JAZZ ITALIA
Un’eleganza
compositiva

Eleganza raffinata in sede compositiva, fluidità di tocco su uno strumento tutt’altro che inflazionato come il basso elettrico a sette corde: tutto questo in Worlds Beyond (Gleam Records) dal compositore e bassista pugliese Antonello Losacco. Al suo strumento si aggiungono il vibrafono di Vitantonio Gasparro e la batteria di Vito Tenzone, ma la tavolozza timbrica si allarga con gli interventi sontuosi del sax soprano del mentore Roberto Ottaviano e della voce di Badrya Razem. Sottolinea Ottaviano che questo suono abita una regione delle note tra suggestioni alla Oregon ed echi dell’art rock jazzato di Canterbury. A proposito di (belle) voci: per Emme esce Seta, di Valentina Ranalli, che avevamo lasciato alle prese con brani di Pieranunzi. Qui la vocalist, transitata dalla lirica alla flessuosità afroamericana, è anche autrice delle notevoli composizioni del disco in quartetto, e suoi anche i testi intensi, in italiano e in inglese. Un esordio da tenere d’occhio: Extra Sauce Ensemble in Extravaganza (Emme), ottetto elettrico molto funk e assai attento a cercare – e trovare – il giusto «groove». (Guido Festinese)

PSYCH ROCK
Sostanze
sonore

Molti anni fa era uso quasi comune tra i giovani un bel trip psicotico, grazie a sostanze allora ancora più o meno legali, accompagnati da una musica onirica e sognante, suonata da musicisti spesso «in acido». Lunghe elucubrazioni che partivano da un riff e giravano su questo per quello che sembrava un tempo infinito. Tali circostanze le ritroviamo oggi in vari gruppi, specie al di là dell’oceano, come ad esempio i poco noti The Band Whose Name Is a Symbol, che sono in giro da almeno tre lustri e hanno appena pubblicato il nuovo Verdun (Cardinal Fuzz), che consta di tre soli brani per un totale di circa 46 minuti. Heavy psych e kraut rock all’ennesima potenza. Quattro le tracce invece per i britannici Psychic Lemon di The Unheimlich Kingdom (Dron Rock), al quarto album in carriera. Qui il suono è più saturo e scuro ma resta il tratto distintivo di una ripetitività della linea armonica e melodica che ci riporta di nuovo verso il kraut. È in arrivo il terzo album per gli svedesi Maida Vale, Sun Dog (Silver Dagger). Si parla di psych pop di ispirazione Sixties, brevi brani dai ritmi sostenuti che fanno pensare ai Jefferson Airplane. (Roberto Peciola)

RINASCIMENTALE
Se Roma chiama,
Venezia risponde

Prato, Roma e Venezia: tre città fra Rinascimento e Barocco, musicalmente discorrendo, immortalate da altrettanti cd, a cominciare dal Secondo libro di musica sacra (Tactus) del sacerdote pratese Biagio Pesciolini (1535-1611) che nel 1605 crea a Venezia 12 brani di cori via via a 10, 8, 6, 5 voci più una Missa Decantabat; l’esecuzione da parte di Tuscae Voces-La Pifarescha sotto la direzione di Elia Orlando evidenzia un compositore attento e ricettivo rispetto ai diversi orientamenti dei maggiori centri musicali d’Italia, come Roma, dove nel 1996 viene stampato il Concerto madrigalesco a tre voci diverse di Ercole Bernabei (1622-1687) da Caprarola (Viterbo), qui registrato integralmente per la prima volta; grazie al collettivo Faenza guidato da Marco Horvat. Infine Nuit à Venise (Alpha-Classics) presenta nove compositori, tra cui il più noto Claudio Monteverdi (1567-1663), a rappresentare le grandi feste notturne della Serenissima sul sagrato di San Marco: impeccabili le performance dell’Ensemble Les Surprises con il celebre organista Louis-Noël Bestion de Camboulas. (Guido Michelone)

BLUES
Indispensabile
groove

Senza groove non è possibile fare certi discorsi. Si fanno valere splendidamente Night Time Boogie (Blue Crawfish Record), ossia il chitarrista italiano Luca Giordano e il cantante e armonicista spagnolo Victor Puertas. Accompagnati dai brasiliani Netto Rockfeller Trio, licenziano undici brani micidiali. Con composizioni di Giordano aggiunte a una manciata di tradizionali, i nostri veleggiano alla perfezione tra shuffle e boogie. L’alternanza tra i due leader è perfetta come si evince da Offline, West Armitage Shuffle e She Was a Dreamer. Eccellente è la traccia che dona il nome al disco e alla band. Non sono più i vecchi leoni di una volta ma hanno ancora stile i Canned Heat: sì, proprio loro! Annunciato come ultimo capitolo della carriera ecco Finyl Vinyl: oltre a rammentare come ospite Joe Bonamassa, segnaliamo le iconografiche One Last Boogie e Blind Owl, doppio epitaffio sulla loro storia. Finiamo con la street band di New Orleans The Dirty Rotten Vipers in Tip the Band. Un ep allegro e scanzonato al top con The Stuff Is Here. (Gianluca Diana)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

ELECTRO
Lezioni
londinesi

MARIA CHIARA ARGIRÒ
CLOSER (Innovative Leisure)

**** Ci occupiamo di questa eccellenza musicale italiana all’estero per la terza volta, e per la terza volta la romana-londinese Maria Chiara Argirò ci regala qualcosa di diverso. Se con Flow la lezione jazz appresa nei suoi studi era ben presente e con Forest City si apriva a sonorità indie e elettroniche à la Radiohead, con Closer fa un ulteriore salto. Chill out, glitch e tanta elettronica minimale sono le basi su cui poggia il disco che in un paio di episodi «omaggia» ancora Thom York e soci, o il jazz – vedi l’incipit di Floating -, mentre l’affascinante tromba in Koala ci riporta al miglior David Sylvian. (roberto peciola)

 

JAZZ ITALIA/2
Tra scrittura
e improvvisazione

ANDREA CENTAZZO
INDIAN SUMMER (Ictus Records)

**** A volte i sogni si realizzano, perché sono alla portata della volontà. Andrea Centazzo ha entrambi i doni, il sogno e una determinazione non comuni. Così è successo con questa splendida seduta, che documenta una decade di fruttuose collaborazioni con Francesca Gemma al piano e Sergio Armaroli al vibrafono, cui si aggiunge la strepitosa palette timbrica-ritmica di Carlo Actis Dato (in stato di grazia), Franco Feruglio, Lucia Clonfero e Antonio Merici. Archi, ance, percussioni: aspettatevi concentrate sorprese, tra scrittura e improvvisazione. (guido festinese)

 

 

INDIE ROCK
Gossip
addio

THE LIBERTINES
ALL QUIET ON THE EASTERN ESPLANADE (Casablanca/Republic Records)

***** Lasciato finalmente alle spalle il gossip sulle loro vite eccessive, Pete Doherty, Carl Barat e soci dimostrano di essere ancora un soggetto artisticamente più che valido e in grado di scrivere canzoni di altissimo livello. Il nuovo album è vitale, spontaneo, vivace, riflessivo. Ci sono brani di sapore punk, altri indulgono in atmosfere blues, le ballate semi acustiche sono malinconiche e struggenti, Merry Old England è un capolavoro, un incrocio tra Paul Weller, Joe Strummer, Kinks e Billy Bragg. Eccellente. (antonio bacciocchi)

 

GRUNGE
Spinti
al limite

PEARL JAM
DARK MATTER (Monkeywrench/UMG)

**** Volenti o nolenti, un loro disco è comunque un evento che scuote pubblico e critica musicale. Undici brani in questo lavoro che vede i nostri in forma, a dispetto di qualsiasi polemica. L’apertura di Scared of Fear svolge il lavoro preparatorio all’arrivo di React, Respond. La quale assieme a Dark Matter è uno dei gioielli dell’album: non casualmente, quando la band si spinge al limite arrivano i risultati migliori. Lo testimonia la micidiale Running che rammenta Got Some e Spin the Black Circle. Discorso a parte meritano Wreckage, Waiting for Stevie e Setting Sun, incisioni di una bellezza disarmante. (gianluca diana)

 

JAZZ ROCK
Un bordo
tagliente

TRIFECTA
THE NEW NORMAL (Kscope/Audioglobe)

*** Steven Wilson sa scegliersi i musicisti: per inseguire l’idea di soundscape che ha di volta in volta in mente servono talenti speciali. Qui suonano Nick Beggs, Adam Holzman, Craig Blundell più qualche ospite del medesimo giro: ad esempio Theo Travis, ma non aspettatevi citazionismo prog. Il bordo tagliente è fusion jazz rock con ricordi di Brand X, Elektric Band, certa Mahavishnu, Allan Holdsworth, con retrogusto assai british e molta sicurezza di sé. Chi ama il genere avrà di che esultare, chi no si astenga per contenuto volutamente ipercalorico. (guido festinese)

 

BILLIONS OF COMRADES
TROTOP (Rockerill Records)
**** I Billions of Comrades confermano quanto pensiamo da tempo. Ossia che dopo le isole britanniche il rock alternativo in Europa è rappresentato al meglio dalle formazioni belghe. Ascoltate questo nuovo album della band di Tubize – località a circa 25 km da Bruxelles -, per convenire con il nostro pensiero, se non ve ne siete già accorti. Un mix di alt rock, dance punk e follie varie (il cantato è in varie lingue, compreso l’italiano) colmo di sana adrenalina. (roberto peciola)

ESTRA
GLI ANNI VENTI (Moonmusic)
*** «Il nero avvolge tutto, Il nero è dappertutto» così cantano gli Estra, band veneta che torna dopo venti anni di assenza discografica. Il loro nuovo album, nato grazie al crowdfunding, è dedicato al passato di un secolo fa che sembra ritornare, imponendo omologazione e fagocitando creatività e speranze. Il quartetto dimostra però che la resistenza culturale è possibile e ci riporta anche a un’altra stagione, quella, felice, del rock italiano indipendente anni Novanta. (guido mariani)

LILAC DREAM DUO
SEARCHING FOR NOTHING (Emme)
**** Come dice Pietro Leveratto nelle note, il duo voce-pianoforte è più raro di quanto si potrebbe pensare, nell’immenso corpus della storia del jazz. Eppure la struttura dialogica, a sostegno l’uno dell’altro, è fonte primigenia, per le note blu. Qui il pianoforte di Martino Corso, sobrio e scintillate assieme, e la voce matura di Silvia Remaggi intessono un dialogo fascinoso, compiuto, che ha supportato anche la graphic novel Mingus, e con un bel tributo a William Parker. (guido festinese)

MANOFRESCA
AND THEN (Back Office Records)
**** A tirar le fila del progetto è Nicola Tescari, la cui biografia tra mondo cinematografico, collaborazioni illustri e nomination ai Grammy meriterebbe un capitolo a parte. Fondamentale invece parlare di queste diciassette incisioni che volano e si immergono tra pop, ambient, neo classica e tante altre atmosfere. La pletora di ospiti di qualità, tra cui si annovera anche Yánis Varoufákis, certo contribuisce alla riuscita. Ma quel che resta è che si tratta di tante belle canzoni. Punto. (gianluca diana)

MZYLKYPOP
THRENODIES AND AD HOCS (Discus)
*** Secondo riuscitissimo album per il progetto di Michael Somerset Ward, già con gli «storici» Clock DVA e songwriter per l’house politico Crooked Man. Qui la band conferma il proprio vertiginoso avant pop – più avant che pop – con ben 23 musicisti, tra cantanti e orchestrali, mescolando psichedelia Sixties, prog mutante, atmosfere bluesy, new thing afroamericana (soprattutto negli assolo), bizzarre citazioni di crime jazz vintage; la musica, come dice lo stesso Ward è qui uno spettro di colori assemblati, nel corso degli anni, dalle città industriali abbandonate. (guido michelone)

RUSTY BRASS
INCISIONI BARBARICHE (Autoproduzione)
**** Esordio discografico dei Rusty Brass, formazione forte di 3 trombe, 2 tromboni, bassotuba e basso elettrico, batteria e percussioni. Attenzione! Prendere nota perché qui ci troviamo di fronte a un disco che ha una carica, un’energia esplosiva. Sia quando i vari strumenti a fiati fraseggiano tra di loro che quando tutti insieme disegnano melodie da big band orchestra, tutto scorre come un fiume in piena. E con grande velocità e maestria passano attraverso generi (il jazz il primis, ma anche reggae, ska, punk). (viola de soto)

CECILIA SANCHIETTI
COLOURS (Parco della Musica)
**** Ormai quasi scandinava d’adozione, la batterista romana al quinto disco a proprio nome reitera artisticamente il cammino iniziato nel precedente Postcard from Gamla Stan (2021): ora un gruppo cosmopolita crea una sorta di koiné europea, sospesa tra post bop, fusion, world music, dove però improvvisazione, carica, e voglia di jazz restano essenziali. (guido michelone)