FOLK PROG
Un equilibrio
vertiginoso

Se ha ancora un senso la definizione «folk progressivo» (che poi sarebbe «progressista»: ma la cattiva traduzione del temine «progressive» ormai è dato di fatto), allora i calabresi Tintu di Rema (Alfa Music) sono tra i primi candidati al momento a potersene fregiare. Con un equilibrio attento e vertiginoso assieme nell’affrontare brani della «tradizione» e propri, ma dove ad ogni cambio d’accordo c’è da aspettarsi siparietti teatrali, invenzioni timbriche e strumentali, riferimenti alle più varie musiche (art rock in primis) che ri-articolano il concetto di folk. Parole che potrebbero valere anche per la grande pugliese Maria Mazzotta, tre lustri col Canzoniere Grecanico Salentino, ora voce e autrice a tutto campo supportata da percussioni, elettronica, chitarre e baritono. Il nuovo Onde (Zero Zero Nove) è un viaggio potente ed esaltante, ospiti Bombino e Volker Goetze. Tracce simili e «folk prog» in jazz? Le trovate in coda all’ottimo Terra di mezzo (Alfa Music) firmato dal chitarrista calabrese Fabrizio Scrivano, in due brani: Silafolk e Taranterra. (Guido Festinese)

ALTERNATIVE ITALIA
Nello spazio
di un sogno

Ci piace, con una certa regolarità, dare spazio a realtà nostrane che non si lasciano irretire dalla ricerca del facile appeal del «mainstream italico», e si lanciano senza paracadute in spazi poco frequentati. Come fanno i tre gruppi che andiamo a trattare qui, iniziando dai romani Modern Stars e dal loro Termination (Clostridium/Little Cloud/Sister 9 Recordings). Il trio dà alle stampe un disco cupo, psichedelico, lisergico, le cui radici vanno ricercate in nomi come Spacemen 3. Un supergruppo è quello nato dall’unione di quattro artisti provenienti da diverse realtà alternative del nostro paese, band come Zu, Zeus!, Fuzz Orchestra e Lento, e che prende il nome di Traum. L’album omonimo (Subsound) è un compendio di sonorità space con derive post rock, industrial e kraut, totalmente strumentale, che ci portano all’interno di un gran bel sogno (traum in tedesco). Chiudiamo con i pugliesi Couchgagzz e il loro esordio Gosports (Ciqala/Side 4), puro garage rock’n’roll che si rifà a quello di matrice australiana. Divertenti. (Roberto Peciola)

BLUES
Esperienze
consapevoli

Primavera ebbra di blues. Sempre tonico e allegro il cantante e armonicista John Clifton che con il suo stile West Coast fa divertire assai in Too Much To Pay (Flower Record). L’esperienza che può vantare si sente tutta in queste dieci incisioni, dove raggiunge l’equilibrio tra emotività, groove e consapevolezza. Cuori che lacrimano in It Wouldn’t Stop Raining, party time sanguigno e verace con Get Lost e Every Waking Hour, atmosfere da venerdì notte per chi la sa lunga in The Problem e Bad Trip. Bilancio decisamente positivo. Altrettanto si può dire per Play Loud & Smoke Often (Pilot Light Records) dei Cryin’ Out Loud, quintetto che arriva dalla costa opposta, Maine per esser precisi. Sax e armonica ad alternarsi per dar corpo a dieci brani saltellanti e solari. Al bancone in buona compagnia suonate You Can Dance to the Blues e Moonshine Lover. Menzione per la delicata Unconditionally. Da Buenos Aires i Gitanos con l’extended play La galerìa (Autoprodotto). Quasi totalmente acustici con stralci di psichedelia naturista, si fanno apprezzare con Rugen motores e Suelo. (Gianluca Diana)

JAZZ
La palestra
degli standard

Il disco di standard è sempre meno diffuso, anche se resta per tutti una palestra di vita e un momento per sperimentare il nuovo in una forte dialettica passato/presente. Lo intuisce l’altista Jim Snidero in For All We Know (Savant) che riprende brani perlopiù di ascendenza boppistica per ricavarne un sound contemporaneo, benché memore, grazie al contributo ritmico di Peter Washington e Joe Farnsworth del Sonny Rollins Trio di fine Fifties. E trio, anch’egli con due accompagnatori da modern mainstream (Buster Williams e Billy Hart), è al piano Noah Haidu in Standards II (Sunnyside) a riprendere il percorso dell’album precedente, interpretando sette evergreen di matrice swing alla luce delle riletture introdotte dal Keith Jarrett Standards Trio. Infine alla chitarra JeanFrançois Prins con Blue Note Mode (GAM) in quartetto rende omaggio all’etichetta che negli anni Cinquanta transita la black music verso l’hard bop, preferendo giostrarsi tra classici e original, ricreando un sound che forse solo il mitico Van Gelder Studio (dove Haidu è di casa) sa emanare. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

LIVE
Festa grande
per i krautrocker

CAN
LIVE IN PARIS 1973 (Mute/Self)

**** Da dove arrivavano i Can? Dal Saturno di Sun Ra? Domande simili sorgono spontanee quando si ascolta un cd doppio come questo, nella serie di «live» che, mezzo secolo dopo, documentano l’ipnotica energia propulsiva di una delle più grandi (e misconosciute) band di tutti i tempi. Qui è festa grande per i krautrocker, perché per la prima volta – data del 12 maggio 1973 all’Olympia per capirsi – si documenta la line up con Damo Suzuki, il vocalist giapponese che salmodiava, in improvvisazione totale, nenie oscure. (guido festinese)

 

ALT POP
Un crescendo
raffinato

JULIEN CHANG
HOME FOR THE MOMENT (Transgressive/Pias/Self)

***** Di lui avevamo parlato in occasione del secondo album, The Sale. Ora il cantautore di Baltimora riappare con un ep composto da quattro sole tracce che riempiono l’ascolto come un vero album per il livello compositivo. Se con The Sale avevamo detto di uno Sean Lennon meno sperimentale qui le cose prendono una piega più alt folk, à la Devendra Banhart, Sufjan Stevens e Bon Iver, per intenderci, ma con un gusto pop di raffinatissimo. Dalla prima traccia, che dà il titolo al disco, all’ultima, You Have the Word, un crescendo di piacere. Da ascoltare assolutamente. (roberto peciola)

 

JAZZ ITALIA
Interazioni
sonore

ADA MONTELLANICO
CANTO PROIBITO (Giotto Music)

**** La profonda riscrittura, attraverso il jazz contemporaneo, del cosiddetto barocco maturo, di nove arie (Scarlatti, Strozzi, Cavalli, Handel, Carissimi, Cesti, Caldara), ha quali protagonisti l’insolito gruppo pianoless con Vignato, Ferrazza, Baron, ma soprattutto la voce della leader e la tromba di Giovanni Falzone, anche nelle vesti di arrangiatore; si tratta forse per la prima volta di una vera interazione fra mondi sonori lontani, ma che, come per incanto, riescono qui a dialogare senza dimenticare le qualità dell’una (la melodia, l’afflato operistico) e dell’altro (lo swing, il groove). (guido michelone)

 

AMBIENT
Canone
inconsueto

SCANNER
THE PHENOL TAPES (Alltagsmusik)

**** La genialità di Robin Rimbaud continua ad espandersi. Quanto si ascolta è il risultato di un produttivo isolamento del 2017 durante una residenza artistica di sei settimane, andato in scena a Captiva Island, in Florida. In una capanna di pescatori, l’autore ha trascorso le mattine a scrivere musica e il pomeriggio a registrarla. Poca attrezzatura, molto talento, risultato da applausi. Undici passaggi in cui troviamo semplicità e creatività amalgamati alla perfezione: un raro esempio di ambient fuori dai consueti canoni, capace di sorprendere. (gianluca diana)

 

POP
Guizzo
multitasking

JUSTIN TIMBERLAKE
EVERYTHING I THOUGHT IT WAS (Rca/Sony)

*** È l’artista multitasking più titolato d’America: balla, recita e canta da dio. Da qualche tempo è più impegnato in quota Hollywood con apparizioni che hanno messo in risalto le sue doti attoriali, ma ora la musica (e la major con cui è sotto contratto…) lo reclamano con album e tour. Everything I Thought It Was non toglie e non aggiunge nulla alla discografia dell'(ex) enfant prodige e i diciotto pezzi (a dire il vero troppi…) sono cuciti addosso alla star. Disco gradevole con un unico momento realmente imprescindibile: l’up tempo Selfish. (stefano crippa)

 

NINFA GIANNUZZI E VALERIO DANIELE
AMARTÌA (Desuonatori)
**** Nel 2014 ci fu un primo lavoro, Àspro, a segnare il punto di partenza per un duo che lavorava sulla libertà delle corde varie e l’incontrovertibile forza poetica del «griko» cantato da Giannuzzi, che resiste come un fantasma che non vuole scomparire nel Salento dei misteri poetici. Adesso arriva Amartìa, libretto grafico curatissimo, ma solo un QR code per ascoltare musica (con ospiti) in bilico vertiginoso tra acustico, elettrico ed elettronico che ci parla del futuro. Che meraviglia. (guido festinese)

HERSELF
SPOKEN UNSAID (Urtovox)
**** L’attività del polistrumentista palermitano Gioele Valenti si divide tra varie creature musicali, JuJu e Herself in particolare, che da anni gli procurano ottime soddisfazioni tra Italia ed Europa. Il nuovo album come Herself si muove tra atmosfere inquietanti, sospese, malinconiche, urticanti, sottilmente psichedeliche, a tratti abrasive. Sparklehorse, Pavement, Mercury Rev tra le influenze principali. Creatività e personalità fanno il resto. (antonio bacciocchi)

KAISER CHIEFS
EASY EIGHT ALBUM (V2)
** I Kaiser Chiefs non ci hanno mai convinto appieno, ma, come sempre, ci siamo apprestati all’ascolto con fiducia. Fiducia mal riposta, perché il disco, che porta con sé un cambio di rotta, non ci ha lasciato nulla. Al classico indie pop rock con cui si sono fatti conoscere una ventina di anni fa, aggiungono ritmiche e sonorità funky, a metà tra Duran Duran (gli piacerebbe) e Franz Ferdinand. Sarà per la prossima… forse. (roberto peciola)

JESPER LINDELL
BEFORE THE SUN (Gamlestans)
*** A Ludvika si suona o death metal, vedasi gli Hypocrisy, o folk rock con inserti country. Qui tutti verso casa Lindell dove seguendo voce e chitarra del leader, inanellano belle storie che seppur già ascoltate sanno entusiasmare. Validissima è l’ampollosa title-track, amena e lucente Good Evening, sincopata e frivola è Howlin’. Quasi leggiadra è la dolcezza di Do Me In che chiude l’album. (gianluca diana)

MASUA
DISTRATTO & INSOLENTE (Autoproduzione)
*** Otto brani ad alto voltaggio per Masua. Pur non abbandonando la sua vena pop, che lo porta istintivamente a scrivere canzoni che sono a tutti gli effetti hit single, dopo un disco in cui dava spazio a tastiere in odore di synth pop, si butta a capofitto sul power pop, sferzato da un approccio molto punk. Il risultato sono riff sempre molto veloci, su cui si innestano testi che sono un’altalena tra emozioni positive e la consapevolezza che il mondo, non solo la musica, è un ring, con intorno fili spinati e guerre. (viola de soto)

SIMONA SEVERINI
FEDRA (Parco della Musica)
*** Quasi speculare a Canto proibito di Ada Montellanico, l’album risulta profondamente diverso, anzitutto nella scelta del repertorio, qui ispirato a Claudio Monteverdi e ai precedenti autori di mottetti, ma di improvviso allargato a Jannacci e Nick Drake. Anche la condivisione progettuale – i nomi di Richiedei, Corini, Alfonsi, Sigurtà in copertina assieme alla cantante – e la formazione strumentistica (con il prevalere degli archi) conducono un jazz da camera dagli echi cantautoriali, impostato su ritmi lenti da ballad onirica. (guido michelone)

VIENNA PHILARMONIC- CHRISTIAN THIELEMANN
NEW YEAR’S CONCERT 2024 (Sony Classical)
***** Mai come quest’anno il concerto da Vienna è stato bello e scoppiettante. Merito di Christian Thielemann con la complicità dei Filarmonici di Vienna e di un programma ricco di sonorità e di ispirazioni felici. Il repertorio si è arricchito di brani di Karl Komzak, Joseph Hellmeserger II, perfino di Anton Bruckner. E poi i capolavori della numerosa famiglia Strauss. Insomma un tripudio di grande musica per un anno all’insegna della riscoperta. (marco ranaldi)