Sembra avere le idee chiare il Cristiano De Andrè che ritorna sul palcoscenico dell’Ariston. A proprio agio e sicuro di sè, difeso da un pugno di appunti scritti su fogli volanti, il cantante e musicista genovese non si nasconde e domanda sulla sua partecipazione al Festival: «Non ho avuto nessunapressione né da Fabio Fazio, né dal suo entourage. Valeva la pena di tentare, è stato un mio convincimento tornare a Sanremo e con due pezzi a mio avviso giusti che consentono di dare più luce all’album Come in cielo così in guerra, al tour che seguirà e ad altri progetti come un’opera rock che ho scritto, una sceneggiatura per un film e materiale che andrà a comporre altri due volumi di De Andrè canta De Andrè. Tento di dare, comunque, una mia impronta, soprattutto con il primo brano Invisibili a cui tengo particolarmente».

E sulle polemiche che hanno anticipato l’ascolto del pezzo ci tiene a precisare che: «Mio padre non c’entra nulla con la canzone. Non è dedicata a lui, ma a un mio caro amico, al mio più caro amico alla fine degli anni 70. Di certo era una Genova dura quella di allora quando avevo vent’anni, mentre alla mia stessa età Fabrizio viveva in una città bella e vivace. Insomma, niente a che fare con quella raccontata in Invisibili». La consapevolezza di avere una canzone vincente e di essere tra i favoriti, a dar retta ai sondaggisti e ai rumours che puntualmente invadono ogni edizione del festival, non distoglie Cristiano dal parlare del brano sfiorando una sincera autoanalisi di ciò che era e pensava quand’era un giovane di venti anni: «È il ritratto della mia generazione. È il racconto di uno scontro generazionale. Avevamo 18-20 anni e non riuscivamo ad accettare i limiti borghesi e morali di una visione adulta della vita che assolutamente non condividevamo. Per mia fortuna, a differenza dei miei amici che vivevano in famiglia rapporti di assoluta incomunicabilità, avevo un padre di larghe vedute. Ma, anch’io avevo una mia personale confusione e inquietudine, ero sempre il figlio di… e a nessuno sembrava interessasse di Cristiano. Una inquietudine che incanalai nella grande passione per la musica, nello studio del violino al conservatorio».

Erano i tempi dei primi problemi familiari, un periodo che coincideva con gli anni di un’Italia democristiana che aveva mal digerito e sopportato a denti stretti la vittoria dei referendum sul divorzio e sull’aborto. «Un’Italia che a vent’anni non sopportavo, per quello che stava succedendo tra stragi e tangenti» E poi all’improvviso apparve l’eroina. Città come Genova e come Verona ne furono invase. In molti vi si avvicinarono e rimasero bruciati. Un’intera generazione fu tolta di mezzo. Chi si drogava andava ad ingrossare un esercito di invisibili, ma invisibili erano anche gli assassini. Nessuno voleva vedere, soprattutto gli adulti.

Se Invisibili sembra non prevedere una via d’uscita, il secondo brano Il cielo è vuoto, un speranza di cambiamento di rotta pare indicarla: «Dobbiamo riuscire a dipingere nuovamente il cielo e non con colori preconfezionati. Ascoltando la nostra anima, tornando ad essere dei sognatori e allontanandoci da logiche di mercato e di consumo. Ecco mi piacerebbe tornare a riempire quella sacca dell’anima così importante negli anni più creativi dei 60 e 70». Ci sarà tempo per leggere l’autobiografia che a breve De Andrè pubblicherà come ci sarà spazio a Sanremo anche per un omaggio a Fabrizio, quando Cristiano canterà venerdì Verranno a chiederti del nostro amore: «L’ho scelta perché ho ancora in mente le lacrime di mia madre quando mio padre gliela fece ascoltare di notte dopo averla composta. Avevo poco più di dieci anni fui svegliato e spiai quel loro momento di intimità».