Al centro del reparto Kss, il cuore della Portovesme srl, l’unica fabbrica in Italia a produrre piombo, sulle celle di condensazione del minerale fuso svetta, per cento metri verso il cielo del Sulcis, Sardegna sud occidentale, una ciminiera. Dai ieri mattina in un piccolo locale all’apice del fumaiolo sono asserragliati quattro operai che protestano perché l’azienda per la quale lavorano ha bloccato quasi tutti gli impianti e messo in cassa integrazione 1.300 dipendenti.

IL BLITZ È SCATTATO PRESTO, verso le sette, poco prima che partissero, programmati dall’azienda a cominciare dalle otto, stop della produzione e ammortizzatori sociali. Per sostenere l’azione dei loro compagni, gli altri operai della Portovesme srl si sono riuniti in assemblea permanente insieme con i lavoratori dell’indotto (sono 500 gli operai impiegati negli appalti, tutti ora a rischio Cig e tutti da ieri in sciopero).

È PROBABILMENTE IL MOMENTO decisivo di una vicenda che dura da due anni. Al centro di tutto ci sono i costi dell’energia. La Portovesme srl, che sforna insieme con il piombo anche zinco, oro, argento, rame e acido solforico, di energia ne consuma molta, come tutte le fabbriche che producono metalli. E dal 2021 a oggi acquistare megawattora per far girare le macchine è diventato sempre più oneroso. A causa, in una prima fase, delle turbolenze dei mercati internazionali determinate in prevalenza da movimenti speculativi e, in una seconda fase, soprattutto degli effetti sui listini energetici della guerra in Ucraina, si è passati da un costo di 47 euro a megawattora a cifre che hanno raggiunto anche gli 800 euro a megawattora.

A QUESTO TREND l’azienda del gruppo anglo-svizzero Glencore che opera in Sardegna ha reagito riducendo progressivamente la produzione e avviando un piano di razionalizzazione che prevedeva, all’inizio, la cassa integrazione per circa 600 dipendenti a rotazione. Con il conflitto in Ucraina però la situazione è precipitata e nello scorso dicembre dal quartier generale del gruppo in Svizzera è arrivato un doppio annuncio: lo stop dell’ottanta per cento degli impianti dal 1° febbraio 2023 (decisione puntualmente attuata trenta giorni fa) e il ricorso alla cassa integrazione per tutti i 1.300 lavoratori a partire dal 28 febbraio 2023 (decisione attuata l’altro ieri con la conseguente clamorosa azione di protesta dei quattro operai che si sono barricati sulla ciminiera del reparto Kss).

I sindacati hanno tentato in tutti i modi a scongiurare il blocco della produzione e gli ammortizzatori sociali. Hanno provato a coinvolgere Regione Sardegna e governo chiedendo loro che trovassero la maniera di ridurre i costi energetici, non solo per la Portovesme srl ma anche per tutte le altre aziende metallurgiche del Sulcis che navigano in cattive acque (Alcoa e Sider Alloys). Tutto vano. «Gli impegni assunti dalla Regione Sardegna e dal governo – dicono le segreterie sarde di Cgil, Cisl e Uil – per una soluzione che avrebbe dovuto portare a un accordo tra Portovesme srl e un fornitore di energia operante sul libero mercato incentivato, attraverso un rimborso pubblico, a vendere megawattora a prezzi calmierati non hanno portato a nulla. E’ in questo contesto che è esplosa la protesta. Ora da Regione Sardegna e governo ci aspettiamo l’assunzione di responsabilità che sinora è mancata».

«QUESTO NON È UN COLPO di testa, ma un’azione a sostegno delle iniziative messe in atto sinora dalle rappresentanze unitarie in fabbrica e dai sindacati – dicono i quattro operai saliti sulla ciminiera -. Non bastano rassicurazioni generiche per farci scendere. Prendiamo atto che agli impegni della Regione Sardegna e del governo non sono seguiti risultati tangibili. A oggi i livelli istituzionali non hanno messo in campo alcuna iniziativa finalizzata a modificare le azioni dell’azienda. A questo punto vogliamo un incontro urgente a Roma che sblocchi la vertenza». Incontro che chiesto anche da Cgil, Cisl e Uil. Dal governo è arrivata la risposta del ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso, che ha deciso di convocare, per dopodomani, un tavolo di confronto sul caso Portovesme srl al quale parteciperanno sindacati, azienda e Regione Sardegna.