ALTERNATIVE ITALIA
Socialismo
synth pop

«Questo disco è affiliato al movimento socialista synth pop». La definizione che ci ha colpito, al di là del suo significato vago, o forse proprio per quello. E allora abbiamo approcciato l’ascolto di How to F*ck Everything di Lacinskij, al secolo Giuseppe Schillaci, uscito per Doremillaro Recs, con curiosità. E ci è piaciuto anche il contenuto, un disco che ha le sue radici nella wave anni Ottanta e nei Radiohead, nel post rock dei Mogwai, nello shoegaze e nella ambient, con voci campionate di, tra gli altri, Noam Chomsky e Enrico Berlinguer. Dalla Sicilia a Bergamo con Thomas Greenwood and The Talismans che pubblicano Ateş (Subsound), un lavoro che si rifà alla psichedelia pop mista al surf West Coast degli anni Sessanta, il che ce lo rende gradito. Chiudiamo con Diaspora (PNR) il nuovo lavoro del sardo Udde. Anche qua l’anima psichedelica si sente ma è decisamente più oscura e dettata da elementi elettronici, il tutto contaminato da influenze varie che vanno da Robert Wyatt a Syd Barrett. Non tutto è riuscito ma ha un suo interesse. (Roberto Peciola)

SPERIMENTALE
Creazioni
da imitare

Imitare, quando è occasione per creare, può entusiasmare. Se questo accade sperimentando c’è da divertirsi. È il caso di Natura Mimesis (Sonoscopia) firmato da Gustavo Costa, Clara Saleiro, João Dias & Biliana Voutchkova. Dietro al portoghese Costa, già leader del movimento che ha generato l’etichetta, compagne e compagni di viaggio forniscono la gamma necessaria per completare due lunghe suite dove l’adesione all’idea di ispirarsi ai suoni della natura prende corpo. Il mood è riflessivo e caleidoscopico al tempo stesso. Suonate Displacement and Crawling Wounds. Proseguiamo con p.o.p. (psychology of perception), quartetto che con la label giapponese Zappak pubblica Alien Stewardess. Due dischi per oltre centocinque minuti di ricerca ossessiva e oscura di viaggi sonori in bilico sulla psicodinamica. Per voi Intangible Vibrations. Aphotic III-Bathyal (Room40) del quartetto condotto da Ulrich Krieger, ispeziona i suoni delle profondità oceaniche, al meglio in Bathyal (Delay). (Gianluca Diana)

JAZZ
Rimbalzando
sulle corde

Grandi corde sotto mani veterane, che hanno visto avvicendarsi almeno un settantennio di svolte stilistiche e ricerca nel jazz, corde più sottili a dialogare in un continuo gioco di rimbalzi. Le corde veterane sono quelle dell’immenso Ron Carter, a incidere a New York il prezioso Bitter Head (Nuccia Records) con Daniele Cordisco, chitarrista italiano dall’attacco perentorio e fraseggio di lucida architettura, Jeb Patton al piano e Luca Santaniello alla batteria. Molti i classici, con menzione speciale per la versione splendida di Autumn in New York. Altre corde nordamericane? Quelle fiammeggianti di Eddie Beho da Sarajevo, ma in pianta stabile negli States, ad Atlanta: in Secret Stash (Alfa Music) propone una miscela dirompente in cui si ritrovano spunti fusion, jazz rock, blues e molto altro, con un tiro ragguardevole. Presenza e tiro non mancano certo a Nicola Di Tommaso, scafato chitarrista molisano che in Learn Something New (Filibusta) propone un trio elettrico con inserti di elettronica assai interessante: a partire dalla Iron Man del mai troppo ricordato Eric Dolphy. (Guido Festinese)

JAZZ/2
Una perfetta
visibilità

Le quote rosa nel sound afroamericano stanno raggiungendo una perfetta visibilità, non disgiunta dal plusvalore oggettivo della creatività artistica, come è fruibile ad esempio da Alliance (Shifting Paradigm), dell’omonimo quartetto capitanato dalle statunitensi Sharel Cassidy (flauto e sax) e Colleen Clark (batteria) con Hannah Meyer e Carmani Edwards ad alternare originali e standard poco battuti, in un tripudio di new hard bop ad alta intensità emotiva. Altro quartetto americano in Auteur (Fully Altered) di Amanda Gardier: la leader (sax alto) trova ispirazione, come avverte il sottotitolo, dai film di Wes Anderson: e le atmosfere delle insolite surreali commedie del regista texano vengono «visualizzate» da suoni altrettanto bizzarri, spesso vicini al free jazz. Infine Caribe, speculare a Bahía (entrambi King Music) della violoncellista cubana Ana Carla Maza presenta un sound tipicamente latino, dove i 13 brani sembrano un abbraccio passionale al Centro e Sud America, fondendo cumbia e bossa nova, passionali tanghi argentini e vivaci rumbe antillesi. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

FOLK ITALIA
Il tempo
rubato

ALFIO ANTICO
RICOTTA SALATA (Onyx Club)

***** «Quando il tempo non era tempo, e allo stesso tempo era tempo. Ora non riusciamo a goderci il tempo. Forse non c’è tempo. O forse ci hanno rubato il tempo»: in siciliano stretto la voce atavica e possente di Alfio Antico, sostenuta dall’effervescenza ritmica delle sue tammorre, da sax, flauti e clarinetti di Raffaele Brancati, dalla chitarra di Paolo Sorge, dal basso di Amedeo Ronga pronuncia queste parole. Inizio di un viaggio entusiasmante, inciso nel Chiostro dell’Abbazia di San Michele Arcangelo, per il Festival Gezziamoci. Un capolavoro. (guido festinese)

 

DRONE METAL
Questione
irrisolta

BIG|BRAVE
A CHAOS OF FLOWERS (Thrill Jockey)

**** Una delle questioni in fatto di musica è se un gruppo o un artista faccia bene a perseverare con un sound distintivo, a costo di ripetersi, oppure sia meglio dopo un po’ cercare nuove vie, nuovi stimoli, a costo di snaturarsi e perdere incisività e, perché no, seguaci. Per i canadesi Big|Brave il problema non sembra porsi, perché giunti alla settima fatica proseguono sulla strada che li ha fatti conoscere agli amanti delle sonorità drone metal e sperimentale. A Chaos of Flowers infatti non regala novità ma si fa ancora una volta apprezzare. E la questione di cui sopra resta senza una soluzione definitiva. (roberto peciola)

 

ALT ROCK
Imprevedibità
ininterrotta

MELVINS
TARANTULA HEART (Ipecac)

**** Un pulsare incessante dovuto al raddoppio pressoché totale delle parti di batteria in tutto il disco balza subito all’attenzione. Essendo tutto fuorché prevedibili, i nostri hanno incluso una gamma espressiva decisamente larga nei cinque brani che compongono l’album. Metal, stoner, psych, math rock e noise si intrecciano e si sciolgono l’un nell’altro ripetutamente e più volte nello stesso brano. Consigliamo di ascoltare a volume alto le tracce Allergic to Food e Smiler. Di un altro pianeta la debordante suite Pain Equals Funny. (gianluca diana)

 

WORLD MUSIC
Nel pacifico
mare dei sufi

TITO RINESI & ENSEMBLE DARGAH
ILAHI (La Levantina)

**** Ci sono nomi preziosi, nella scena italiana, perché hanno sedimentato nei decenni un tesoro di musicalità che può declinarsi negli ambiti più diversi. Rinesi, formatosi negli anni del prog rock (un nome per tutti: i magnifici Saint Just) s’è via via avvicinato con studi rigorosi alle note indiane e mediorientali, con una panoplia di strumenti e con la voce educata. Questo è il suo progetto dedicato alla sontuosa musica sufi devozionale dei maestri: bello perdersi in questo mare assolato e pacifico di modalità, in questi tempi amari. (guido festinese)

 

ELECTRO
Risveglio
trip hop

TUSKS
GOLD (One Little Independent/Bertus)

**** È un lavoro intenso e toccante Gold, terzo album per Emily Underhill, in arte Tusks. Le atmosfere sognanti date dalle armonie vocali dell’artista londinese hanno il loro climax nel brano che apre l’album, Wake, ma il resto del disco non è certo da meno. Con i sintetizzatori a fare da catalizzatori sonori per tutti i brani, l’accompagnamento ritmico di basso e batteria ci riporta al buon vecchio trip hop mentre inserti di pianoforte ben dosati offrono un colore acustico che mitiga i suoni sintetici regalando un tocco di dolcezza ulteriore. (roberto peciola)

 

FRANK CARLBERG
ELEGY FOR THELONIOUS (Sunnyside)
**** Finlandese di nascita ma americano da circa trent’anni, dopo gli album su Thelonious Monk con svariati organici il pianista conduce ora un large ensemble ispirato alla «filosofia» e all’estetica del grande bopper: sette brani trattati fra mainstream e avanguardia persino al loro interno, dove l’eredità monkiana è perpetuata a livello di una scrittura tra stabili arrangiamenti e calcolate improvvisazioni. (guido michelone)

JOE HISAISHI
A SYMPHONIC CELEBRATION (Deutsche Grammophon)
***** Finalmente anche in Europa ci si è resi conto del grande valore del compositore giapponese Joe Hisaishi tanto che l’etichetta classica per eccellenza, la Deutsche Grammophon, ne pubblica un disco con una selezione delle sue opere per Hayao Miyazaki. Egli stesso, gran maestro di sintesi fra amore e passione, a capo della Royal Philarmonic Orchestra ci trasporta nel suo incantamento poetico. (marco ranaldi)

STACEY KENT
LET YOURSELF GO (Candid)
**** La jazzsinger statunitense da tempo attiva a Londra (e Parigi) offre un omaggio alle canzoni autoriali danzate dal maggior ballerino nel classico musical hollywoodiano: Fred Astaire. A fine carriera l’artista si cimenta pure nel canto jazz cosa da lei recepita e rielaborata. Swingante e bravissima, come sempre, ripropone grandi standard come la title-track, ‘S Wonderful, A Fine Romance, Shall We Dance? e altri dieci brani conosciutissimi. (guido michelone)

MINA
NAPOLI SECONDO ESTRATTO/SULLA TUA BOCCA LO DIRÒ (Pdu)
*** In casa Pdu tiene banco il rilancio – attraverso ristampe e rimasterizzazioni ad hoc su vinile e cd in edizione limitata – del repertorio mazziniano dagli anni Duemila in poi. (Ri)escono, quasi in simultanea, Napoli secondo estratto (2003) e Sulla tua bocca lo dirò (2009), entrambi con arrangiamenti curati dal compianto Gianni Ferrio. E se nel primo Mina rilegge il repertorio classico partenopeo in chiave «seriosa» rispetto al primo tributo più jazz oriented del 1996 (Napoli), il secondo disco la vede alle prese con standard e arie d’opera. Da Gershwin a Puccini passando per Albinoni e uno straordinario tango (Oblivion) di Astor Piazzolla. (stefano crippa)

ANDREA SATTA
NIENTE DI NUOVO TRANNE TE (Santeria/Audioglobe)
**** Che bella sorpresa, da Andrea Satta, cardine portante dei Têtes de Bois. Che ci sono anche qui, in un brano, ma ci sono anche Daniele Silvestri, Giovanni Truppi, Paolo Benvegnù: a festeggiare e sostenere il primo lavoro solistico di Andrea. Che inanella legittime malinconie agrodolci di vita, che non è lustrini da social, e un occhio da falco tra incanto e disincanto, su cosa siamo oggi, nelle nostre esistenze strette. (guido festinese)

TOADLIQUOR
BACK IN HOLE (Southern Lord)
*** Torna la formazione di Arroyo Grande, California. Non si discostano un centimetro dal doom per cui sono noti. Nonostante siano trascorse decadi dall’ultima registrazione in studio, i nostri sono rimasti adesi al sound con il quale si sono fatti conoscere. Atmosfere epiche e ansiogene, chitarre tiratissime e voce strappata e sanguinolenta. Da ricordare In Gold, Basement e la lunga cavalcata di Entry Level Position. (gianluca diana)