JAZZ
Respirare
il silenzio

Stephan Micus è un instancabile viaggiatore del pianeta, a caccia di strumenti ed emozioni che non siano solo esotismo da cartolina. Il nuovo disco, Ecm come gli altri qui segnalati, si intitola Thunder, e agli dei del tuono di diverse mitologie è dedicato. Micus identifica il suono del tuono con quello delle trombe dung chen da quattro metri ascoltate nei monasteri tibetani: qui accoppiate, con esiti quasi sconvolgenti per potenza, ad altri ben più maneggevoli attrezzi sonori. Per un disco in solo totale e sovraincisioni, un duetto tra un grande batterista compositore, Sebastian Rochford, e un brillante e schivo pianista, Kit Downes. In A Short Diary, viaggio in otto tappe registrato in Scozia, offre momenti di magnifica rarefazione, un’atmosfera sospesa che fa respirare il silenzio. Anders Jormin, Lena Willemark, Karin Nakakawa e Jon Fält in Pasado en claro, incontro di corde, percussioni, la voce imperiosa e il violino di Willemark a indirizzare questo emozionante etnojazz nordico di fuoco e di ghiaccio senza passaporti. (Guido Festinese)

INDIE POP
Reincarnazione
melodica

C’era una volta un’artista che si faceva chiamare Caro Emerald e che amava il jazz e lo swing. Quell’artista non esiste più. Non esiste più perché è stata rimpiazzata da un nuovo nome e da nuove spinte sonore. The Jordan ne è appunto la reincarnazione come cantante e autrice di sofisticati brani pop dalle reminiscenze trip hop (non a caso è presente Adrian Utley dei Portishead). Il tutto in Nowhere Near the Sky (Cooking Vinyl/Egea/The Orchard). Arriva da Seattle Brian Fennell, conosciuto come Syml, che pubblica il suo secondo album The Day My Father Died (Nettwerk/ Bertus). Syml non delude le aspettative con un lavoro tra indie pop, alt folk e morbide virate rock, il tutto caratterizzato da una voce spesso in falsetto. Da segnalare il cameo di Guy Garvey degli Elbow in Lost Myself. Seattle è la base dove si è stabilito dalla sua Minneapolis il polistrumentista e autore Paul Hiraga, ideatore del progetto Downpilot, al settimo disco con The Forecast (Tapete/Audioglobe). Indie pop, country folk rock di ispirazione varia e una grazia compositiva che si riflette specie nelle melodie. (Roberto Peciola)

TRIBUTI
Oltre
lo schema

Pur alquanto diversi tra loro, i musicisti e i dischi in questione offrono un’idea di tributo che va ben oltre gli schemi del genere, per farsi progetto culturale, talvolta all’insegna del puro divertimento come in Shake Your Shimmy (Abeat) delle The Jolly Shoes Sisters, dove lo shimmy in questione è la danza jazz di cent’anni fa all’origine di quasi tutti i balli moderni: le «sorelle canterine» Laura Fedele e Veronica Sbergia sfoderano 12 pezzi tra blues e swing con estrema scioltezza e divertito coinvolgimento (cosa rara nel jazz italiano, così poco restio a lasciarsi andare). Il mito dell’Italia invece al centro di Tempoo (Toondist) per I Compani, band olandese, tra cabaret e ironia, che compie il tributo giocando sul repertorio di Nino Rota come pure di Verdi, Bixio, Copland, in un allegro post free. Infine Arkan e i palloncini (Dodicilune) del Cesi Marciano Ensemble con suoni e testi di Ciro Gentile è un tributo indiretto a musicisti tanto amati: ancora Rota, poi De André, Branduardi, Tofani, Di Giacomo, con una band sospesa tra folk, etno, pop, jazz. (Guido Michelone)

JAZZ/2
Doppie
sorprese

Il jazz quello bello, che mantiene la capacità di sorprendere. Bravi quasi da sembrar smargiassi sono i quindici elementi del Large Unit, che nel settembre del 2021 hanno dato vita a una lunga sessione di registrazione dalle parti di Oslo sotto la guida di Paal Nilssen-Love. Avevano le idee così chiare da poter dare forma e poi pubblicare due dischi separati: infatti via PNL Records ecco New Map e Clusterfuck. Il primo è indubbiamente il favorito, in quanto evidenzia in modo netto la libertà della formazione di cercare spazi personali durante gli attimi di improvvisazione. Non che questi manchino sul secondo lavoro, ma qui si ravvisa un suono più compresso che sembra ridurre l’approccio creativo. Segnaliamo la title-track per l’incisione iniziale e Moodplay per quella finale. Si difendono bene Jozef Dumoulin, Kasper T Toeplitz, Yérri-G Hummel in Félines (Labut) dove processano in versione sintetica ed estemporanea il loro trio strutturato su Fender Rhodes, basso e sax. Arditi e a tratti psichedelico, ben si riassume con Senes, Brainstorm e Anima. (Gianluca Diana)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

CLASSICA
Spleen
contemporaneo

DUO GAZZANA
KORVITS/SCHUMANN/GRIEG (Ecm)

***** Le sorelle Natascia (violino) e Raffaella (pianoforte) Gazzana da tempo intraprendono un lavoro di ricerca in duo sulla musica colta dall’Ottocento a oggi, rivitalizzando al meglio pagine classiche come le due sonate di Schumann e di Grieg, scritte rispettivamente nel 1851 e nel 1887; viceversa propongono addirittura il giovane estone Tonu Korvits lavorando sulla Stalker Suite (2017) e sui quattro brevi ma intensi Notturni (2014). Le interpretazioni del duo risultano sempre cristalline, virtuose, impeccabili, a rilevare uno spleen senza tempo, anzi ancora contemporaneo. (guido michelone)

SPERIMENTALE
Paragoni
azzardati

FÅGELLE
DEN SVENSKA VREDEN (Medication Time Records)


*** E chiamala, se vuoi, la Björk svedese. Il paragone è sicuramente azzardato, anche perché per essere solo accostati a un genio come l’artista islandese bisogna farne di strada, certo è che però il riferimento principale che viene in mente ascoltando questo disco di Fågelle, cantante e autrice dalle esperienze musicali variegate, è proprio il folletto di Reykjavik. Sia per la voce (canta nella sua lingua madre, peraltro) che per il tentativo, peraltro riuscito, di creare un ambiente sonoro di sperimentazione. Da seguire. (roberto peciola)

ALT FOLK
Il piacere
della ripetitività

ROBERT FORSTER
THE CANDLE AND THE FLAME (Tapete/Audioglobe)


*** Arriva all’ottavo album in carriera il cantautore australiano Robert Forster, nome che nel nostro paese non dice molto se non viene abbinato alla band che ha contribuito a fondare nel lontano 1977, The Go-Betweens. Ma la sua proposta come solista si distacca da quella indie rock della band originaria, dando spazio a composizioni quasi totalmente acustiche, con una serie di ballate che riflettono un amore per le atmosfere folkeggianti. Un lavoro piacevole ma che, alla lunga, mostra un pochino la corda, dando un’impressione di ripetitività. (roberto peciola)

SPERIMENTALE/2
Carattere
psicotropo

LOSCIL/LAWRENCE ENGLISH
COLOURS OF AIR (Kranky)


**** Diffuso e convincente è il connubio sempre più frequente tra i dettami quasi intellettuali dell’elettroacustica e le effusioni morbide e facili dell’ambient più ricercata. In questa terra di mezzo ricca di possibilità, si sono mossi con grande stile i due autori. I titoli dei brani si rifanno a vari colori, circostanza che potrebbe apparire quasi banale, ma di contro i contenuti sonori sono di alto livello. Complice la presenza rivista, corretta e amplificata di un vecchio organo a canne tutto appare etereo e profondo al contempo. Grey, Violet e Magenta hanno un carattere psicotropo che vi incolla all’ascolto. (gianluca diana)

ETNO JAZZ
Un incastro
mediterraneo

TRÓNCO
TRÓNCO (Marsiglia Records/Torto)


**** Immaginatevi una session impossibile tra il Ry Cooder del blues metafisico di Paris, Texas, la Third Ear Band, gli Aktuala pan-etnici dei nostri anni Settanta: ne verrebbe fuori qualcosa di simile alla musica di questo magnifico collettivo elettroacustico nato nel 2018, al terzo lavoro. Il bilico è tra rarefatta psichedelia e rimbalzi ed echi di note mediterranee, sulle ali della voce di Deniz Ozdogan, anche attrice, come Aleph Viola, e di una mirade di incastri timbrici. Il contrabbasso sontuoso di Tommaso Rolando tiene assieme il tutto. (guido festinese)

GIOVANNI BATTAGLINO
RICOMINCIARE DALLE PAROLE (Alfa Music)
**** Cantautore atipico, sospeso tra folklore e melodramma, in questo disco sembra rifarsi alla musica country e ai testi deandreiani, non senza una forte autenticità, che si riverbera nel costruire una sorta di concept album sentimentale, quasi obbedendo al motto «chi non si è perso non possiede» (Pasolini citato da Michele Cecchini nel booklet) per raccontare i labirinti e le vertigini dell’amore, dell’abbandono, della malinconia, della speranza. (guido michelone)

PAOLO GANZ
BORGES, ATAHUALPA E LE MAGICHE LUNE (Storie di Note)
*** A due anni dall’esordio con Per le piogge d’autunno, i gatti e gli stupidi, si riaffaccia l’artista veneziano con un album ancora una volta denso di riferimenti letterari: dalle metafore di Strafone e Aristofane toccando perfino El burlador de Sivilla di Tirso de Molina. Tra riflessioni sul passato si affacciano anche i drammi del presente, come l’immigrazione. Con orchestrazioni e arrangiamenti di livello. (stefano crippa)

HORSELOVERFAT
SATANIC RESORT (Ixtlan Research)
**** Morde ancora la Romagna rock, quella mai piegata alle logiche modaiole che ha continuato a vivere di nebbia, pianura, grandi idee dissipate su dischi che non avranno mai un centesimo della popolarità di quella dei signori del ribellismo mainstream che «sono solo loro». Quindi, se volete ascoltare un micidiale frullato (con begli ospiti) di kraut ossessivo e circolare, punk d’assalto screziato di inquietudini alla Pere Ubu, garage indisciplinato che urtica pelle e buoni propositi, accomodatevi nell’albergo satanico. (guido festinese)

BENT SORENSEN
THE ISLAND IN THE CITY (DaCapo)
***** Il mirabile lavoro dei compositori del Nord Europa è spesso frutto di una esperienza di ricerca. Come nel caso di Sorensen che con L’isola della città e con la Seconda sinfonia riesce a incantare l’ascoltatore che cerca nuovi flussi vitali. Ed è proprio nella ricercatezza e nel rinnovamento di tracce storiche di scrittura che Sorensen convince. Da ascoltare senza fretta. (marco ranaldi)

EMIL STRANDBERG
TONPOEM 2021-2022 (Haphazard Music)
*** Se il nome del trombettista svedese non vi fosse noto, rintracciatelo in formazioni come Fire! Orchestra e Hederosgruppen. Nel frattempo, godetevi questo tuffo nel passato grazie alle atmosfere post bop a sua firma. Con il quintetto imperniato su due fratelli Agnas, della dinastia jazz di Stoccolma, qui presenti Kasper alla chitarra e Mauritz al violoncello, il leader vola morbido tra evocazioni del passato e una minima ma presente vena improvvisativa. Per voi Apropå Tjäle, Variationer för Kvintett e Naturens Skola. (gianluca diana)

VERNER
ALTOPIANO (Lapupilla Records)
*** La parola chiave di questo terzo disco del cantautore è «viaggio»: quello fisico, che Verner pratica come serbatoio di altra vita, di immagini, di suoni da meditare e poi incorporare nella propria musica, e quello interiore, per una lucida e disincantata disamina della realtà che non sposa né le ragioni della malinconia a prescindere, né quelle di una «felicità senza feste», come diceva Claudio Lolli. Il tutto risolto in una bizzarra ma credibile miscela di pop rock flessuoso e orecchiabile e tocchi strumentali «etnici». Funziona? Sì. (guido festinese)