JAZZ ITALIA
Strumenti
d’elezione

Ottimi solisti, ognuno a padroneggiare uno strumento diverso. A volte con mentori d’eccezione. È il caso del chitarrista molisano Gianmarco Ferri (di formazione bostoniana) che nel suo Trio per On the Scene (GleAM) ospita il grande David Kikoski al piano (e Alulli al tenore in un brano). Hard bop guizzante e sapido, per un giovane maestro della sei corde che ha ben recepito la lezione di Montgomery, Green, Hall. Anche per Giovanni Palombo strumento d’elezione di una vita è la chitarra, ma nella versione classica, e padroneggiata con un finger style luminoso intriso di cangianti colori mediterranei, e bei riferimenti alla new acoustic music. Passaggi (Emme) è il nuovo, ottimo disco: che alterna brani in solitudine, due duetti col sontuoso piano di Alessandro Gwis, pezzi in quartetto con sax soprano e clarinetto, violoncello, percussioni. Batterista compositore è Federico Chiarofonte, che con Underbrush (GleAM) sigla il suo debutto solista: notevole carica poliritmica, composizioni tese, due compagni d’avventura come Vittorio Solimene e Alessandro Bintzios. (Guido Festinese)

ALTERNATIVE
La rivincita
dell’indie

L’accezione «alternative» ha da tempo soppiantato il termine «indie». Però poi arrivano band, e dischi, che con quella scena hanno ancora molto a che vedere. È il caso delle londinesi Goat Girl che con il loro terzo lavoro, Below the Waste (Rough Trade/Self), ammorbidiscono il loro stile, che non è certo rivoluzionario o innovativo, ma ha dalla sua una dose di personalità non scontata. E a livelli di liriche mantengono la critica, forte, alla società, dalla loro visione queer e decisamente di sinistra. Il termine indie rock poi ti porta, inevitabilmente, dalle parti di New York e qui le nuove band devono affrontare i «demoni» dei loro predecessori. Tra queste si affacciano, con l’aiuto di Dan Carey alla produzione, i Been Stellar, cinque ragazzi di Brooklyn che debuttano con Scream from New York, NY (Dirty Hit), un mix di indie rock e post punk con reminiscenze varie e, anche qui, una spiccata personalità. Back to London con i Bar Italia, che tornano con l’ep The Tw*ts (Matador/Self). Tre inediti e un brano dal precedente The Twits che non spostano il loro standard, tra post punk e shoegaze. (Roberto Peciola)

WORLD MUSIC
Un elemento
geografico

La world music europea è variamente composita tanto nelle sonorità quanto nelle diverse provenienze dei componenti delle band in azione. A unire il tutto c’è un elemento geografico: il Mar Mediterraneo. Si mette in luce il sestetto franco-siriano Sarab con Qawalebese Tape (Colore/L’Autre Distribution), proponendo con efficacia e originalità, le melodie arabizzanti e le timbriche jazz (anche grazie ai fiati) non senza incorporare ritmi electro e colori rock e persino segnali free e accenni prog. Barcelona Gipsy Balkan Orchestra, composta da quattro spagnoli, un’italiana, un francese, un serbo e un ucraino, con 7 (Satellite K/BGKO) ripropone un’azzeccata miscela di musiche tradizionali dei Balcani, dell’Est Europa, del Maghreb, del Medio Oriente, con un tocco moderno che riprende altresì il klezmer e lo swing gitan. Infine Carlos Coronado in Flamenco mediterraneo (Segell Microscopi) è un viaggio del leader chitarrista (con un violino e due percussioni) dalla Catalogna all’Andalusia a esternare le differenti varianti di una cultura popolare dalle origini arcane. (Guido Michelone)

IMPRO
Quei concetti
da stravolgere

Strumenti a corde che stravolgono concetti esistenti. Dalla Serbia Tijana Stankovic con voce e violino dà vita a Folk Songs (FRIM Records). L’autrice, già nella formazione electro folk Lenhart Tapes di Belgrado, incide quattro brani dove fonde improvvisazione strumentale e folk balcanico. Il disco, registrato dal vivo ad aprile 2022 al Fylkingen di Stoccolma, è coraggioso e temerario. Equilibrio tra sperimentazione ardita e rassicuranti linee melodiche popolari in Kontra e «Jano Mori» Variation & Improvisation. Michele Marco Rossi, affermato violoncellista romano capace di spaziare dalla classica all’avanguardia, pubblica Canzoniere (Col legno). Si tratta di otto temi in cui lo strumento è assoluto protagonista. Le atmosfere sono multiformi, a volte sognanti, altre inquiete e oscure. Ascoltate Herz, RIFF23 ed Esili canti d’attesa (Canto secondo). Finale con Laurent Pernice e il suo Antigone (ADN). Il musicista francese a basso ed elettronica, avvalendosi della viola di Violaine Sultan, licenzia un lavoro che si immerge nella tragedia di Sofocle. Volume alto per Avant la lutte. (Gianluca Diana)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

DANCE ELECTRO
La voce
della dj

PEGGY GOU
I HEAR YOU (XL/Self)

*** Dj, produttrice, nata in Corea ma di casa a Berlino, Peggy Gou è in realtà una popstar a tutto tondo, con milioni di follower e una linea di abbigliamento. I Hear You rappresenta il suo album di debutto – dopo una serie di singoli – dove far sentire anche una voce piccola ma gradevole. La ricetta è un taglia e cuci di musica house, accostata all’elettronica ma senza essere ossessiva e una ricerca invece spasmodica del ritornello giusto. Qui troviamo Lobster Telephone e la collaborazione con Lenny Kravitz in (It Goes Like) Nanana. La rivedremo alla consolle il 14 agosto al Panorama Festival (Salento). (stefano crippa)

 

ALT POP
Una finestra
sul funk

JOHN GRANT
THE ART OF THE LIE (Bella Union/Self)

*** Non si può certo dire che John Grant sia uno che si culla sugli allori, e che, trovata la vena aurifera la sfrutti fino ad esaurimento. Dall’esordio, magnifico, di Queen of Denmark, anno di grazia 2010, l’ex leader degli Czars ha cambiato registro quasi ad ogni disco e ora, con The Art of the Lie, sesto album solista, fa un ulteriore passo verso il funk con il denominatore comune dell’elettronica e un uso alquanto sostanzioso del vocoder, ma mai fine a se stesso. Il disco vive di momenti alterni, brani per il dancefloor e tracce più intime e riflessive nel suo classico stile melodico. (roberto peciola)

 

JAZZ ITALIA
Prendete posto
sotto il tendone

GIOVANNI VANNONI
IL CIRCO (Workin’ Label)

**** Gli spettacoli circensi hanno sempre affascinato il mondo del jazz. Anche chi, in quel mondo, abita le regioni della ricerca, ad esempio il Threadgill del Very Very Circus. Ma il circo è anche soglia onirica fellinana, meraviglia, imprevisto: tutto comburente prezioso per la musica. Giovanni Vannoni qui si concede un ragionato e ludico fuoco di fila scoppiettante di invenzioni sonore sul tema. Sul pianoforte citazioni incrociate, anche classiche, e gli spiriti-folletto di Chick Corea, di Bollani, di Rota a guidare il percorso. Prendete posto sotto il tendone. (guido festinese)

 

ALT ROCK
Ritorni
inattesi

THE WRECKERY
FAKE IS FOREVER (Gusstaff)

**** Direttamente dalla prolifica scena rock australiana degli anni Ottanta tornano, dopo ben 35 anni di silenzio, i Wreckery, due album all’attivo e lo scioglimento nel momento in cui il successo sembrava alla portata. Hugo Race, che della band era la mente, approdò ai Bad Seeds di Nick Cave e ha poi proseguito con un’importante carriera solista. Il nuovo album è un riuscito mix di blues dalle tinte noir, con influenze soul, rock’n’roll e funk, tanto groove e canzoni di grande spessore, dal taglio moderno, fresco e coinvolgente. (antonio bacciocchi)

 

ALTERNATIVE ITALIA
I primi
passi

ZU
THE LOST DEMO (Subsound)

**** La periferia romana assolata d’estate e umida per la maggior parte dei mesi dell’anno è stato il luogo dove la band ha mosso i primi passi. Tra un tentativo e l’altro misero assieme questa prima seduta di registrazione, utilizzata per farsi conoscere e che poi scomparve. Riprende ora vita: è un’istantanea verace e sanguigna che si distingue per suoni grezzi e ricchi di spunti che si espanderanno negli anni a seguire. Musicalmente siamo davanti poco meno di venticinque minuti divisi in cinque brani colmi di idee e furore. A volume alto Villa Belmonte e Film nero. (gianluca diana)

 

AA. VV.
THE ROSE OF ITALIAN CELLO (Stradivarius)
**** Chiara Burattini (violoncello) e Umberto Jacopo Laureti (pianoforte) si dedicano al repertorio primo-novecentesco con brani di Busoni, Malipiero, Wolf-Ferrari e lavori di autori poco noti (E. Mainardi e D. Alaleona): modernità ancora in parte intrisa di tardo-romanticismo d’ispirazione tedesca, ma già proteso al nuovo pur recuperando idee neoclassiche apprezzabili per il rigore formale e in questo caso l’ottima interpretazione. (guido michelone)

BORDERLAND TRIO
REWILDER (Intakt)
**** Che meraviglia la musica del Borderland Trio, tre nomi di grande caratura come Eric McPherson alla batteria, Stephan Crump al contrabbasso, Kris Davis al piano: il titolo del progetto è rispettato in pieno, perché sono tutte «terre di confine» quelle sfiorate in campiture imperiose o sognanti (a volte tutte e due le dimensioni assieme). Metalli tintinnanti, grumi di note a galleggiare in un vuoto limbico dal piano riprese e rilanciate dal basso, echi di gamelan, un inquieto «recercare», pura bellezza. (guido festinese)

NICOLA CAMINITI
VIVID TALES OF A BLURRY SELF-PORTRAIT (Fully Altered Media)
*** Italiano residente a New York, dove registra quest’album in compagnia di una ritmica stellare , il sassofonista (alto e soprano) nelle intenzioni prepara una sorta di concept album in 11 brani, facenti riferimento a episodi vissuti o musicisti per lui determinanti. Tuttavia raccontare o evocare con la sola musica resta un’utopia, ma il disco è apprezzabile quale esempio di aggiornato hard bop. (guido michelone)

DISORIENTATIONS
LOST TODAY (Pias/Self)
*** Abbiamo più volte preso in esame la scena post punk revival. Mentre molte di quelle band stanno pian piano prendendo strade sempre più personali, altre, come questo trio belga, tendono a rifarsi quasi pedissequamente a certe sonorità tra il dark, la wave, lo shoegaze. Lost Today, loro secondo lavoro, è un salto indietro di 40 anni, con un senso di già sentito particolarmente forte. Ma il risultato è piacevole, e tanto ci basti. (roberto peciola)

NICOLE JOHÄNNTGEN
LABYRINTH (Selmabird)
*** Sassofonista (e compositrice) tedesca da sempre impegnata in iniziative femministe, Johänntgen segue numerosi progetti artistici, anche in solo. In Labyrinth i suoi ottimi sax alto e soprano hanno il supporto essenziale della tuba di Jon Hansen e delle percussioni di David Stauffacher, su materiali di sua composizione. Funky, jazz e blues sostanziano un’incalzante e ritmicissima musica, che si concede uno squarcio melodico solo in Little Song for Nenel. (luigi onori)

BERNARDO SOMMANI
((ONDE)) (TSCK)
*** Sommani si colloca in ambito cantautorale, anche se, da factotum del progetto, arrangia con gusto e sapienza i brani, come nell’apertura Salvare il pianeta, in cui la chitarra tagliente di Bernardo si intreccia con arrangiamenti funkeggianti. Per non parlare di Forte, brano che si muove agilmente tra pop e disco simil deep house su cui galleggiano arpeggi di chitarra elettrica indie. Album che si destreggia con leggerezza tra generi tra loro distanti. (viola de soto)