JAZZ ITALIA
Il soffio caldo dell’hard bop

Tre nuove uscite per la Abeat Records nel segno del jazz italiano, che meritano attenzione e un po’ di tempo da rubare alle nostre urgenze quotidiane. Prima segnalazione per Earthings, il terzo progetto a firma Pure Joy: dove la «pura gioia» del far musica è anche riferimento alla contrabbassista, vocalist e compositrice di tutti i brani qui presenti, Joy Grifoni. Jazz filante e con molti profumi d’Africa (grazie anche al kora e voce di «Pape» Sirimani Kanoute e alle percussioni di Bifalo Kabinet Kouyate), per un nonetto compatto spesso allargato a tentet, con l’apporto del grande sassofonista tenore Seamus Blake, e titoli tutti ripresi dalla fertile babele di lingue africane. Festeggia i suoi sessant’anni in jazz col suo quartetto il chitarrista Nicola Mingo con My Sixties in Jazz: un’ondata calda di hard bop morbido, in punta di plettro, a frasi lunghe, con una sorprendente cover dal dimenticato Leon Russell, This Masquerade. Molte voci ospiti femminili e maschili a impreziosire l’agile Frammenti del trombettista napoletano Angelo Cioffi: alchimia di funk, hip hop, jazz rock. Con il grande Marco Zurzolo. (Guido Festinese)

POST PUNK
Estetica teutonica

Post punk alla ribalta. Stavolta con personaggi e gruppi che hanno contribuito fattivamente a costruirne l’estetica nei primi anni Ottanta. Parliamo di Anja Huwe, anima e leader degli Xmal Deutschland. L’artista teutonica torna alla musica dopo averla abbandonata in favore dell’arte visiva con Codes (Sacred Bones/Goodfellas), un disco che riprende a grandi linee i punti focali del gruppo originario, quindi virato verso umori oscuri, verso quel sottogenere che prese il nome di goth rock. E la medesima etichetta, in contemporanea, pubblica anche una raccolta proprio degli Xmal Deutschland, Early Singles (1981-1982), che mette insieme otto singoli agli albori del gruppo, prima di diventare una cult band per appassionati «darkettoni». Dicono di essersi fatti influenzare da Suicide, Kraftwerk e dal jazz. Parliamo dei fratelli Jim e William Reid, meglio noti come Jesus and Mary Chain, che tornano con Glagow Eyes (Fuzz Club/Cooking Vinyl), un disco in cui a colpire è la qualità di alcuni brani, incastonati melodicamente nella migliore tradizione British post punk e indie pop. (Roberto Peciola)

SPERIMENTALE
Il segreto della libreria

Circostanze che superano ogni fantasia. Il miglior disco del lotto giunge da una libreria, la Rönnells Antikvariat di Stoccolma, dove nel novembre 2022 si sono incontrati Aviva Endean & Henrik Olsson. Clarinetto, voce ed elettronica dell’australiana e giradischi e batteria dello svedese sono diventati qualche tempo dopo Split Series Vol. 2 (Frim Records), vale a dire un lavoro composto da due incisioni lunghe circa 65 minuti che si muovono in ambiti sperimentali e improvvisativi. Common Ground, Version 26 e What Calls in the Quiet sono due ottimi esempi di come ci si possa gettare senza rete creando cose interessanti. Nuova uscita per il danese øjeRum che via Midira Records pubblica Everything Wounded Will Flow. Atmosfere pacate e riflessive, capaci di disegnare paesaggi invernali dal carattere crepuscolare. Quattro i temi inclusi, da cui scegliamo Everything Wounded Will Flow I. Terminiamo con Matthias Grübe, meglio noto come Telekaster che rilascia Tracing Back the Stream (Empanada Musik): ambient rétro di stampo chitarristico che emerge con Aurora e Lago. (Gianluca Diana)

TRIBUTI
Ispirazione variegata

L’omaggio o tributo è frequente anche nel jazz italiano come rivelano tre nuovi cd diversamente ispirati da generi e protagonisti. C’è chi, anzitutto, come il trio Water’s Break in The Last Coat of Pink (Caligola) omaggia al 100% un musicista, in questo caso la cantautrice Björk: Kathya West (voce), Alberto Dipace (piano), Danilo Gallo (basso) presentano dieci brani della rockstar islandese, trasformandoli in minimalismo acustico dal forte tratto camerista. Con Germano Zenga in Gato! An Evolving Idea (Caligola) in quartetto (Gusella, Gallo, Faraò), più Rava ospite in 3 pezzi su 10, il tributo a Leandro «Gato» Barbieri diventa la personale rielaborazione e il dinamico sviluppo dell’esperienza del tenorista argentino durante i primi Seventies, con maggiori sottolineature nella ricerca jazzistica. Vito Andrea Morra in G.G. Swing (Abeat) dirige la propria Big Band del Pentagramma in un repertorio di 5 standard eterogenei dall’hot al free (non senza i 5 originali) all’insegna di quegli arrangiamenti oggi mainstream, risalenti però alla grande era di Count Basie e Duke Ellington. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

BLUES ITALIA
Le note dei fratelli

THE CROWSROADS
SPACESHIP (Slang Records)

**** Forze fresche per il blues nostrano, grazie al nuovo lavoro del combo bresciano. Idee e capacità ai fratelli Corvaglia di certo non mancano e lo dimostrano con una scrittura matura ed efficace sia nella parte strumentale che in quella testuale. Il suono pulito e le melodie la fanno da padrone nelle undici tracce presenti, assicurando un’intelaiatura solida dove far brillare i passaggi migliori. È il caso del robusto blues rock di Hot Blood/Weak Knees, della solare DIY Reality e della emotiva Last Glimpse of You. Il vertice si raggiunge con l’adrenalina di (Surfing on a) Pile of Mess. (gianluca diana)

 

ALT POP
Un concetto distopico

EVERYTHING EVERYTHING
MOUNTAINHEAD (Bmg/Warner)

**** La band di Manchester nonostante sia al settimo album non è mai riuscita a trovare quelle fortune che hanno arriso ad altre formazioni britanniche negli ultimi anni. Ed è un peccato perché continuano a sfornare lavori che meriterebbero maggior attenzione. Chiariamoci, non si sono inventati nulla, anche se è indubbio che il loro stile risulti alquanto personale, anche, se non soprattutto, alla particolare vocalità di Jonathan Higgs. Elettro, indie pop rock, spruzzate che sanno di dance e, in questo caso, un interessante concetto distopico alla base dei testi, ne fanno un disco da ascoltare e riascoltare. (roberto peciola)

 

JAZZ
Il triangolo ispirativo

VIJAY IYER
COMPASSION (Ecm)

**** Come il trio pianoforte, basso, batteria riesca ad essere sempre (o ancora?) nel jazz il triangolo ispirativo che punta le antenne verso il futuro, nulla dimenticando dall’immenso arsenale di storia delle note afroamericane è già di per sé dato confortante. Con Iyer l’assunto diventa quasi principio apodittico: con Linda May Han Oh al basso, australiana di origini malesi, solida come una roccia, e la batteria ubiqua di Tyshawn Sorey, afroamericano, un progetto di ponderata ma inarrestabile potenza, finezza e memoria. (guido festinese)

 

POP
Sognanti
venature

NORAH JONES
VISIONS (Blue Note)

*** Come Away with Me – il suo debutto trionfale del 2002 baciato da milioni di copie e imperitura fama – è un disco andato oltre il successo, sdoganando un tipo di pop molto sofisticato con venature jazz che avrebbe segnato un’epoca. Giunta al suo nono album – passando per alcuni lavori più sperimentali – Norah Jones mantiene ancora una buona vena creativa e in questo disco – nato in collaborazione con il produttore e polistrumentista Leon Michels – lo dimostra. Dodici pezzi dove spiccano il singolo che ha anticipato il disco, Running, e la sognante Paradise. (stefano crippa)

 

INDIE ROCK
Ripensando
ai Novanta

MANNEQUIN PUSSY
I GOT HEAVEN (Epitaph/Self)

**** «And what if Jesus himself ate my fucking snatch?», la cui traduzione lasciamo a voi lettori, è un po’ il manifesto programmatico di Marisa Dabice, leader e frontwoman della band di Filadelfia. Dal punk degli esordi Marisa e soci (anche grazie ad alcuni cambi di formazione) hanno virato verso un suono meno spigoloso, mantenendo sì quell’attitudine ribelle – che nei testi non è mai mancata – ma addolcita da spunti melodici di notevole portata, specie nei ritornelli (vedi su tutte la title-track). Insomma meno punk e più indie rock di ispirazione Nineties con note di synth, ma pur sempre ottima musica. (roberto peciola)

 

JOHANN SEBASTIAN BACH
DIE KUNST DER FUGE (Les Talents Lyriques)
**** L’arte della fuga BWV1080, formata da tredici contrappunti (gli ultimi due raddoppiati per due strumenti, più quattro canoni) rappresenta uno dei capolavori dell’umanità nonché un lavoro misterioso su cui continuano ad accanirsi musicologi da tutto il pianeta. A scansare ogni equivoco sugli aspetti meditativi ed eterei dell’opera pensa il clavicembalista Christopher Rousset in una versione registrata nel 2020 al parigino Hôtel de l’Industrie. (guido michelone)

THE BOWERS
PIENO MEZZO VUOTO (Overdub Records)
*** Quartetto con trascorsi sonori molto vari (ma tutti con radici rock) ci regala un disco che è un riuscito rollercoaster di emozioni. Che si traducono in momenti che fanno pensare a tratti alla post wave degli Strokes (nell’iniziale Quanto basta), o in brani dalle forti connotazioni funk, per poi esploderci in faccia con ritornelli in cui riff portentosi e una voce graffiante lasciano uscire la rabbia e la frustrazione racchiusa nella loro musica. (viola de soto)

ALDO JOSHUA QUARTET
EMPTY NIGHTS IN CRACOW (Alfa Projects)
**** Circondato da giovani polacchi, il veterano trombonista napoletano propone un singolare esempio di modern mainstream con otto proprie composizioni che si rifanno, anche nel trattamento, agli impasti sonori dei quartetti pianoless di Gerry Mulligan, mescolati al successivo hard bop in chiave soul, il tutto nella consapevolezza dell’oggi, guardando a un futuro che non rinuncia al passato. (guido michelone)

LACOSA
LACOSA (Dischi Soviet Studio)
*** Oggetti sonori non identificati. Ma ben identicabili per frammenti, con operazione di sistematico smontaggio delle componenti. Che qui sono flussi scanditi da ritmiche elettroniche, una voce gentile ma nei dintorni della claustrofobia, lacerti di new wave glaciale che fu, percorsi obliqui per arrivare al punto. Il trio base dei Soviet Ladies con Walter Zanon assieme in Lacosa per un disco spiazzante e intenso, che unisce modernariato tecnologico e presente, esibendo le cesure. (guido festinese)

QUEEN LIZARD
HEILIGE LUNA (Autoprod.)
**** Nel 2019 c’era stato un primo disco: promettente, e qualcosa in più. Adesso arriva questa chicca che mette in conto una fragile, dorata voce femminile, quella di Claudia Pisani, anche chitarrista e pianista, a contrastare una muraglia di suono spessa e avvincente, un’altra elettrica, basso, e la batteria di Lorenzo Capello, che arriva dal bordo più spericolato del jazz, ma qui picchia sodo. Un ponte curioso ed efficace tra dream pop, burrasche elettriche alla Neil Young, noise pop, post rock, shoegaze. Col santino dei Velvet Underground appeso al muro. (guido festinese)

ELLA RONEN
THE GIRL WITH NO SKIN (Irascibile/BB Island)
**** È un’anima ricca e con una spiccata attitudine alla riflessione la cantautrice israeliana. Lo si percepisce dalla sua musica, un pop rock per nulla banale al cui interno si trovano tante influenze a cui lei lega una voce celestiale e contenuti di qualità. Fuck Cute garantisce adrenalina e suoni tex-mex, Feel it Rising si colloca a metà tra il trip hop e la variopinta Portland, Tightrope ammicca alla Daptone Records. Molte cose da apprezzare, inclusa la sua attività nel movimento pacifista arabo-ebraico Standing Together. (gianluca diana)