Gli ultimi che probabilmente non saranno mai i primi
Mobilità a Mosca e Roma Le due capitali rispettivamente al penultimo e all'ultimo posto nella classifica generale
Mobilità a Mosca e Roma Le due capitali rispettivamente al penultimo e all'ultimo posto nella classifica generale
Tempo fa mi sono lanciato in un elogio di Luigi Malabrocca, la famosa maglia nera del Giro d’Italia dei tempi di Coppi&Bartali. Ma stavolta essere ultimi non è un premio, né un vanto, e tantomeno un argomento su cui fare i gradassi, visto che qui si parla di vivibilità: il cui contrario è «mortalità», e vista in quest’ottica siamo i primi. Solo gli adoratori della Triste Mietitrice possono gioire.
In questa settimana sono apparsi quasi contemporaneamente due rapporti che denunciano sia l’avvelenamento dell’aria sia l’avvelenamento in senso lato della vita in strada. Uno, quello di Cittadini per l’Aria, testimonia lo sforamento del biossido d’azoto a Milano e Roma; l’altro, commissionato da Greenpeace al Wuppertal Institute tedesco, prende in considerazioni 13 capitali della zona geograficamente definibile europea (ci sono anche Mosca, Oslo e Zurigo). Vorrei cominciare dal secondo.
Lo studio, si legge, «analizza la mobilità urbana di 13 grandi città europee: Berlino, Londra, Vienna, Bruxelles, Mosca, Roma, Zurigo, Parigi, Amsterdam, Copenaghen, Oslo, Budapest e Madrid. Per misurare e valutare la sostenibilità di questi 13 sistemi di mobilità urbana, il rapporto analizza 21 indicatori che rappresentano il grado di efficienza del trasporto pubblico, la mobilità attiva (pedonale e ciclistica), il livello di sicurezza stradale, la qualità dell’aria e le politiche di incentivo alla mobilità sostenibile. I dati utilizzati sono stati raccolti dalle fonti ufficiali disponibili pubblicamente o direttamente dalle amministrazioni cittadine».
Roma è in fondo alla classifica molto spesso, e in classifica generale è ultima, mentre la penultima è Mosca. Su questo vorrei spendere due parole: ho pedalato a Mosca e sono consapevole dello stato di inciviltà stradale che anche lì regna, così come a San Pietroburgo. Un bullismo stradale identico a quello italiano, solo molto più esteso di qualsiasi città italiana per l’enormità dei luoghi. «Gli indicatori che hanno maggiormente concorso a questa valutazione -si legge nel rapporto- sono la sicurezza stradale, il mobility management e la mobilità attiva; anche in termini di qualità dell’aria – inferiore alla media di quella delle altre città – e trasporto pubblico, gli indicatori che individuano Roma mostrano delle performance comunque negative».
Le prime tre in classifica sono Copenhagen, Amsterdam, Oslo; Madrid è sesta, Parigi settima, Londra e Berlino pari al decimo posto.
Vengo al primo dei rapporti che citavo in apertura: dal 2 febbraio al 2 marzo l’associazione Cittadini per l’Aria ha promosso un rilevamento «dal basso» della qualità dell’aria, con centinaia di provette installate a Milano, Brescia e Roma da parte di volontari, con l’obiettivo di misurare il biossido d’azoto, tra i tanti gas prodotti dalla motorizzazione di massa, in particolare diesel.
Praticamente tutta Roma è fuorilegge, con livelli sopra i 40 microgrammi per metro cubo. Questo anche ad Ottavia, dove vive la sindaca di Roma il cui marito ha installato il campionatore davanti alla scuola di loro figlio.
Sono dati da brivido e tuttavia apparentemente incapaci di smuovere le coscienze individuali, le responsabili dei vari crimini che quotidianamente questa società malata infligge a sé stessa.
Ognuno degli indicatori citati è direttamente provocato dal folle modo di spostarsi. L’imputato numero uno è l’intero sistema automotive. «La tua macchina ci sta uccidendo», direi in breve.
Qualche giorno fa Marina Catucci, dagli Usa, raccontava sul manifesto dell’ennesima strage a scuola di un allievo armato: mi ha molto colpito che il governatore del Texas dicesse «il problema non sono le armi, ma le porte delle scuole». Come livello di follia credo che costui non sfigurerebbe in Italia.
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