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Go Go, il Sound della Capitale

Go Go, il Sound della CapitaleUna manifestazione pro Go Go Sound a Washington

Groove/Per gli abitanti di Washington il genere rappresenta l’anima profonda della città Usa Una miscela di funk, soul, blues e latin nata negli anni Settanta e lanciata da artisti come Chuck Brown

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 7 marzo 2020

Nel quartiere Shaw di Washington, Donald Campbell dal 1995 aveva incominciato a sparare dalle casse del suo negozio, all’angolo tra la 7a e Florida Street, una selezione del miglior Go Go ed era uno dei pochi posti in cui si potesse ancora sentire il mitico sound nato negli anni Settanta, proprio in questa città. Ma, ad aprile 2019, un inquilino di un condominio di lusso delle vicinanze, aveva minacciato di fargli causa se non avesse spento la musica.
Campbell ha allora lanciato una richiesta d’aiuto, rivolgendosi ai media, agli studenti, ai social, per impedire che l’ultimo avamposto del Go Go fosse zittito. Oltre 80mila persone hanno risposto, firmando petizioni e protestando vivacemente con il motto «Don’t mute DC», non zittite la musica di Washington.
Che sottintende anche un «non lasciamo che la gentrificazione divori gli ultimi scampoli veraci di una città sempre più omologata». Una protesta che tiene conto di alcuni dati drammatici che testimoniano che più di 20mila abitanti neri siano stati cacciati dalle loro case tra il 2000 e il 2013. Mentre nel frattempo molte scuole hanno eliminato l’educazione musicale dai loro programmi, la polizia ha intensificato in maniera ossessiva i controlli nei locali (neri) in cui si suonava Go Go Music, reprimendo sempre di più coloro che servivano alcolici o avevano orari che si spingevano troppo in là nella notte.
BATTAGLIA VINTA
Per fortuna Campbell alla fine ha vinto, il suo locale può continuare a suonare la musica come gli pare. Ma non basta. Il 5 giugno 2019 la Go Go Music è stata dichiarata la «musica ufficiale» del distretto di Washington DC. Nella motivazione risalta il passo che «codifica in legge che il Go Go non verrà mai messo a tacere nel Distretto di Columbia».
Come a New Orleans la musica che ha reso famosa la città è diventata una componente dell’attrazione turistica, allo stesso modo a Washington si cerca di concedere il dovuto spessore culturale all’unicità di un sound che è ed è stato catalizzatore di un’identità ben precisa e definita. Sia d’esempio la mobilitazione da parte di musicisti e fan del Go Go Sound che nello scorso maggio con una serie di concerti e manifestazioni hanno scongiurato che venisse chiuso un ospedale che serviva una zona particolarmente problematica e depressa della città. Il loro gesto ha indotto le autorità a rifinanziare l’attività ormai in bancarotta ma essenziale per la popolazione del luogo.
Un movimento, nato per tutelare un’ eredità musicale, si è trasformato in un’azione che implica e coinvolge la riappropriazione di spazi sociali, luoghi, identità culturale.
«Per molti abitanti di Washington, la musica Go Go è diventata molto più di un semplice genere musicale. È il tessuto stesso dell’espressione culturale e artistica della città. In ogni battito della conga o groove del tamburo, viene raccontata la storia del Distretto di Columbia» ha dichiarato un membro del consiglio comunale di Washington. Un genere nato negli anni Settanta grazie al chitarrista e cantante Chuck Brown che creò una miscela unica di funk, soul, blues e una sapiente dose di musica latina che apportava un corposo retaggio di ritmicità particolarmente sincopata a base di percussioni, conga e uno spirito profondamente afro. E che si è sempre caratterizzato per una forte e continua interazione con il pubblico ai concerti. Chris Blackwell, lungimirante boss della Island Records, che diffuse, tra le altre cose, in tutto il mondo il reggae, intuendone il grande potenziale trasversale, si accorse del Go Go Sound agli inizi degli anni Ottanta. Seguendo l’esempio del film The Harder They Come con Jimmy Cliff che, agli inizi degli anni Settanta, aveva portato sullo schermo la scena reggae giamaicana, pensò di farne un corrispettivo ambientato nei club di Washington. Purtroppo ai tempi assai pericolosi e sconsigliati per un bianco. L’incarico fu così dato a Don Letts, dj e videomaker, di origine giamaicana, stretto collaboratore dei Clash. Il risultato, Good to Go (reperibile su Youtube con il titolo Short Fuse) con Art Garfunkel nei panni di un giornalista corrotto fu di modesta caratura, confusionario e poco fedele allo spirito della scena Go Go. Lo stesso Don Letts constatò che il Go Go era materia troppo particolare e «scottante» per poter essere degnamente rappresentata in una fiction. Ciò nonostante la pellicola lanciò nomi come lo stesso Chuck Brown, Trouble Funk, Rare Essence, Black Heat, Experience Unlimited (questi ultimi ottennero un grande successo con Da Butt, chiamati da Spike Lee a comporre la colonna sonora del suo School Daze/Aule turbolente del 1988) che per la prima volta uscirono dallo stretto circuito di Washington. Aspetto che non ha mai preoccupato le band che, anzi, paradossalmente, hanno sempre volutamente preservato il loro circuito da ingerenze esterne, cercando di mantenerlo prerogativa della città. Sia per una questione di identità che per il giro economico che continua a generare e che, in questo modo, rimane a Washington ad appannaggio di band e dj. Lo ha ben descritto il regista Bruce Brown, personaggio di spicco della scena: «Se il Go Go diventasse un fenomeno a livello nazionale un sacco di gente qui perderebbe il suo lavoro».
ESSENZA LIVE
Big Tony, factotum dei Trouble Funk (e collaboratore di personaggi come Bootsy Collins e Kurtis Blow) ha messo un altro accento sul tipo di approccio musicale di questo sound: «È un tipo di suono molto intimo in cui tutti fanno parte di ciò che sta succedendo. Il modo migliore per viverlo è dal vivo. Non puoi davvero catturare la vera essenza della musica Go Go in un disco. Difficile trasportarlo in un disco senza annacquarlo, ed è uno dei motivi per cui il Go Go non è mai diventato mainstream».
Ma i semi si sono sparsi lentamente ma inesorabilmente. Soprattutto nel rap e hip hop presso nomi come Kurtis Blow, DJ Kool, KRS One ma anche in quella frangia dell’alternative rock che arrivava da varie espressioni del punk. A cominciare dai Beastie Boys che dall’hardcore approdarono al rap, aprendo anche per i Trouble Funk, con cui si aprì una polemica diatriba a causa del presunto mancato riconoscimento del trio newyorkese della fonte di ispirazione, bene evidente in molti loro brani (in particolare nell’album Paul’s Boutique). Anche nomi come Red Hot Chili Peppers, gli Scream del giovane Dave Grohl e addirittura gli eroi dell’hardcore punk più estremo, i Minor Threat di Ian McKaye, futuro Fugazi, furono a fianco dei Trouble Funk. Nel tempo i successi sono diminuiti, la scena si è sempre più ritirata nei propri club, subendo spesso forti repressioni da parte delle autorità, anche a causa della diffusione di droga e di episodi di violenza in molte serate.
Ma rimane un prezioso scrigno di distinzione culturale che finalmente sta trovando il giusto riconoscimento. «Go Go è stato il suono supremo dei ribelli tribali neri a Washington, sede della Casa Bianca e capitale degli States. La gente ha cercato di demonizzare l’intera scena dicendo che si trattava di droghe, ma in realtà era solo una piccola parte di essa… La linea di fondo è: non conosci la storia completa della musica nera contemporanea se non conosci il Go Go» (Don Letts)
FUORI I DISCHI
La compilation Go Go Crankin del 1985 contiene alcuni dei nomi più interessanti e influenti. Indispensabile una raccolta del meglio dell’iniziatore del tutto, Chuck Brown mentre è eccellente il live Go Go Swing in cui rilegge classici del jazz in versione Go Go. Consigliato anche Salt of the Earth del 1974 da cui molti rapper hanno campionato vari groove per i loro brani. Straight up Funk Go Go Style è un irresistibile album dal vivo dei Trouble Funk.

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