Se ne è andata a 81 anni una delle grandi icone della moda britannica; in ambito musicale il ruolo di Vivienne Westwood è stato cruciale, senza il suo estro eversivo, il punk inglese di fine anni Settanta non avrebbe mai avuto i suoi abiti, la sua iconografia; insieme al suo compagno Malcolm McLaren, storico manager dei Sex Pistols, Westwood ha innervato e animato Sex, il mitico negozio londinese al 430 di King’s Road in cui è praticamente nato il punk inglese. Zeppo di abiti che ammiccavano anche ai mondi del bondage e del fetish, lì si coagula l’universo che porterà alla nascita dei Sex Pistols, lì Glen Matlock, bassista originario (e impiegato di Sex nel weekend), aiuta materialmente a posizionare la storica, ampia insegna (con imbottitura in gommapiuma) del negozio, lì Johnny Rotten fa il suo provino vocale, lì ha lavorato Chrissie Hynde, lì la storica commessa era Jordan; gli abiti di Westwood non erano economici, anzi, ma non contava acquistarli, piuttosto erano lo stampo, l’esempio ideale da cui assorbire idee e scatenare il fai-da-te più frenetico; lei bucava i maglioni e se li faceva pagare, beh, a casa c’era sempre un vecchio maglione da sbucacchiare e fare lo stesso. Tanto è stato travolgente l’impatto delle sue creazioni (condivise idealmente oltre che con Malcolm anche con Jamie Reid, il celebre grafico dei Sex Pistols) che è impossibile, ad esempio, disgiungere la potenza di un brano come Pretty Vacant dalla maglia a maniche lunghe bianca – disegnata dalla stilista – con sopra la scritta «destroy» che Johnny Rotten indossa durante l’esecuzione di quel pezzo; avviene nel video ufficiale di quella canzone, terzo singolo dei Sex Pistols, acquistato dalla Bbc e trasmesso il 21 luglio 1977 nello storico programma Top Of The Pops; tanto faceva paura il quartetto (con Sid Vicious al basso, stavolta) che la tv pubblica britannica preferì chiedere le immagini alla Virgin anziché riprendere la band sul palco nello studio di Londra come avveniva con tutti gli altri artisti (i Sex Pistols, peraltro, quella sera erano in concerto a Trondheim in Norvegia); nel video di Pretty Vacant Rotten si contorce davanti al microfono, capelli arancioni esplosi, occhialini neri e appunto maniche lunghe lunghe; quel video fu una scintilla, quella maglia pure; perché gli abiti di Vivienne erano l’equivalente su stoffa di quello che il punk sprigionava attraverso dischi e live vari. Poi alla fine del 1980 verrà inaugurato Worlds End, altra storica boutique del grande impero di Vivienne Westwood, sorta dalle ceneri di Seditionaries, come era stato ribattezzato Sex (1974), a sua volta anticipato da Let It Rock (1971) e Too Fast To Live, Too Young To Die (1972), altre due note avventure commerciali legate a Malcolm e Vivienne. Nell’81 un altro momento cruciale per la musica popolare; i due danno vita a Pirate, prima sfilata in passerella per Westwood con abiti ispirati all’immaginario di banditi e bucanieri: in quel momento anche lo stile new romantic trova la stilista di riferimento. Ma Worlds End, la cui apertura coincide anche con le tensioni con Malcolm (si separeranno nell’83), è già un’altra storia e segna il progressivo ingresso della stilista nel gotha della moda, in mezzo pezzi di vita varia e variegata che tengono dentro anche campagne contro il nucleare, contro il cambiamento climatico, per i diritti civili, tutti ambiti che per Westwood sono stati determinanti e in cui si è a lungo coinvolta. Di lei restano creazioni che nel tempo hanno spesso guardato ai segnali che arrivavano dalle varie subculture pop e rock, metabolizzati, indirizzati, mutati, fatti deragliare verso altri mondi ma pur sempre tenuti a mente; frutto di una signora – come ha scritto Glen Matlock sul suo Instagram – «unica, con un carattere forte, determinata, di talento».