In attesa di sbloccare l’Italia, come da auspicio dell’ultimo decreto, il governo sta riuscendo a bloccare le camere. L’allarme per l’ingorgo di provvedimenti all’esame di camera e senato è rosso. Matteo Renzi minimizza, nell’ultima conferenza stampa (quella appunto sullo «sblocca Italia») si è persino meravigliato in diretta, sentendo descrivere dalla ministra Boschi la fila dei decreti e dei disegni di legge. «Ma come, è tutto al senato?», la sua domanda. Non tutto. Anche la camera ha un’agenda pesante che per essere portata avanti richiederà il costante ricorso alla questione di fiducia. Se il premier minimizza, il presidente della Repubblica non nasconde la preoccupazione. Tanto che ieri ha ricevuto la ministra Boschi (rapporti con il parlamento). Al termine è stato il Quirinale ha comunicare che la ministra «ha prospettato il quadro della possibile programmazione dei lavori parlamentari all’indomani della ripresa dell’attività».

Passaggio per nulla rituale. Non è al Quirinale che si scrive il calendario dei lavori del parlamento; Napolitano si è solo informato dando però alla cosa grande enfasi. L’esito del precedente incontro con Renzi, del resto, non lascia dubbi: salito al Colle il 28 agosto con l’ordine del giorno del Consiglio dei ministri dell’indomani già pubblicato, il presidente del Consiglio si è visto costretto a sfilare la riforma della scuola – «c’è troppa carne al fuoco». Anzi, per successivi aggiustamenti, quella riforma è finita al 2015. Prima le emergenze e tra le emergenze al Quirinale sta a cuore soprattutto l’economia. Il decreto sblocca Italia – finito alla camera – è poca cosa, non arriva a 4 miliardi. Assai più attesa la legge di stabilità, che dovrebbe contenere una manovra almeno cinque volte più pesante. Anche questa andrà alla camera, ma dopo la metà di ottobre. Prima, molto prima, toccherà al decreto che dovrebbe velocizzare il processo civile, e che però sta procedendo assai lentamente tra i palazzi romani. Dato per «pronto» ormai sette giorni fa, non è stato ancora recapitato al Colle, dove resterà qualche giorno per le verifiche di competenza del presidente, prima di transitare alla seconda commissione di Montecitorio. Dove, se finalmente vedranno la luce, arriveranno i disegni di legge del pacchetto giustizia.

Non tutti (sono sei). Molti prenderanno la strada del senato, visto che quel ramo del parlamento era già a buon punto su diversi argomenti (responsabilità civile dei magistrati, crimini economici, magistratura onoraria). Però palazzo Madama è alle prese con altri due pilastri del «riformismo» renziano, la delega lavoro in 11esima commissione e la pubblica amministrazione, in affari costituzionali. Proprio lì, in prima commissione, fa la fila la più urgente delle riforme, quella della legge elettorale (dovrà poi tornare alla camera). Napolitano non vuole che finisca troppo in fondo, e così ieri ha fatto sapere di aver chiesto dettagli proprio su questa come sulla riforma costituzionale, che alla camera dovrà però attendere l’approvazione della legge di stabilità. Se ne parlerà a natale.