JAZZ
La sorpresa
e la conferma

Nuove uscite Ecm, sorprese e conferme. Arriva il pianista tedesco Benjamin Lackner, con Last Decade, coi fidi Jérôme Regard al contrabbasso e Manu Katché alla batteria, e l’inattesa ambientazione della tromba di Matthias Eick, che sembra conservare e indirizzare i segreti di suono di Hassell, di Stanko, di Wheeler, con un timbro volutamente sfocato. Sembra lui il protagonista di questi brani iperlirici, perché Lackner ama il gioco di sponda, i ricami dietro e dentro la polpa sonora. Affirmation di titolo e di fatto, per il quartetto di Arild Andersen, oggi settantacinquenne: un signore d’età che con il suo basso sontuoso riesce ancora a prendersi molti rischi, costruendo dischi in improvvisazione quasi totale con interplay perfetto, e una menzione speciale per il tenore di Marius Neset. Once Around the Room-A Tribute to Paul Motian vede titolari il giovane maestro delle corde Jakob Bro e un signore del sax, Joe Lovano, con raddoppio di contrabbasso e batteria, e basso elettrico. Improvvisazione e scrittura solida, lo spirito di Motian evocato con intelligenza. (Guido Festinese)

INDIE ITALIA
Esperienze
non convenzionali

Proposte musicali da un’Italia non convenzionale. Si parte con il progetto partenopeo Fanali, trio composto da musicisti già presenti in esperienze di rilievo, ai quali si unisce un’artista visuale (Sabrina Cirillo) per completare l’idea di partenza: realizzare la colonna sonora di «un film mai scritto» (non proprio l’idea più originale del secolo). Shidoro Modoro (Soundinside) comprende quattro brani che si muovono tra elettronica, jazz e trip hop, più gli stessi ripresi e rivisti dal remixer Salvio Vassallo. Dieci i brani invece per il nuovo lavoro dei Pin Cushion Queen, Stories (Locomotiv Records). Il titolo non è scelto a caso giacché i pezzi che compongono il disco sono da considerare ognuno come una storia a sé, a partire proprio dagli umori e dalle sonorità che fanno sì che non si rintracci un vero e proprio filo comune. Prog rock e neo psichedelia nel debutto, omonimo, del duo The Lost Vision of the Chandoo Priest (Ams). Disco strumentale dove sono chiaramente riconoscibili le influenze, che vanno dai primi Pink Floyd ai Genesis fino agli Anekdoten. (Roberto Peciola)

CLASSICA
Lo strumento
della seduzione

La musica classica per un solo strumento è antichissima (cetra, liuto, organo, clavicembalo) ma oggi la più seducente è quella per pianoforte come in Agni Kunda (Insolite Records) di Isil Bengi, solista turca da anni residente in Belgio, la quale offre uno spaccato del pianismo fra Ottocento e Novecento, puntando su compositori arcinoti (Debussy e Scriabin), altri oggi meno eseguiti (Granados e Balakirev), su talenti insospettati (Clara Schumann, moglie del celebre Robert) e su un paio di scoperte (Medtner e Tajcevic). Prima ancora del piano c’è la chitarra con la quale in Laura Plays Laura (Stradivarius) Laura Mondiello interpreta pop song internazionali arrangiate da noti compositori accanto a pentagrammi novecenteschi (Britten), oltre la Laura del titolo sia di Parker sia di Facchinetti. Il Solo Clarinet (Stradivarius) del giovane virtuoso Aldo Botta, a parte l’iniziale Donizetti è un excursus da metà Novecento a oggi, dove prevalgono Jacob e Rota accanto ai più giovani Gabucci, Genzmer, Miluccio, Grgin, Mangani, Orolano, per un’idea completa dello strumento. (Guido Michelone)

BLUES
Il segno
sottopelle

Blues che entra sottopelle e lascia il segno. Nel modo migliore lo fanno i GA-20, veri maestri nel rendere attuale un suono dall’indubbio retrogusto Sixties e Seventies. Ne danno ottima prova con Crackdown (Karma Chief) con cui ci trasportano in un punto di mezzo tra Jelly Roll Kings, Freddie King e Bo Diddley. Sono davvero bravi, provare per credere con Just Because, Double Gettin’ e Easy on the Eyes. Che carattere anche la britannica Malaya Blue, che ha messo a frutto la collaborazione con il leggendario Dennis Walker, di recente scomparso, nel disco Blue Credentials (Blue Heart Records). A far la differenza è comunque lei, come si apprezza con la verve di Wrong Kinda Love e il soul blues di I’m Having Dreams Again. Chiudiamo con il supporto strepitoso nei confronti del grande Phil Wiggins, da tempo in lotta con il cancro: Celebrating Phil Wiggins (Autoprodotto) sono tre brani per trenta minuti dove da Charlie Musselwhite a Jason Ricci, fino al nostro Marco Pandolfi, una pletora di armonicisti si uniscono per raccogliere fondi per le spese mediche del caso. (Gianluca Diana)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

ALT ROCK
L’eroina
e il drago

GAYE SU AKYOL
ANADOLU EJDERI (Glitterbeat Records)


***** Il disco che può fare la differenza nella carriera della brava autrice turca. Ci sono idee – espresse con contenuti di valore – , c’è un arrangiamento contemporaneo capace di pescare dalla tradizione del suo paese, ed è estremamente funzionale il lavoro artistico atto a veicolare la produzione. Significa che oltre ad assurgere al ruolo di eroina rock, grazie alla sua presenza scenica fuori dal comune, il retrogusto psych rock che ammanta i brani si scioglie alla perfezione in atmosfere electro punk. Tra i passaggi migliori il «drago anatolico» evocato nella title-track, Yaram Derin Derin Kanar e Gel Yanıma Gel. (gianluca diana)

KRAUT ROCK
Un gruppo
allo specchio

CAN
LIVE IN CUXHAVEN 1976 (Spoon Records)


**** Com’è noto agli appassionati e a chi ha la memoria lunga, esistono due complementari e speculari versioni dei Can, uno dei gruppi decisivi e seminali nella storia del rock di ricerca: i Can in studio, tra la fine dei Sessanta e quella del decennio successivo, e i Can dal vivo, che quasi sempre si lanciavano in estenuanti improvvisazioni lunghe come il concerto. Questa è una testimonianza dal 7 gennaio ’76, spezzone tedesco del tour, i giorni che precedono l’entrata in studio per Flow Motion, disco tutto da rivalutare. Ennesima magia in costruzione. (guido festinese)

JAZZ/CLASSICA
Le pagine
da rileggere

RAPHAEL IMBERT
INVISIBLE STREAM (Harmonia Mundi)


**** Ecco un riuscito connubio jazz/classica, fuori dalle solite logiche appiccicaticce da third stream music et similia: il leader (sax), con Jean-Guihen Queyras (cello), Pierre-François Blanchard (piano), Sonny Troupé (percussioni) rilegge pagine di Franz Schubert, Richard Wagner, Hanns Eisler, Ornette Coleman (assieme a proprie partiture) suonando lo strumento in maniera accademica, ma aggiungendo in ogni performance sia improvvisazioni quasi free sia delicati blues feeling, che funzionano alla perfezione in un lavoro sincretico originale. (guido michelone)

DREAM POP
Una semplice
questione

SOPHIE JAMIESON
CHOOSING (Bella Union/Pias/Self)


**** Il panorama musicale al femminile si fa sempre più vasto e accoglie questa nuova cantante e autrice londinese che debutta con l’etichetta di Simon Raymonde. Ad essere del tutto onesti c’è che spesso in questo mare magnum di proposte ci si può perdere e soprattutto, si tende a una sorta di «appiattimento», con sonorità e vocalità a volte troppo simili. E allora quello che conta è una semplice e banale questione: il valore compositivo. E con Sophie Jamieson ci siamo. Perché la ragazza scrive bene, brani intimi e delicati con picchi elettrici che danno una spinta interessante al tutto. (roberto peciola)

FOLK POP
Il presente
oscuro

WEYES BLOOD
AND IN THE DARKNESS HEARTS AGLOW (Sub Pop)


**** Se con il precedente Titanic Rising (2019) – uscito un attimo prima che scoppiasse la pandemia – l’artista californiana raccontava le ansie e i timori dell’umanità, con il nuovo disco è ancora più diretta e schietta. Un presente oscuro dove sono gli egoismi e le politiche nefaste dei potenti a dominare. Su temi forti narrati in maniera personale, costruisce pezzi in cui emerge l’influenza folk anni Settanta ma dove melodie avvolgenti, chitarre acustiche e archi che richiamano colonne sonore, creano un’atmosfera affascinante. (stefano crippa)

ATARAXIA
POMEGRANATE-THE CHANT OF THE ELEMENTALS (The Circle Music)
*** Nelle nicchie particolari che riescono ad abitare il mare sconfinato delle produzioni musicali italiche un bel posto lo meritano anche gli Ataraxia da Modena, attivi da oltre trent’anni. Richiami esoterici, soffi di prog rock elegantemente classicheggiante alla Renaissance, il ricordo indelebile di This Mortal Coil, Cocteau Twins, Dead Can Dance, un gothic avant folk che riesce ad essere avvolgente e sottilmente inquietante assieme. (guido festinese)

BLACK OX ORKESTAR
EVERYTHING RETURNS (Constellation)
**** Quindici anni di lontananza e non sentirli. A sorpresa ma non troppo, in quanto si vociferava già del loro ritorno sulle scene, il piccolo combo canadese rientra proponendo il suo volo errabondo e profondamente evocativo nella tradizione yiddish di cui è portatore. Le emozioni si intrecciano tra malinconia e melanconia. Preparatevi a salire, scendere ed esser strapazzati da canzoni come Oysgeforn Bessarabian Hora, Tish Nign e Epigenetik. (gianluca diana)

EVGUENI GALPERINE
THEORY OF BECOMING (Ecm)
**** Evgueni, assieme al fratello Sasha, infanzia a Kiev, un presente francese, è uno dei compositori di colonne sonore più interessanti della scena attuale. Qui è all’opera in composizioni originali su quella che considera, giustamente, «realtà aumentata a partire da strumenti acustici»: temi misteriosi filtrati, alterati, ri/costruiti a partire da voce, violoncello, tromba, campioni sonori, fino a raggiungere l’intensità emotiva scaturita dalla prima intuizione. (guido festinese)

PANDA BEAR & SONIC BOOM
RESET (Domino/Self)
*** Noah Lennox (Panda Bear, ex Animal Collective) e Peter Kember (Sonic Boom, ex Spacemen 3) riuniscono le forze per un disco che prende vita dall’ascolto di vecchi vinili doo wop e r’n’r di Kimber, dai quali lo stesso ha tratto alcuni campionamenti (dagli Everly Brothers ai Troggs, da Eddie Cochrane ai Drifters) passando il tutto a Lennox per crearci sopra armonie e melodie. Il risultato è, appunto, un disco di pischedelia pop aggiornata da inserti elettronici, con non pochi rimandi alle costruzioni armoniche vocali dei Beach Boys. (roberto peciola)

IRENE ROBBINS
IN MY WORDS (Splasc(H) Records)
*** Cantante-docente, originaria di Detroit, ha lavorato in Usa, Europa e Italia. Il cd riflette il suo «nomadismo» proponendo due sedute di incisione (2012-’13) con il Detroit 5tet e l’Italian 4tet. Brani di Tyner, Corea, Gillespie, Shorter, Monk e Silver offrono alla vocalist un ricco repertorio, padroneggiato con classe ed esuberante personalità. (luigi onori)

THE ZEBRA STREET BAND
SHIRWKU (Try Tone)
**** Sestetto italo-olandese di fiati e percussioni, alla seconda uscita discografica, accentua la propensione a un groove jazz che indaga le potenzialità sonore degli impasti tra ritmi e ottoni, trascinando l’ascoltatore in un vortice di spasmodici cambi di tempo, di cadenze poliritmiche di arrangiamenti tanto allungati quanto coloriti, a mo’ di big band. Influenze dall’Africa, dal Sudamerica, dai Balcani, da New Orleans e dall’hip hop. (guido michelone)