Hanno salvato la loro fabbrica e l’hanno resa un modello di economia circolare. Una favola da film? No, è una storia vera. Ed è quella dei lavoratori della Pirinoli, storica cartiera di Roccavione, nel Cuneese, che nel 2015 hanno rilevato l’azienda fallita e il 6 dicembre scorso sono stati proclamati Ambientalisti dell’anno, ricevendo a Casale Monferrato il premio Luisa Minazzi, istituito da Legambiente e dalla rivista La Nuova Ecologia, giunto alla sua tredicesima edizione.
Roccavione, 2.600 abitanti, si trova alla confluenza tra la Valle Vermenagna e la Valle Gesso, non lontano da Cuneo e nemmeno dal confine con la Francia. Qui, la cartiera Pirinoli è una presenza storica, datata 1872. Nel 1889, all’Esposizione universale di Parigi, i fratelli Pirinoli comprarono la prima macchina continua per carta, una Bryan Donkin’s Fourdriner machine, che produceva carta in rotoli. Precedentemente, la fabbricazione avveniva per fogli con un processo lento e laborioso. Fu, allora, una piccola rivoluzione e l’inizio di una lunga avventura industriale, che non si è fermata nemmeno con i bombardamenti della Seconda guerra mondiale.
All’inizio del 2000, la Pirinoli era tra le prime dieci cartiere in Europa. Ma soffiava già aria di crisi; un tentativo di rilancio ci fu nel 2006, con l’acquisizione da parte di Pkarton Spa con importanti investimenti in macchinari – avvenuti, però, al sorgere della recessione globale – che non ha ottenuto i ritorni aspettati. E nel 2012, non riuscendo a far fronte ai pagamenti, l’azienda ha dovuto dichiarare fallimento, licenziando i 154 lavoratori. «Le linee sono state bloccate e siamo finiti a casa», raccontano gli operai.

Non si sono dati per vinti. Dopo un anno passato ad attendere invano la conclusione delle trattative con una nuova cordata di imprenditori, i lavoratori, rimasti con il cerino in mano, hanno deciso di reagire e di intraprendere un’altra strada, completamente diversa dai modelli capitalistici più stantii. Quella della cooperazione, rilevando l’ex azienda fallita e investendo l’indennità di mobilità per rilanciarne la produzione.

Il caso della Pirinoli di Roccavione è uno dei workers buyout – ovvero di impresa rigenerata – più importanti d’Italia nell’acquisto di una società dai dipendenti della stessa. Un cambio di paradigma che ha unito diverse piccole grandi storie da Sud a Nord, dalla Fenix Pharma di Pomezia (Roma), cooperativa che sfida con successo le multinazionali del farmaco, alla Pirinolli (Cuneo), cartiera ecosostenibile salvata dai lavoratori.

«Andammo alla Legacoop di Cuneo, che ci ha accolse bene e ci presentò un’ipotesi di intervento, noi creammo così un gruppo di lavoro con due dirigenti e tre delegati sindacali», spiega Silvano Carletto, attuale presidente della cooperativa e all’epoca direttore dello stabilimento uscente, che con Ferdinando Tavella, il direttore amministrativo, si è occupato della redazione di un business plan. «Ne abbiamo parlato con gli altri lavoratori e in settanta abbiamo deciso di associarci in cooperativa e ripartire insieme». Tutti soci in egual modo. «Pronti a riprendere in mano il nostro destino».

A venire in soccorso ai lavoratori di Roccavione è stata, tra l’altro, la Legge Marcora del 1985, intitolata al parlamentare democristiano Giovanni Marcora, morto due anni prima dell’approvazione del testo, che istituì un «regime di aiuto finalizzato a sostenere la crescita di attività economiche e dei livelli occupazionali attraverso lo sviluppo di società cooperative». La legge aveva come obiettivo quello di facilitare il recupero di imprese in dismissione da parte degli operai. I 70 lavoratori hanno investito l’anticipo dell’indennità di mobilità concesso ai lavoratori che vogliono associarsi in cooperativa. «Abbiamo messo 6 mila euro a testa di capitale sociale», sottolineano. Legacoop attraverso i Fondi Mutualistici Cooperativi CoopFond e Cfi (Cooperazione Finanza Impresa) ha finanziato il 50% circa dell’operazione di acquisto della società. La Regione Piemonte ha garantito, tramite la legge 23/2004, il finanziamento agevolato per l’acquisto di impianti, macchinari ed attrezzature in modo da garantire ai lavoratori di presentarsi all’asta più forti. E così è stato.

Il primo agosto del 2015 l’azienda ha riacceso, nelle mani dei lavoratori, le macchine e in settanta sono rientrati in fabbrica con l’idea di tornare a lavorare in un modo più sano per l’ambiente. Un progetto di economia circolare, che utilizza solo carta riciclata proveniente dalla raccolta differenziata cittadina e dagli sfridi industriali. La Pirinoli è specializzata nella produzione di cartoncini multistrato destinati all’industria alimentare (pasta, panettoni etc) e cartoncini grigi/grigi rivolti a tubettifici. La produzione ha ripreso con performance encomiabili: l’acqua si recupera per il 95% dal ciclo produttivo, l’elettricità deriva da un impianto di cogenerazione che immette in rete 24.000 KW al giorno, il 100% dei fanghi di depurazione si riutilizza, oltre l’80% delle fibre proviene dalla differenziata. E il fatturato ha raggiunto i 36 milioni di euro. Dal 2016, la nuova cooperativa ha la certificazione Forestry Stewardship Council a garanzia dell’origine della carta e del rispetto di rigorosi standard ambientali contro la deforestazione.

La storia della Pirinoli ha raccolto il maggior numero dei voti tra gli otto candidati del Premio Minazzi (che complessivamente quest’anno ha raccolto quasi 6.000 preferenze da tutta Italia), ricevendo il riconoscimento a conclusione del Festival della virtù civica che si è svolto a Casale Monferrato dall’1 al 6 dicembre. «Questo importante premio – ha commentato durante la premiazione, insieme ai colleghi, il presidente della cooperativa Carletto – onora un percorso lungo e complesso, che ci ha permesso di recuperare un posto di lavoro e quindi di guardare al futuro con fiducia. In più lo facciamo nel nome dell’ambiente, perché il nostro processo parte dalle raccolte differenziate cittadine e dà nuova vita alla carta».