Gli Ultrasuonati
JAZZ ITALIA
Sulle tracce
di Ulisse
Un sax tenore, a volte soprano, memore di buona parte delle solide lezioni della modernità e contemporaneità, da Rollins a Mobley, da Cotrane a Gordon e Brecker, su un impianto di accompagnamento fatto apposta per esaltarne le doti di trascinante swing, a partire dal confronto serrato con il trascinante contralto di Paolo Recchia, e allora sono unisoni e contrappunti westcoastiani: tutto questo ritrovate in Odisseya di Cristiano Giardini con il suo Quintetto, ispirato ovviamente al viaggio di Ulisse. In vinile numerato, digitale e anche curato master tape, per Birdbox Records. Dalla stessa casa anche l’uscita seguente, concepita con la medesima filosofia: parliamo di II, dal duo Umberto Fiorentino e Claudio Quartarone: il primo usa una chitarra semiacustica, il secondo una classica, e qui ci regalano il seguito di Anamorfosi: un raffinato dialogo che mette in conto tessiture, dinamiche, contrappunti creati all’impronta, figli di ore e ore di confronto serrato. (Guido Festinese)
ALTERNATIVE ITALIA
Il tuffo
al cuore
Dare spazio a realtà nostrane che solitamente restano nell’ombra. Questa settimana parliamo dei S.U.M.O., band piacentina all’esordio con What a Night to Be Alive (Orzorock Music), un disco che risente di influenze Usa, tra stoner, hard e grunge in bella evidenza. Hanno bisogno di prendere una strada ma l’album è ben suonato e cantato. Stessa città, stessa etichetta e simili idee sonore, dove però, al posto del grunge, si denota un gusto psichedelico a tratti quasi folkeggiante, per i Desert Twelve e il loro The Last Dark Wood. Idem come sopra. Era il 1997 e al nostro tavolo arrivò un cd, Gelaterie sconsacrate era il titolo e la band si chiamava Virginiana Miller. Fu amore a primo ascolto da cui nacque anche una bella amicizia. Oggi ci arriva un disco, Jeremy dei Synaesthesia, fuori per la stessa etichetta di Gelaterie, Baracca e Burattini. E fin qui tutto normale, se non che due membri della band sono i figli del bassista e chitarrista originari dei Virginiana… un tuffo al cuore e un pensiero al tempo che passa. Grunge condito con qualche ballad e un po’ di blues. C’è da lavorare ma sono giovani, si faranno. (Roberto Peciola)
JAZZ
Una stagione
d’avanguardia
In ambito femminile, il jazz d’avanguardia, anticipato negli anni Sessanta da figure come Carla Bley o Irene Schweitzer, sta vivendo oggi una bella stagione grazie a nuove strumentiste in grado d’imprimere alla ricerca sonora ulteriori passi in avanti; è il caso ad esempio di Julieta Eugenio con Stay (Cristalyn Records). Argentina, di stanza a New York, in trio e quartetto con Barber, Dwonszyk, Genovese, offre un sound post free con linee melodiche corpose, talvolta ossessive; i britannici Laura Jurd e Paul Dunmall cofirmano Fanfares & Freedom (Discus Music). La giovane trombettista, accanto al saxman veterano dell’improvised music inglese, agisce con un gruppo di nove elementi, in cui spiccano appunto le fanfare come avverte il titolo, in piena libertà espressiva, ma con un gusto da marchin’ band. La polistrumentista statunitense Janel Leppin con To March Is to Love (Cuneiform) uscito in parallelo a New Moon in the Evil Age a nome Janel & Anthony, è alla testa dell’Ensemble Volcanic Ash per un sound quasi cameristico, a riflettere un’attitudine a mescolare jazz e classica, con le orecchie tese a una avanguardia risoluta. (Guido Michelone)
AMBIENT
Riflessioni
sul terremoto
Una nuova stagione è un momento di passaggio. Proproniamo tre nuovi dischi capaci di descriveree al meglio tale situazione. Il migliore del lotto è indubbiamente Yui Onodera con il suo 1982 dove rintracciamo dieci brani che l’autore giapponese ha ideato a Iwate, suo luogo d’origine nella regione orientale di Tohoku. Le riflessioni sul grande terremoto che sconvolse anni fa quell’area, lo hanno portato a ragionare sul senso del degrado e della ricostruzione. I temi II, IV, VI e IX sono delle gemme con cui fa rilucere la sua creatività. Disco notevole pubblicato dalla Room40, la quale si occupa anche di Material del duo di Brisbane, Australia, Connor D’Netto x Yvette Ofa Agapow. Qui il mood è decisamente più onirico e oscuro, con accenti noise e psych che garantiscono profondità. Si pongono in evidenza It Comes in Waves e Rough Fall, Skinned Arms. Chiusura affidata all’islandese Bistro Boy, al secolo Frosti Jonsson, che rende disponibile Ambient Short Stories (Möller Records) dove troviamo undici incisioni chete e rilassanti, al limite del meditativo. Brillano Little Streams e Lonely Sparkles. (Gianluca Diana)
LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico
INDIE ITALIA
Impeccabili
accelerazioni
DEAR BONGO
UNFULLFILLED (Slack Records)
**** Una macchina da guerra sonora. Rodatissima, che fa pensare al miglior punk funk newyorkese (Contortions), che a tratti guarda ai Sex Pistols, con un lead singer che ricorda Richard Hell o le voci disperate e strozzate della wave inglese. Tra accelerazioni impeccabili e ritornelli «in your face», stile OI!, ci colpisce con bridge strumentali che sanno di improvvisazione, dove la band sbatte qua e là con saggezza tra indie rock , punk, psichedelia e molto altro e con attitudine jazz pura. (viola de soto)
HARD ROCK
Una voce un po’
fuori dal coro
DEEP PURPLE
=1 (earMusic/Edel)
*** Sia consentita una voce un po’ fuori dal coro degli entusiasti, per questa attesa uscita dei Deep Purple, la prima con Simon McBride, allo strumento cruciale per il nobile hard rock, la sei corde. Nulla da dire sul fatto che l’irlandese sia uno strumentista di valore. Il problema è che, per la prima volta dai tempi di Purpendicular, 1996, viene meno lo squisito bilanciamento tra durezza e inventive derive prog, il portato di Steve Morse. Qui si cerca di riprodurre qualcosa di roccioso che sta tra In Rock e Fireball. Con l’ombra ghignante di Blackmore sullo sfondo. (guido festinese)
JAZZ ITALIA/2
Il gioco
è fatto
LETIZIA MICHELI
BANG BANG (Brazz Art/Caligola)
**** A volta basta un’idea facile o in apparenza ovvia e scontata, ma che nessuno nel jazz italiano aveva mai praticato: selezionare 10 canzoni pop (tra nostalgie beat e finezze soul) e interpretarle con un piano jazz trio (Marini, Arienti, Olivieri); e se il tutto – da Tintarella di luna a Hit the Road Jack, da Gino Paoli a Melody Gardot (unica «moderna») – è corroborato da swinganti arrangiamenti e una voce grintosa, originale, potente, efficace, les jeux sont faits! Ecco nuove convincenti strade alla black music targata Europa. (guido michelone)
METAL PSYCH
Un crescendo
inarrestabile
SOLAR TEMPLE & DEAD NEANDERTHALS
EMBERS BEGET THE DIVINE (Consouling Sound)
**** Un po’ di numeri: 3 brani (intitolati I, II e III), 2 band, 4 membri in tutto, 52 minuti di musica. Il risultato di questa somma è un disco potente, potentissimo. Heavy psych e post metal drone di altissimo livello che farà la gioia degli amanti di Elder, Circle e perché no Godspeed You! Black Emperor. La ripetitività dei giri armonici con un crescendo inarrestabile danno forma a brani nati in un mese di prove e realizzati dai due duo (scusate la cacofonia) olandesi in una performance live al Roadbrun Festival. Se cercate adrenalina sonica, questo disco fa per voi! E per noi! (roberto peciola)
BLUES
In volo
sulle idee
JONTAVIOUS WILLIS
WEST GEORGIA BLUES (Strolling Bones Records)
**** È un lavoro che si candida ad entrare tra i migliori dell’anno, palesando la maturazione artistica del giovane bluesman. Willis ha le idee chiare sia nello scrivere che nel realizzare il proprio suono. Con coraggio sceglie come brano d’apertura la title-track, un brano a cappella dove oltre alla sua voce brillano quelle di Lloyd Buchanan e Jayy Hopp. Le successive incisioni lo vedono impegnato sia in acustico – notevoli i tempi lenti di Too Close to the Finishing Line e quelli maggiormente ritmici di Charlie Brown Blues – che in elettrico con una Lost Ball raw’n’dirty. Il vertice con A Lift Is All I Need e Lula Mae. (gianluca diana)
AA. VV.
’NA STRADA ’MMIEZ’O MARE/NAPOLI PER FABRIZIO DE ANDRÉ (Nota Records)
**** 14 e 15 settembre 2015, Cortile del Maschio Angioino a Napoli. Una sfida apparentemente impossibile: tradurre l’osticità dei testi in un genovese arcaico e futuribile assieme di Crêuza de Mä, capolavoro di Fabrizio De André, in napoletano. Sul palco Teresa De Sio, Francesco Di Bella, Gerardo Balestrieri, Enzo Gragnaniello con Mimmo Maglionico, Maldestro, Nando Citarella, Nuova Compagnia di Canto Popolare. Scommessa azzardata ma vinta in pieno. (guido festinese)
PAAVO JARVI & FRANKFURT RADIO SYMPHONY
PELLÉAS ET MÉLISANDE (Alpha-Classics)
**** La pièce Pelléas et Mélisande (1882) dello scrittore Maurice Maeterlinck ispira nel primo Novecento ben quattro compositori, da Sibelius a Debussy, fino ai due presenti nella registrazione: l’Op. 84 di Gabriel Fauré rientra nel novero del poema sinfonico dal gusto simbolista, mentre l’Op. 5 di Arnold Schoenberg, benché tenti di riflettere i dettagli dell’originale, ispirò violente reazioni di pubblico e critica, quasi ad anticipare il carattere rivoluzionario della sua opera. (guido michelone)
GIACOMO PAPETTI
THE LOOM CHORALE (Barly Records)
**** The Loom: il telaio, e dunque come molte voci fortemente individuali, assieme, possano dar vita all’ordito a base d’un tessuto musicale che ha il proprio effetto solo nell’insiemei. Chorale, perché questo era l’effetto raggiunto in tempi lontani da diverse «voci» assieme. Papetti ci mette il suo basso e l’idea compositiva, Nelide Bandello la punteggiatura della batteria, Achille Succi al clarinetto basso e Fulvio Sigurtà alla tromba due voci solistiche che generano continui incontri dialogici. (guido festinese)
SCANNER & NEIL LEONARD
THE BERKLEE SESSIONS (Alltagsmusik)
**** Una gemma. La registrazione dal vivo nel 2014 al Berklee College di Boston sembra oggi figlia un’epoca ben più lontana di quella che musicalmente stiamo vivendo. È psych mescolato al post rock con dentro un jazz di altissimo livello suonato da un trio notevole che accompagna i due leader. Sembra passato un secolo, ma per chi conosce vi sarà soddisfazione, per chi scopre ora quel mondo sarà una rivelazione. (gianluca diana)
THE THE
ENSOULMENT (Cinéola/earMusic)
*** Il ritorno di Matt Johnson e della sua creatura The The è una delle notizie dell’anno. 24 anni fa l’ultimo lavoro, poi un lungo silenzio spezzato da alcune colonne sonore, oggi eccolo di nuovo in pista con un disco che riflette il suo stile, mai fuori le righe ma difficilmente dentro i confini stabiliti. Brani mid-tempo in cui le liriche e la voce – tra il melodico e lo spoken word – spiccano come da prassi. (roberto peciola)
BILL WYMAN
DRIVE MY CAR (Bmg/Warner)
*** Ci vuole coraggio a lasciare i Rolling Stones. Eppure nel 1994 Bill Wyman se andò dalla «migliore rock’n’roll band del mondo», anche se, soprattutto, per problemi di salute. Non per questo ha rinunciato a incidere dischi e a suonare in giro. A 88 anni ha ancora voglia di mettersi in gioco con un album più che dignitoso, tra blues, rock’n’roll e un groove alla JJ Cale. Non è certo un capolavoro ma un bel sottofondo di qualità. (antonio bacciocchi)
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento