Eh no, dice Rosa Pennino, cresciuta alla scuola delle Frattocchie e impegnata nel famigerato quartiere Zen di Palermo a fare politica. No, non si può fare, dice in una lettera inviata al giornale on line Livesicilia, dopo che il deputato 5 Stelle Riccardo Nuti ha pubblicato sul proprio profilo facebook il suo nome, l’indirizzo di casa, la data di nascita, la targa dell’auto. Rosi Pennino è la moglie di Davide Faraone, accusato da Nuti di aver intrattenuto rapporti con esponenti mafiosi durante la campagna elettorale del 2008. Il renziano Faraone, nominato nella segreteria del Pd all’indomani delle primarie vinte dal sindaco di Firenze, è finito nel mirino dei grillini per alcune intercettazioni che risalgono a 5 anni fa e che confluirono nel fascicolo processuale di un politico dell’Udc, l’europarlamentare Antonello Antinori, indagato per voto di scambio. Mercoledì i due parlamentari palermitani si sono sfidati alla camera, non lesinando insulti.
Mentre i due duellano, Rosi sta a casa, allo Zen, dove «avevo paura di far stare la mia piccola in giardino – scrive Pennino, che ha una figlia di 11 anni -. Controllavo continuamente porte e finestre e guardavo le auto che rallentavano con il cuore in gola». La moglie di Faraone anticipa che querelerà Nuti. «Sono figlia dello Zen e di un padre operaio con quattro figli e non intendo neppure discutere su quanto Nuti asserisce. Non appartengo al popolo che crede che la democrazia vada delegata a un tweet o a internet». Non le basta che Nuti abbia oscurato il link: «Le sue scuse sono un gesto morale. Forse sarebbe il primo atto istituzionale che compierebbe da uomo delle istituzioni».
Faraone è finito nella black list grillina perché il 10 marzo 2008, scrivono i grillini, «si accomoda nel salotto di Agostino Pizzuto», esponente della famiglia mafiosa di San Lorenzo-Resuttana. «E si parla di voti». A quel tempo tutti i partecipanti all’incontro erano incensurati, ma i carabinieri avevano piazzato le cimici nell’appartamento e poi nell’auto di Pizzuto, un giardiniere del comune che utilizzava la Villa Malfitano, dove lavorava, per nascondere le armi della cosca. In auto Pizzuto parla con un certo Antonino Caruso, anche lui indagato. La conversazione è stata pubblicata dal M5S: «Allora hanno chiesto qualche cortesia… qualche cosa si matura… noi altri abbiamo fatto la campagna elettorale per Faraone… Faraone ci dice… non ce l’abbiamo fatta, mi è dispiaciuto, mi devo ricandidare al comune». Le intercettazioni finiscono in un’informativa dei carabinieri depositata al processo contro l’allora deputato regionale Antinoro. Quando le carte sono rese pubbliche, Faraone parla di una «campagna di fango».
Domenica scorsa il rottamatore siciliano ha occupato un seggio delle primarie a Enna, allestito nella segreteria dell’ex senatore Vladimiro Crisafulli (area Cuperlo), da tempo nel mirino del renziano per via delle sue passate frequentazioni con un mafioso dell’Ennese. Faraone e Crisafulli si guardano in cagnesco da anni, ma adesso il responsabile Welfare nella segreteria di Renzi trova la solidarietà del suo nemico: «Sono con Davide – dice Crisafulli -. So bene come ci si sente quando si finisce al centro di un linciaggio mediatico».
La vicenda finirà in tribunale. Nuti, accusato da Faraone di coprirsi con l’immunità parlamentare, ha detto che vi rinuncerà e rilancia, invitando il collega del Pd a lasciare la commissione Antimafia.