libiche, a partire da quelle meridionali con il Niger, principale porta di ingresso delle carovane di migranti diretti verso la costa.

DRAGHI E DBEIBAH ne hanno discusso a Palazzo Chigi, con il primo ha promesso assistenza ai rifugiati, corridoi umanitari e assistenza alle comunità rurali libiche e un impegno al prossimo consiglio europeo per un cambio di passo nei confronti della Libia. Sullo sfondo, ma non tanto, c’è la possibilità che si arrivi con Tripoli a un accordo simile a quello siglato ne 2016 con la Turchia.

Chiedendo in cambio impegno affinché vengano rispettati i diritti umani dei migranti. «Ritengo che sia u dovere morale – ha detto Draghi – ma credo che sia anche nell’interesse della Libia assicurare il pieno rispetto dei diritti dei rifugiati e dei migranti». Niente di nuovo. Sono le stesse cose che l’Italia chiede da anni alla Libia ricevendo n cambio impegni che no vengono mantenuti.