AVANT JAZZ
Valorizzare
«l’inascoltato»

L’etichetta di avant jazz Aut Records, base a Berlino e energie italiane, si porta in dote una frase che indirizza l’ascoltatore: «Lingue dell’Inascoltato». Valorizzare momenti cruciali e obliati della storia del jazz che rischiano il collasso mediatico sotto montagne di sonorità «smooth» è sempre coraggioso. Quando poi la qualità balza in primo piano, tanto meglio. Succede con Ornettiana, a nome della vocalist Monica Nica Agosti e ShapeX, quintetto acustico, che prendono e restituiscono lezioni di libertà da Ornette Coleman, 45 minuti di giochi di incastro tra composizioni del genio di Fort Worth e original. Hide Nothing è il terzo lavoro del quintetto Tell No Lies guidato dal pianista Nicola Guazzaloca, arrichito da moltiospiti a fiati e corde: un ponte intelligente tra gioiosa, esplosiva energy music, memore del Sudafrica «free» e lirismo estremo. Infine Kissós, edera, del chitarrista Nicolò Francesco Faraglia col suo Trio: un viaggio nel mito di Dioniso che mette in conto un equilibrio accorto tra composizione e improvvisazione, silenzi e rapidissime concitazioni: affascinante. (Guido Festinese)

TRIBUTI
Nostalgia
dello standard

I tre dischi sono accostabili per due ragioni: tutti propongono brani noti (evergreen e/o jazz standard) e personali tributi a musicisti o temi letterari. Sotto quest’ultimo aspetto è la giovane vocalist afroamericana Samara Joy in Linger Awhile (Verve) a interpretare grandi song (Gershwin, Monk, Garner ecc.) che, con timbro delicato, trattano la nostalgia per un amore, filtrato spesso dal passato o dall’introspezione. La batterista Terri Lyne Carrington con New Standards Vol. 1 (Candid) dà vita a un recupero, per il jazz contemporaneo, dell’universo femminile (Carla Bley, Abbey Lincoln, Marilyn Crispell ecc.) concedendosi un quartetto all-star cui si aggiungono qua e là altri primattori (Ravi Coltrane, Ambrose Akinmusire, Julian Lage ecc.) per un sound corposo e edificante. Anch’egli ispirato all’America, Gerardo Pepe in Orchestrando piano (Caligola) omaggia i pianisti dal bop al post free (Peterson, Monk, Silver, Tyner, Hancock) attraverso una rilettura per big band nello
stile mainstream delle grandi orchestre statunitensi dall’effetto spettacolare. (Guido Michelone)

FOLK POP
Incredibile
Ásgeir

Il tempo passa, inesorabile, e lo si evince anche dal fatto che ci si ritrova ad ascoltare dischi di artisti che ancora pensi siano «novità» ma invece sono ormai da anni su piazza. Come Ásgeir, il cui esordio risale a una decade fa e che oggi è, incredibile a dirsi, l’artista islandese che ha venduto più dischi al mondo… Torna con Time on My Hands (One Little Independent/Bertus), e punta a ripetere gli exploit precedenti, con una serie di brani tra il folk elettronico e il pop e un falsetto che ha sempre un certo effetto «catchy». Terzo lavoro per Old Sea Brigade, 5AM Paradise (Nettwerk/Bertus), che basa il tutto su una sorta di synth pop dall’anima indie folk (vedi, alla lontana, Bon Iver e soci) tendente al facile ascolto. Un disco gradevole, autunnale. Chiudiamo con il nono album per Alex Giannascoli, in arte Alex G, God Save the Animals (Domino/ Self). Il cantautore statunitense non mette in discussione né il suo credo musicale né i suoi argomenti preferiti, regalando quindi brani di puro, onesto indie folk su basi acustiche (piano e chitarra) che non disdegnano inserti elettronici ben calibrati. (Roberto Peciola)

SPERIMENTALE
Ricerche
oltre l’ostacolo

Ricerca e volontà di gettare il cuore oltre l’ostacolo. La label norvegese Sofa vi riesce in queste due uscite discografiche. Jan Martin Smørdal & Øystein Wyller Odden rilasciano Kraftbalanse, composto da due movimenti di circa trentasette minuti dove realizzano composizioni per pianoforte, corrente alternata e archi. In modo geniale, gli autori prendono spunto dal suono della rete elettrica oscillante attorno ai 50 Hz, alla quale hanno allacciato attraverso dei trasduttori il pianoforte, che risulta così risuonare in base alle fluttuazioni della rete stessa. Il tutto accompagnato da un ottetto di archi. Stimolante anche Musica liquida di Ingar Zach. Il musicista incide tre temi che prendono vita con il contatto tra altoparlanti in vibrazione e le membrane di tre tamburi. Risultato decisamente psichedelico, che si apprezza in Mercurio. Intensità e profondità in Of Which One Knows (Room40), firmato dalla georgiana Natalie Beridze che racchiude precedenti incisioni in modo organico in questo album delicato e trasfigurato, come si evince da Forensic of the Thread. (Gianluca Diana)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

CONTEMPORANEA
Antologia
baltica

AA. VV.
ESTONIAN PREMIERES (Out There/Alpha Classics)


**** Tonu Korvits, Ulo Krigul, Helena Tulve, Tauno Aints, Lepo Sumera sono i cinque compositori estoni, con un brano a testa, presenti in questa sorta di nuova antologia, avente quale collante la direzione orchestrale di Paavo Järvi (con l’Estonian Festival Orchestra), il quale sa evidenziare, complice l’amicizia con gli stessi autori più o meno coetanei, un’identità musicale all’insegna di una ricerca post moderna, versatile, spesso rivolta al passato, come già anticipato dai maestri locali Arvo Pärt ed Edkki-Sven Tuur. (guido michelone)

POP
La conquista
del Polo

A-AH
TRUE NORTH (Sony Music)


*** Superstar norvegesi capaci di conquistare anche la lontana America – Take on Me e Hunting High and Low hanno segnato un’epoca anche nel campo dei videoclip -, pur non ripetendo quei fasti, hanno sempre mantenuto un seguito. Ora – nella formazione originale, fatto anomalo fra le pop band – tornano con l’undicesimo disco muovendosi nel solco di un pop sofisticato e mai banale e (addirittura) qualche spruzzata jazz. Registrato a Bodø, a poca distanza dal Polo Nord, i brani – e la loro lavorazione – sono stati oggetto di un film documentario uscito nei cinema con lo stesso titolo del disco. (stefano crippa)

ART ROCK
Il respiro
trattenuto

SARO COSENTINO
THE ROAD TO NOW (Cat Sounds)


**** Quanti dischi, ancora, fanno trattenere il respiro, per timore di incrinare il puro equilibrio di quanto si sta ascoltando? Pochissimi. Mettete nel conteggio ristretto per il 2022 il nuovo disco di Saro Cosentino, polistrumentista, produttore, folletto ubiquo e apolide in quei mondi di confine dove le note perdono le etichette. La squadra riunita: Peter Hammill, Tim Bowness, Karen Eden, Gavin Harrison, John Giblin, Trey Gunn, David Rhodes, Nicola Alesini, Dorota Barova. Ogni ospite, una scheggia imponderabile di malinconica bellezza. Centro pieno. (guido festinese)

METAL
Spettri
gotici

ORBEL
LUR HEZEA (Usopop Diskak/Medication Time Records)


*** Oscuri, spettrali e decisamente amanti di una estetica che si muove tra dark metal ed evocazioni tribali. A dirla tutta, in alcuni passaggi più lenti come la ballata catartica chiamata Hitzordua, rasentano quasi le atmosfere della ambient music. Ma non fatevi trarre in inganno, in quanto all’improvviso ci si ritrova catapultati in ambiente electro goth da sabato notte, come si evince da Gau Batez. Per il resto, introspezione e spettacolarità coesistono, ne è la prova il sensuale video di Irentsi. (gianluca diana)

POST ROCK
Velluto
scuro

A.A. WILLIAMS
AS THE MOON RESTS (Bella Union/Pias/Self)


***** Se amate Chelsea Wolfe, PJ Harvey e Emma Ruth Rundle allora preparatevi ad amare anche lei, A.A. Williams, da Londra. La cantante e autrice inglese conferma con questo secondo album (e dopo un disco di cover e un paio di ep) tutte le qualità che aveva lasciato presagire. Post rock, goth, metal e un senso melodico spiccato che le deriva dagli studi classici (suona chitarra, piano e archi) ne fanno uno dei nomi da tenere d’occhio per il presente e, crediamo, anche per il futuro. E il tutto è condito da una voce di velluto che all’uopo sa come essere aggressiva, ma senza mai andare oltre i limiti. (roberto peciola)

BIRKIN TREE
4.0 (Felmay)
**** Il 4.0 sta per quarant’anni di attività: tenace e resistente, la creatura gaelica voluta dal lirico suonatore di cornamusa Fabio Rinaudo che ha gettato un ponte tra Irlanda e Liguria. Un ospite dalla Scozia, due dall’Isola di smeraldo a integrare un quintetto rodato e dall’intesa perfetta. Un viaggio del quarantennale a gonfie vele. Menzione particolare per la voce di cristallo di Laura Torterolo. (guido festinese)

THE JOHN-PAULS
BON MOTS (Aagoo Records)
*** Ritorno per la formazione texana, ma di stanza a New York. Le chitarre tirano le fila in modo possente e vigoroso, con il sostegno ritmico e le voci che si alternano a dare emotività. Hanno un’indolenza post punk tipica di gente come Yo La Tengo e allo stesso tempo sembra di ascoltare una versione malinconica e addolcita dei Blonde Redhead. Danny Green, Denver Rainbow e No Names i vertici. (gianluca diana)

CRISTINA NICO
CRISTINA NICO (OrangeHome Records)
**** Nico è una delle ideatrici e animatrici di Lilith, associazione culturale e festival esteso dedicato alle cantautrici. Questo non è il suo primo disco, a dispetto del titolo, ma una corposa prova di maturità, dopo tanti anni di labor limae sulla propria creatività. Una poesia scabra e affilata e spesso imprevedibile che riesce a preservare la dolcezza, nulla concedendo al sentimentalismo. La produzione e l’intervento quasi ad ogni strumento di Giulio Gaietto, un «musicista da musicisti» che ha idee e suono. (guido festinese)

PERIGEO
ONE SHOT REUNION (Abeat)
*** Peccato che all’appello manchi D’Andrea nella rimpatriata della massima fusion band della storia europea; ma i 4/5 con Tommaso, Fasoli, Biriaco, Sidney, più il giovane «supplente» Filippini e l’ospite straniero Rossy non fanno rimpiangere i vecchi tempi: a cinquant’anni dall’esordio e quarantasei dal congedo, il sound resta fresco, persino innovativo nel proporre il proprio repertorio con tocchi latin ed etno. Unica data live, Firenze 23 luglio 2019, solo adesso su disco. (guido michelone)

PIXIES
DOGGEREL (Bmg)
*** Black Francis ha ricostituito la seminale band quasi vent’anni fa e tra un tour e l’altro ha sfornato alcuni dischi, non certo memorabili. Il lungo periodo di lockdown gli ha dato la possibilità di mettere mano ai suoi strumenti alla ricerca di una verve compositiva che se non lo riportasse ai fasti degli esordi fosse quantomeno accettabile. E allora ritorno alle vecchie sonorità per dodici tracce che non fanno altro che guardare indietro, e suonare semplicemente Pixies. Basta? Più o meno… (r.pe.)

WHITE HILLS
THE REVENGE OF HEADS ON FIRE (Heads in Fire Industries)
**** Nuovo album per il duo newyorkese. Chi li conosce, e li apprezza, sa già che non ci sarà da aspettarsi chissà quale novità. La band gira ormai da molti anni attorno alle sonorità psichedeliche maggiormente virate verso l’hard rock di matrice Sixties e Seventies. Con i White Hills si viaggia tra visioni allucinogene e sogni incendiari, e qui lo si fa per oltre settantacinque minuti, per undici brani di cui sei rivisitazioni di pezzi dal disco del 2007 Heads on Fire che sublimano con i 21 minuti di Don’t Be Afraid. Per veri appassionati. (roberto peciola)