RISTAMPE
Tasselli
fondamentali

Tasselli fondamentali. Per la storia di una famiglia allargata di note che con la continua meditazione su se stessa intravide brandelli di futuro. Il jazz ha spesso avuto i dischi come libri di testo per le generazioni a venire: snodi fondamentali che hanno via via fissato estetiche e idee nuove. Ben vengano allora le pregiate ristampe anni Sessanta che Candid sta pubblicando in cd e in vinile, a documentazione di un catalogo che abbonda di paletti segnavia. Ad esempio lo Steve Lacy in quartetto (col baritono di Charles Davis) di The Straight Horn of Steve Lacy, 1962: tre brani tosti di Monk, due di Taylor, uno di Parker: passato, presente e futuro assieme. Tanto futuro lo intuì anche il visionario trombettista e compositore Don Ellis, con la sua tromba che suonava i quarti di tono e l’uso dei più avventurosi metri ritmici: fate la prova con How Time Passes, 1961, super quartetto con Jaki Byard al piano. Degno completamento? Il Charles Mingus di Mingus!, 1961, di cui s’è già parlato su queste pagine ma che vale la pena ricordare di nuovo. (Guido Festinese)

ALT ROCK
Oltre
l’oceano

Let’s rock! Puro, sano, diretto, duro ma anche «delicato», quello che Mike Kerr e Ben Thatcher, ossia il duo più garage d’Albione, i Royal Blood, ci propinano con il loro quarto album, il primo prodotto completamente da loro stessi, e intitolato Back to the Water Below (Warner). Gli elementi che li hanno resi famosi ci sono tutti, ma qui c’è di più, a cominciare da un piano molto presente e da richiami beatlesiani più che ben accetti. Dall’altra parte dell’Atlantico, a Detroit, troviamo gli Armed che con Perfect Saviors (Sargent House/Goodfellas) arrivano al disco numero cinque. Tony Wolski, deus ex machina della band a formazioni variabili, ha chiamato alcuni amici, da Troy Van Leeuwen dei QOTSA a Eric Avery fino ad Alan Moulder al missaggio, confezionando un disco hardcore punk – e non solo (vedi i due brani conclusivi) -, smussato da un buon senso melodico. Attraversiamo di nuovo l’oceano, si va in Irlanda, terra dei Naked Lungs che pubblicano Doomscroll (Autoprod.) e si pongono come un nuovo nome da seguire. Impulsi noise rimbalzano su trame post punk: un gran bel sentire. (Roberto Peciola)

BLUES
L’infuenza
di R.L. Burnside

Una delle mete maggiormente battute dal leggendario R.L. Burnside fuori dal natio Deep South è stata l’Olanda. Da inizio anni Novanta sia come solista che accompagnato da altri, ha diffuso il verbo dell’Hill Country Blues ad Amsterdam e dintorni. Viene facile immaginare che un giovane cantante e chitarrista chiamato Peter Beeker all’epoca fosse lì ad ascoltarlo. Prova se ne ha nel fulminante lavoro del duo Drum & Beeker intitolato Blood Wie Water (Woo-Hoo), dove l’influenza di R.L. è palese. Nulla di nuovo ma suonato con un feeling strepitoso: consigliamo 365, Kom Tot Es e Alik. Raise Your Hands (A Happy Carrott) è il nuovo firmato dal power trio Scott Weis Band. Dalla Florida portano un intenso ed empatico blues rock che si muove su formule note, dalle quali riescono a tirar fuori un paio di ottimi pezzi come Bring Me Home e Judgement Day. Altra formazione che sa il fatto suo è quella dei Wicked Lo-Down: nati ai bagliori dell’era Covid, si mostrano in We Hot (Autoprod.), un concentrato di Texas Blues arricchito dalle melodie della East Coast. Suonate The Push. (Gianluca Diana)

WORLD MUSIC
Cuba-Usa,
disgelo latin

La storia della cosiddetta latin music è complessa e variegata e anche oggi presenta notevoli spunti di interesse artistico a cominciare da Santiago Brooklyn Santiago (Zoho Music) di Marcos Fernandez & Arturo O’Farrill (con le rispettive orchestre), tra i pochi album registrati congiuntamente da artisti cubani e statunitensi in un tripudio di ritmi calienti secondo una moderna tradizione ereditata dalla figura paterna del secondo (Chico O’Farrill, già con Parker e Gillespie). Home Is Here (Tapestry Jazz Road) di Felipe Salles esplora l’esperienza jazzistica di molti immigrati: il leader, brasiliano in Usa, si circonda di ospiti illustri (Paquito D’Rivera e Melissa Aldama su tutti), per un disco influenzato da post free, barocco, folk carioca. Infine Tu (Segell Microscopi) di Pepino Pasqual è un disco tutto catalano, dove però le musiche locali vengono stravolte anche dalla effervescenza di melodie, mimi, cadenze di matrice mitteleuropea e rock, guardando indirettamente a Frank Zappa, Manu Chao e Daniele Sepe. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

BLUES/2
Fantasie
liberate

THE COUNT BASIE ORCHESTRA
BASIE SWINGS THE BLUES (Candid Records)

**** Che emozione vedere nella stessa sessione di registrazione stelle come Bobby Rush, Charlie Musselwhite, George Benson, Buddy Guy, Keb Mo’, Bettye LaVette e molti altri. L’idea è venuta a Scotty Barnhart, il direttore dell’orchestra, durante la cerimonia del 2019 con cui la Blues Foundation di Memphis incluse nella Blues Hall of Fame il leggendario Basie. Condividere l’idea con Rush seduto al suo fianco sembrò solo una fantasia. Ma le cose cambiano e i dodici brani presenti si fanno ascoltare con estremo piacere. Suonate Evil Gal Blues e Boogie in the Dark. (gianluca diana)

 

 

ALT ROCK/2
Un traguardo
in stile

HEY COLOSSUS
IN BLOOD (Word Speed Records)

**** Vent’anni di carriera sono un bel traguardo ed è giusto celebrarli con un disco, il quattrodicesimo, di grande spessore come questo In Blood. Gli inglesi Hey Colossus proseguono la loro storia rock senza grossi scossoni stilistici, seppur con vari cambi di formazione, e danno alle stampe un lavoro coeso e potente, che li vede miscelare come al solito vari stili che vanno dal noise al post punk, passando per la psichedelia e la sperimentazione. Ci ripetiamo, una band purtroppo poco nota che meriterebbe ben altri scenari. (roberto peciola)

 

 

 

OPERA
Per amore
di Teseo

JULES MASSENET
ARIANE (Palazzetto Bru Zane)

**** Il compositore francese (1842-1912) si conferma tra i massimi operisti di inizio secolo con questo melodramma (prèmiere parigina nell’ottobre 1906), curiosamente rimasto scoperto dall’editoria discografica. Grazie al Centre de musique romantique française di Venezia il triplo cd, elegantemente accompagnato da un prezioso volumetto, si riscopre la bellezza di un lavoro innovativo concettualmente, dove la vicenda mitologica delle sorelle Arianna e Fedra (entrambe innamorate di Teseo) risulta, nelle parole dell’autore, «il soggetto più semplice e toccante». (guido michelone)

 

 

JAZZ
Coesione
straordinaria

MIRE III
ISLAND SONG (CamJazz)

**** Joona Toivanen è un (eccellente) pianista finlandese con base in Svezia, e svedesi sono Johan Björklund, batterista, e Thoman Markusson, contrabbassista. Assieme costituiscono i Mire III, un trio dalla straordinaria coesione che si concede qualche scheggia più cantabile, ma non di maniera, e quasi niente che riconduca alla un po’ stanca forma del «jazz nordico». Qui c’è improvvisazione e interplay sulla scia, diremmo, delle migliori intuizioni di Paul Bley. Ripresa sonora di cristallina chiarezza nello studio Artesuono dell’udinese. (guido festinese)

 

 

 

ALT ROCK/3
L’ambizione
dell’esordio

TAPIR!
ACT 2 (THEIR GOD) (Heavenly/Pias/Self)

*** Li avevamo lasciati poche settimane fa con il primo capitolo di un progetto alquanto ambizioso, che non si limita solo alla realizzazione di opere musicali ma è accompagnato da una serie di altre discipline artistiche, dalla pittura ai cortometraggi, dall’animazione al teatro e altro ancora. Ancor più ambisioso se si pensa che i Tapir! sono in pratica agli esordi. Questo «atto secondo» (il terzo e ultimo è previsto per inizio 2024) presenta di nuovo quattro brani, quattro ballate acustiche, che si diversificano dal precedente ep confermando però la validità di questi sei ragazzi londinesi. (roberto peciola)

 

 

DELREI
DESOLATION AND RADIATION (Project Records)
**** Un lungo andare e venire tra le melodie western, blues, tex-mex nelle sue varie forme e una serie di sferzate psichedeliche decisamente azzeccate. Gran bella sorpresa questo disco composto da undici brani firmati da Alessandro Mercanzin, in arte Delrei. In alcuni passaggi sembra di ascoltare gli attimi più ispirati degli affascinanti Spindrift di qualche anno fa. Il carattere strumentale dell’intero lavoro dona carisma al tutto. (gianluca diana)

GENESIS
THE ROAD TO SUCCESS 1970-1972 (Audiovaults)
*** La «strada per il successo» percorsa dai Genesis storici, quelli di Peter Gabriel, fu in realtà una salita irta di ostacoli e difficoltà, e più a casa loro, in terra d’Albione, che nel resto d’Europa, dove i colti progster dalle perfide favole messe in musica furono subito amati. Il primo cd raggruppa session per Bbc Nightride e Sounds of the Seventies ’70 e ’71, ottime, il secondo un concerto a Watford del marzo ’72: purtroppo assai carente come registrazione. (guido festinese)

ETTORE GIURADEI
NEVROTICA |POLITICA (FreecomHub)
**** Poeta dai testi visionari e musicista con svariate influenze, il cantautore, al settimo album, conferma le proprie qualità licenziando un lavoro suonato benissimo in quartetto, dove il sound via via connesso al folk o alla psichedelia si confronta, intellettualmente, su eterogenee situazioni fino a citare scrittori e filosofi, con il rock di Nick Cave quale nume tutelare. (guido michelone)

NICOLE JOHÄNNTGEN
LABYRINTH (Selmabjrd Records)
** La sassofonista (alto e soprano) Nicole Johänntgen, tedesca ma svizzera d’adozione, non è propriamente un’improvvisatrice jazz. Almeno a giudicare dal nuovo album in cui sfoggia una strumentazione originale: sax, tuba, percussioni. Con l’aggiunta in due dei 10 brani di uno strumentista al sousaphone per accentuare la scelta del grave come sonorità dominante (ma di sfondo). Johänntgen è un’esecutrice in stile jazzato di suoi motivi con modiche variazioni e frasi di accompagnamento o d’intermezzo. Come solista ha una sonorità piuttosto acida al servizio di pezzi d’atmosfera che sembrano riferirsi a componenti folk. A parte la gradevolezza del suono d’assieme, non c’è altro da segnalare. (mario gamba)

PATHOS TRIO
POLARITY (Imaginary Animals)
*** Due percussionisti e un pianista che per l’occasione gioca anche con tastiere varie e elettronica. Questi gli elementi di questo trio con base a Brooklyn che, come facile immaginare, punta molto sulla sperimentazione, sulla ricerca ritmica e su armonie che possono richiamare tanto il free jazz quanto una neoclassica riveduta e corretta. (roberto peciola)

PERUGIA BIG BAND
PLAYING THE ITALIAN SONGBOOK (Barly Records)
*** Un disco frizzante e articolato per festeggiare un invidiabile traguardo: mezzo secolo. Un risultato che poche altre compagini del genere possono vantare. Conduce Massimo Morganti, ospiti Manuel Magrini e Lorenzo Bisogno, e via con un viaggio che mette in conto dieci brani dal canzoniere italiano, a partire dagli anni Sessanta, e arrivando quasi all’oggi: Dalla, De André, Paoli, Zucchero, Endrigo, Battisti e via citando. Arrangiamenti filanti da big band classica, belle voci soliste in vetrina. (guido festinese)