Dalle sue pieghe nascoste e dai suoi momenti più oscuri la Storia ci parla, «guarda» e riguarda l’oggi come monito e strumento di comprensione. L’anno prossimo segnerà l’ottantennale dalla fine della Guerra civile spagnola, un conflitto che ha coinvolto direttamente l’Italia su entrambi i fronti: quello repubblicano in cui si sono battute le brigate internazionali e con loro tanti italiani di valore come Nenni, Longo e Togliatti – e quello franchista che ha avuto il supporto delle truppe e le legioni volontarie fasciste a partire degli albori del colpo di Stato militare. Ma proprio l’intervento fascista nella Guerra di Spagna è un evento trascurato dalla storiografia – una «terra di nessuno» come dice Daniela Aronica, curatrice insieme ad Andrea di Michele della mostra organizzata da Istituto Luce-Cinecittà «Fu la Spagna! Lo sguardo fascista sulla Guerra civile spagnola» che si inaugura oggi a Roma al Teatro dei Dioscuri al Quirinale, dove resterà fino al 18 novembre.

«All’indomani della vittoria di Franco l’Italia è infatti subito impegnata nell’invasione dell’Albania, e di lì a poco scoppia la seconda guerra mondiale», spiega Aronica. «Quando invece le potenze dell’Asse vengono sconfitte, l’attenzione degli storici nell’Italia repubblicana si sposta sul ruolo e il contributo delle brigate internazionali». Ma la Guerra civile spagnola, continua la curatrice, è il primo grande «scontro ideologico» in cui si trovano coinvolte le nazioni europee, e quello dove viene consistentemente sperimentata una propaganda nuova, consentita dallo sviluppo tecnologico con i suoi mezzi leggeri come le macchine fotografiche: «È la prima guerra seguita in diretta da un pubblico di massa» – e non è un caso che sin dal suo inizio il regime fascista instauri in Spagna un suo ufficio propaganda dal quale, dopo aver passato la censura militare, arrivano in Italia le immagini che raccontano il conflitto.

Attraverso 300 fotografie – «la punta dell’iceberg» di oltre 20.000 immagini d’archivio studiate dalla curatrice e docente all’Università di Barcellona – la mostra lavora dunque sullo «sguardo fascista» sugli eventi suddividendolo in tre diverse prospettive: quella offerta dalle foto della stampa – «che costruiscono il racconto della guerra dal punto di vista del regime» – le foto dei legionari – realizzate privatamente e che possono tradire ad esempio l’orrore della morte – e quelle militari, nelle quali è evidente l’interesse verso i nuovi strumenti bellici come l’aviazione.

Un’analisi attenta e profonda che fa rivivere il materiale d’archivio e interpella lucidamente il modo di guardare gli eventi come componente essenziale degli eventi stessi, e colloca davanti ai nostri occhi «la Storia» non tanto nel meccanico inanellarsi delle sue date e delle battaglie ma proprio nella complessità degli sguardi che si incrociano attorno ad essa e che ci riguardano in quanto osservatori.

Possono bastare ad esempio le foto di una nave mercantile – il piroscafo Lombardia – a ricapitolare il ruolo del fascismo nella guerra di Spagna e il mutare della sua prospettiva: immortalata da legionari e militari mentre in incognito (senza bandiere e col nome coperto) lascia Gaeta nel 1936 alla volta di Cadice, testimonia il tradimento di Mussolini verso gli impegni presi con il Comitato di non intervento. La ritroviamo poi nelle foto che la immortalano al suo ritorno, a guerra finita, con il nome e i colori bene in vista, perché ormai il duce «vittorioso» non ha più remore a dare prova del ruolo italiano nella guerra. Un «golpe fallito – come lo definisce la curatrice – che diventa immediatamente una guerra civile internazionale, proprio come la Siria oggi». E, sempre in parallelo con l’oggi, fatta anche di organismi internazionali come la Società delle Nazioni che restano a osservare impotenti mentre l’Europa scivola nel baratro – e la realtà viene ridotta alla narrazione perenne della propaganda.

Una delle foto in mostra ritrae una donna repubblicana armata di fucile -«le donne italiane immortalate sono solo madri o vedove dei caduti, quelle franchiste sono infermiere, portano il velo e mai le armi» spiega Aronica – con lo sguardo fiero guarda in macchina e sorride: pubblicata da «Life» l’immagine viene descritta come quella di una combattente dopo la battaglia. Ripresa e «risemantizzata» dalla stampa italiana diventa una «megera» sovversiva. Da un angolo della Storia, la sua immagine continua a guardarci.